Il Messaggero, 21 settembre 2015
Canzoni & milioni, la ricetta perfetta di Ligabue. Il mega-concerto di sabato scorso a Campovolo ha generato un vortice di denaro: i sette milioni e mezzo incassati con i biglietti (roba mai vista in Italia) sono solola punta dell’iceberg. Campovolo è stato attrezzato con un’infinità di punti ristoro, il merchandising era in vendita dovunque e poi c’è l’altro business, quello dei parcheggi. La continua sfida a distanza con Vasco Rossi e l’improponibile paragone con Bono & soci
Certe notti non si dimenticano. E Luciano Ligabue il suo terzo Campovolo difficilmente lo dimenticherà. Per vari motivi. C’è l’orgoglio dell’artista capace di richiamare una folla sterminata, c’è la vanità della star (il match con Vasco, pur provando a tenere bassi i toni, non si placherà mai), c’è l’ingordigia dell’artista che non si sazia mai di desiderare di più, e probabilmente c’è anche il calcolo economico e anche questa, in fondo, è una sfida. Sette milioni e mezzo di incasso, roba mai vista in Italia si è detto, anche se dieci anni fa, nel suo primo raduno nel vecchio aeroporto di Reggio Emilia, Luciano aveva messo insieme ancora più pubblico: 165 mila spettatori. Allora, però, il box office totalizzò solo (si fa per dire) 6 milioni e 131 mila euro. Eppure, anche se è il concerto più seguito dell’estate, Campovolo non è stato il più remunerativo. Gli AC/DC, lo scorso 9 luglio, hanno venduto biglietti per 8 milioni di euro (i 92 mila spettatori hanno pagato 86 euro l’uno). Ma a Imola, dove è passata la rockband australiana, il business non si è fermato ai biglietti. È stato calcolato che il giro d’affari, messo insieme per quel raduno, abbia sfiorato i 15 milioni di euro. Perché, e la stessa cosa vale ovviamente per Campovolo, il totalizzatore economico ha una serie di voci accessorie tutt’altro che trascurabili: il merchandising, la ristorazione, la accoglienza.
BUSINESS
A Reggio Emilia non sono stati certo da meno che a Imola: Campovolo è stato attrezzato con un’infinità di punti ristoro, il merchandising era in vendita dovunque e, poi, c’è l’altro business, quello dei parcheggi. Insomma quei 7 milioni e mezzo andrebbero più che raddoppiati. E, allora, c’è poco da stupirsi quando il manager di Luciano, Claudio Maioli, rivela che l’allestimento del concerto è costato 4 o 5 milioni. Il margine resta bello ampio, ugualmente. Del resto, quando si mette in piedi un evento del genere, le spese non possono che lievitare a dismisura, come tutti gli altri numeri. A cominciare dal costo di quel megaschermo concavo superdefinito di 780 metri quadrati. Corredo imponente e necessario quando la platea è distribuita su uno spazio così vasto, unica chance di vedere e capire qualcosa di quello che sta succedendo. E al megaschermo, ovviamente e per le stesse ragioni, va abbinata un’amplificazione adeguata con vari ripetitori. Insomma, le spese ci sono. Ma le entrate non piangono di certo. Perché non si esauriscono in una notte. Da contare c’è il ritorno di immagine (ritorna la sfida con Vasco) e c’è da contare l’uso che si farà dell’avvenimento con la necessaria e inevitabile pubblicazione di un dvd. Nel 2011 il film di Campovolo 2.0 (110 mila spettatori con un incasso di 6 milioni perché al prezzo era associato anche il costo del parcheggio) raccolse in totale un milione e mezzo di euro.
Insomma, la notte del trionfo di Ligabue a Campovolo è la dimostrazione più plateale di quanto oggi la musica viva di eventi. Un meccanismo diabolico capace di rastrellare fortune pazzesche (gli U2 restano i campioni assoluti coi 736 milioni di dollari del loro Vertigo tour) ma anche di attirare l’interesse delle multinazionali, che ormai governano le cose della musica. Il sistema delle multinazionali prevede un’unica legge: che i numeri debbano crescere sempre di più. Oggi il live è il vero polmone della musica, coi promoter che vengono assoldati dalle major (anche in Friends & partners, che ha organizzato Campovolo, la quota di maggioranza è della Warner) e che devono lavorare per portare i risultati a casa. E i numeri danno loro ragione, anche in Italia. Dove ai record economici di Liga con i suoi tre Campovolo (e c’è anche Italia loves Emilia del 2012, che mise insieme 4 milioni e 300 mila euro) si avvicinano anche i Rolling Stones del Circo Massimo, che raccolsero 6 milioni e mezzo di euro. Mentre, a causa del cambio dalla lira all’euro, non sono più paragonabili i successi degli U2, sempre a Campovolo nel 97, quando ad ascoltarli arrivarono in 146 mila) e lo storico concerto di Vasco a Imola del ’98 con 110 mila spettatori (ma quest’anno mister Rossi da Zocca può rispondere al suo collega con altre cifre da capogiro: 570 mia spettatori in 14 date, una ventina di milioni di incasso). Ma la storia non finisce qua.