Corriere della Sera, 21 settembre 2015
L’incontro “molto familiare e cordiale” a L’Avana tra Papa Francesco e i fratelli Fidel e Raúl Castro. Poi la messa di Bergoglio in Plaza de la Revolución, davanti a mezzo milione di persone. Tra Gesù Cristo e Che Guevara
A Siboney, quartiere dell’Avana lungo la costa nord dell’isola, il buen retiro di Fidel Castro è celato da una fitta vegetazione, tra palme da cocco e ceiba. Francesco arriva in tutta riservatezza prima di incontrare ufficialmente il fratello Raúl e dopo la grande messa con mezzo milione di persone in Plaza de la Revolución, di fronte al palco un grande ritratto di Cristo, nel palazzo accanto quello del «Che». Nel 2012 fu il líder máximo a raggiungere Benedetto XVI alla nunziatura poco distante ma il tempo passa, il Comandante ha compiuto 89 anni e il fisico sconsiglia spostamenti. Dopo Wojtyla nel 1998 e Ratzinger, è la terza volta che Fidel incontra un pontefice a Cuba. Ma stavolta è diverso, il primo Papa gesuita si trova davanti l’allievo forse più ribelle nella storia della Compagnia, quasi un amarcord. Quaranta minuti a conversare senza bisogno di interpreti, clima «molto familiare e informale e cordiale», tutt’intorno la famiglia Castro, una decina di persone tra la moglie Delia, figli e nipoti. E Francesco che regala a Fidel un testo e un cd con le prediche di padre Armando Llorente, tutore del giovane Castro nonché guida spirituale e di escursioni scout ai tempi del Collegio de Belén.
Nella rivista scolastica del giugno 1945, accanto alla foto del ragazzo non ancora barbuto, si legge il giudizio finale pronunciato da Llorente: «1942-1945, Fidel si è sempre distinto in tutte le materie letterarie. È stato un atleta di grande valore, che ha sempre difeso con orgoglio la bandiera del Collegio. Ha saputo guadagnarsi l’ammirazione e l’affetto di tutti. Affronterà gli studi di Diritto e non dubitiamo che riempirà con pagine brillanti il libro della sua vita».
Castro sorride, ringrazia Bergoglio e a sua volta gli dona il libro intervista dell’85 con Frei Betto, «Fidel e la religione», nella dedica ha scritto: «A papa Francesco in occasione della sua fraterna visita a Cuba, con l’ammirazione e il rispetto del popolo cubano». Quando vide Ratzinger gli chiese di fargli avere dei testi di argomento religioso che Benedetto XVI spedì di lì a poco. Così Francesco, considerato l’interesse, oltre ai testi del suo vecchio educatore porta al Comandante anche due opere del sacerdote biblista Alessandro Pronzato («Vangeli scomodi» e «La nostra bocca si aprì al sorriso», su fede e umorismo), nonché due copie dell’ Evangelii Gaudium e dell’enciclica Laudato si’. I temi delle opere di Francesco sono al centro della conversazione con Fidel: ambiente e cambiamenti climatici, conflitti e povertà, la necessità di «cambiare rotta» perché il sistema economico attuale «non regge più» e il pianeta rischia «l’autodistruzione».
Certo, nell’omelia della messa Francesco ha messo in chiaro il senso del «servizio», ha spiegato che «l’orizzonte di Gesù non è per pochi privilegiati» e «servire» significa «avere cura delle fragilità» presenti «nelle famiglie, nella società, nel popolo», in «ogni fratello affamato e assetato, spogliato o in carcere o malato», fino ad avvertire: «Il sevizio non è mai ideologico perché non serve le idee, ma le persone». Del resto ha messo in guardia i cubani anche da «progetti che possono apparire seducenti», il consumismo che nell’enciclica definisce un’illusione di libertà. All’Angelus prega anche per «il cammino di pace» in Colombia, «non possiamo permetterci un altro fallimento». I dissidenti cubani denunciano una «trentina» di «arresti arbitrari» durati «da tre a sei ore», due uomini e una donna sono stati bloccati in piazza mentre tentavano di distribuire volantini. Padre José Rubinos, altro vecchio insegnante di Castro, diceva agli studenti: «Fidel è stato un allievo eccellente. Però vi avverto che è un poco imprevedibile».