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 2010  gennaio 09 Sabato calendario

La costruzione del Canale Cavour

Per comprendere la reale portata della costruzione di questa imponente via d’acqua sarà necessario analizzare alcuni aspetti dell’idrografia del Vercellese, precedenti la sua realizzazione.
La precedente situazione irrigua del Piemonte
La storia dei canali irrigatori in Piemonte è assai lunga e ad essi si può far risalire il fondamentale fattore della ricchezza della regione. I primi canali furono scavati nel tardo Medio Evo intorno all’anno 1000, ma solo nel XV secolo si tentò di costruire una vera e propria rete: il Canale del Rotto, derivato dalla Dora Baltea, fu aperto fin dal 1400 dai Marchesi del Monferrato; il Naviglio di Ivrea fu scavato nel 1468 per volere di Jolanda di Savoia.
Verso la fine del”700 sotto il regno di Carlo Emanuele III e Vittorio Amedeo III vennero aperti il Canale di Cigliano, il Naviletto della Mandria ed il Naviletto di Saluggia, solo per rammentare i più vicini a noi.
L’elenco completo dei”Canali Derivati da Corsi d’Acqua” riportato dalla”Carta delle Irrigazioni Piemontesi” ( Ministero dei Lavori Pubblici – Servizio Idrografico – Ufficio Idrografico del Po; ROMA Provveditorato Generale dello Stato – Libreria – 1930 VIII ) ne comprende ben 137; la notizia documentaria più antica risale al 1220 e riguarda il Canale Moirano di cui, però,”si presume risalga al 1000 dell’Era Volgare”; la Roggia Marchesa, derivata dal Torrente Cervo, non porta data alcuna ma la dicitura recita”antichissimo”. Il Canale Cavour è tuttavia la realizzazione più matura e complessa tra tutti gli interventi operati dall’uomo sulla rete irrigua del vercellese; proprio per la sua complessità richiede un’analisi particolare.
Fonte bibliografica: – Ministero dei Lavori Pubblici – Servizio Idrografico – Ufficio Idrografico del Po; ROMA Provveditorato Generale dello Stato – Libreria – 1930 VIII.
La struttura e la funzione del Canale Cavour
Il canale ha origine dal fiume Po a Chivasso, viene integrato con le acque della Dora Baltea, ed attraversa la pianura vercellese con andamento da sud-ovest verso nord-est. Sottopassa il fiume Sesia in comune di Greggio e percorre poi la pianura Novarese da ovest verso est per terminare dopo 85 chilometri con uno scaricatore nel fiume Ticino in comune di Galliate. La sua portata massima è di 100 m3/s all’imbocco e 85 m3/s ad est del fiume Sesia. L’edificio di presa del canale Cavour dal Po è senza dubbio il manufatto più importante ed anche il più significativo – quasi il simbolo – dell’intero canale. L’opera di canalizzazione costituisce l’ossatura portante di un’estesa rete di canali che ha consentito la trasformazione e lo sviluppo del vasto comprensorio, dell’estensione di circa 300.000 ettari, compreso fra i fiumi Dora Baltea, Ticino e Po. Realizzato fra il 1863 ed il 1866 dal giovane Regno d’Italia, il canale Cavour prende il nome dal conte Camillo Benso di Cavour, da considerare tra i promotori di questa grande iniziativa. L’opera, ideata dall’agrimensore vercellese Francesco Rossi tra il 1842 ed il 1846, venne riprogettata dall’ispettore delle Finanze ingegner Carlo Noè nel 1852 per incarico del conte Camillo Cavour, al tempo Presidente del Consiglio dei Ministri del Governo Piemontese.
I lavori di costruzione del canale ebbero inizio nel 1863, dopo la proclamazione del Regno d’Italia e nonostante le difficoltà incontrate nella realizzazione, dovute in particolare ai numerosissimi manufatti che si dovettero costruire, ebbero compimento nel 1866, dopo meno di tre anni dal loro inizio. Si tratta di un’opera che desta meraviglia per la sua complessità ( basti pensare che per gli attraversamenti di strade e corsi d’acqua vennero costruiti ben 101 ponti, 210 sifoni e 62 ponti-canale ) e per la cura della fabbrica costruttiva ottenuta impiegando solo mattoni e pietra naturale. Il canale Cavour fu, per parecchi decenni il fiore all’occhiello dell’ingegneria idraulica italiana ed europea. La bocca di presa dal fiume Po – o incline – è situata sulla sponda sinistra del fiume Po, a valle di circa 400 metri del ponte della strada statale Torino – Casale. Larga al fondo 40 metri, è pavimentata per i primi 460 metri con ciottoloni e per gli ultimi 40 metri, più vicino all’edificio di granito; essa è delimitata da alti muraglioni (m 8, con sottomurazioni di m 4,90) che si elevano di m 0,80 oltre il livello delle piene del Po.
Il vero e proprio edificio di presa – chiavica di imbocco è lungo quanto è largo il canale, cioè 40 metri, ha la larghezza di 8 metri ed è divisa in 210 luci da 1 metro e 50, ripetute in due ordini sovrapposti per un’altezza complessiva di m 7,50. Le luci sono costituite da stipiti in pietra viva strutturati in modo da contenere tre ordini di paratoie, due utilizzati per il normale servizio di regolazione delle acque ed il terzo, sussidiario, che funziona solo in caso di necessità di riparazioni o manutenzioni ai primi due. Le paratoie si maneggiavano con appositi meccanismi manuali azionati da una galleria coperta, alta oltre 4 metri e situata nella parte superiore dell’edificio. Attualmente i meccanismi manuali sono stati elettrificati.
Oltre la chiavica di presa la platea lastricata si protende per altri 15 metri nell’asta del canale.
I manufatti dell’imbocco sono completati da due canali scaricatori: il primo, derivato in sponda destra del canale all’inizio dell’incile, è destinato a tenere sgombro l’edificio dai materiali galleggianti e tronchi che provengono dal fiume in piena; il secondo, sempre in sponda destra ma immediatamente prima dell’edificio di chiavica, ha lo scopo di permetter l’allontanamento delle acque del Po in esubero oltre la quantità necessaria da derivare. L’edificio ed il sistema di canali ad esso collegati del Vercellese, del Novarese e del Pavese sono stati gestiti dall’Amministrazione Generale dei Canali Demaniali d’irrigazione ( Canale Cavour ) attraverso la concessione temporanea dei canali stessi ai Consorzi Est Sesia di Novara ed Ovest Sesia di Vercelli – che riuniscono gli utilizzatori finali delle acque dei Canali Cavour – fino al 1977, quando la legge n. 984 del 27/12/1977 ("Quadrifoglio") sancì il trasferimento dei canali demaniali alle Regioni Piemonte e Lombardia e la contestuale e definitiva consegna degli stessi ai Consorzi degli utenti.
Per la gestione del primo tronco del canale Cavour e di altri canali di interesse comune dei Consorzi Est ed Ovest Sesia è stata costituita dai due Enti la Coutenza Canali Cavour, con sede legale a Vercelli e sede amministrativa a Novara, che ora si occupa di tutte le incombenze tecniche, amministrative e gestionali relative anche all’edificio di imbocco. Insieme ai canali, a seguito della legge del ’77, sono stati consegnati anche i documenti, di grande interesse storico, che testimoniano l’origine e lo sviluppo di questo particolare settore dell’attività statale che riguarda le irrigazioni piemontesi. L’ingente massa cartacea ed i disegni sono ora consultabili da parte del pubblico e costituiscono l’Archivio Storico dei Canali Cavour, di pertinenza della Coutenza Canali Cavour, ospitato a Novara nel palazzo dell’Archivio delle Acque e delle Terre irrigue dell’Associazione irrigazione Est Sesia.
Fonti bibliografiche: Bracco, Uomini, campi e risaie nell’agricoltura vercellese fra età moderna e contemporanea, Unione Agricoltori, 2002
 
Le vicende legate alla costruzione del Canale Cavour
Il Vercellese, come si è visto, è un’area geografica solcata da corsi d’acqua naturali e non fin dall’antico medioevo. Perché, dunque, pur in presenza di una così ricca rete irrigua si sentì il bisogno di un nuovo Canale e proprio nel Vercellese?
Il problema era l’irrigazione della Lomellina. Infatti, mentre il Vercellese vedeva assicurate le proprie necessità dalle acque estive della Dora Baltea, con le derivazioni del Naviglio di Ivrea, del Canale del Rotto e del Canale di Cigliano, il territorio della Lomellina soffriva gravemente delle notevoli magre estive della Sesia: da essa, infatti, attingono i Roggioni Busca, Mora e di Sartirana, principali irrigatori del novarese e della Lomellina.
Per ovviare al problema, fu ampliato il Canale di Cigliano aumentando la portata a 45 m cubi/s per alimentare la Sesia alla presa del roggione di Sartirana, ma non bastava.
Intorno al 1842 Francesco Rossi trovò la soluzione: derivare le acque del Po per irrigare il basso novarese e la Lomellina.
 Fonti bibliografiche:
- Ministero delle finanze, Direzione generale del Demanio e delle tasse, Il Gran Canale Cavour e i minori canali demaniali di irrigazione, Roma 1928
- Pietro Monti, L’irrigazione del Vercellese, Vercelli 1978
Il progetto Rossi e le posizioni di Cavour sull’iniziativa
Nell’immaginario collettivo dei non addetti ai lavori il Canale Cavour fu fortemente voluto da Camillo Cavour, come s’impara anche dai testi scolastici di Storia, protesi alla esaltazione della risorgimentale figura del Conte”grande tessitore”. In realtà la storia del canale vede un Conte assai freddo all’inizio, se non addirittura ostile; quello che è, invece, più vivace è l’intersecarsi, quasi mai sereno per altro, delle vicende di Cavour, del Rossi e del”terzo uomo”, che avrà poi il compito della nuova progettazione del canale: l’ingegner Carlo Noé. Un po’ di storia
Francesco Rossi, nato a Scavarda il 21 dicembre 1794, abbandonati gli studi di Geometra, si dedicò alla agricoltura. Assunse l’incarico di agente generale del Marchese Michele Benso (il padre di Camillo) per la Tenuta di Leri e lo mantenne per ben sedici anni, fino a quando cioè il Conte Camillo, lasciata la vita frivola di Torino, subentrò al padre nella conduzione della grande proprietà.
Il Rossi, allora, prese in affitto terre del Capitolo metropolitano di Vercelli e divenne agricoltore per conto proprio.
Il fatto che Rossi lasciasse, dopo ben sedici anni di sereno impegno il lavoro quale Agente generale, Leri, in contemporanea con l’arrivo del Conte Camillo, già può suscitare qualche dubbio sulla”compatibilità” dei due caratteri. Il figlio del Rossi, Antonio, nel suo libro dedicato al padre in merito dice.”…Or bene tra costui (Conte Camillo, n.d.r.) e mio padre scadeva qualche differenza, a cagione delle loro disparate opinioni sul miglior modo di coltivare quelle terre; e di quindi può l’accorto lettore scorgere un principio di grossezza tra l’uno e l’altro.”
Divergenze di opinioni, dunque, sulla conduzione agricola.
Proprio in quegli anni, intorno al 1842 come si diceva, Francesco Rossi maturò l’idea di derivare un canale dal Po per l’irrigazione del basso Novarese e della Lomellina. Egli era, infatti, convinto che esistesse un dislivello sfruttabile tra Po e Sesia e, per provarlo, lavorò con infaticabile tenacia per cinque lunghi anni. Percorse i territori tra i due fiumi, armato solo di un semplice livello ad acqua,”in compagnia di un servo,…schernito quale pazzerello dalla plebaglia saccente e ignorante…” (ibidem) e riuscì a dimostrare, misurazioni alla mano, che il livello del Po è superiore a quello della Sesia di circa 25 metri. Forte dei risultati ottenuti, si recò a Torino ed espose al Ministro Revel il suo progetto ed ottenne l’incarico di eseguire il livellamento e di dare avvio alla concreta progettualità dell’iniziativa.
Ecco in sintesi i punti del testo del Rossi:
- Presa d’acqua: poco a valle della confluenza tra Dora Baltea e Po, sopra Crescentino
- Percorso: da Ovest ad Est attraverso San Grisante, San Genuario, Apertole e Leri, quindi da Est verso Nord attraverso Selve, Castellone, Olcenengo e Collobiano. Attraversamento con chiuse dell’Elvo, del Cervo e della Sesia ( fra Albano ed Oldenico ). Quindi da Ovest verso Est attraverso Casalvolone, Agogna, Novara, Romentino e Trecate (sponda destra del Ticino)
- Lunghezza: 70 chilometri
- Larghezza: 24 metri
- Pendenza totale: 24,80 metri.
Il progetto, sottoposto prima all’esame dell’Ispettore alle Finanze Carlo Noé, Direttore allora di tutti i canali del Vercellese – poi ad un Collegio di quattro ingegneri, venne applaudito al Congresso Generale Agrario in Mortara nel 1846; il Re Carlo Alberto ricevette il Rossi, si congratulò e promise un congruo premio.
Il sogno era sul punto di avverarsi quando la sorte mutò: giunse la tremenda sconfitta di Novara, l’abdicazione di Re Carlo Alberto e, in aggiunta, il sequestro al Rossi da parte del Governo provvisorio di Milano di”...una grossa quantità di riso del valore di ben diciottomila lire, di cui non videro più un baiocco né egli né la sua famiglia” (ibidem)
Il Rossi fu ridotto in totale miseria; implorò il Parlamento di concedergli almeno un equo compenso per tutto il lavoro svolto: otterrà millecinquecento lire, neppure bastanti a coprire le spese sostenute; alla Camera dei Deputati presentò una petizione perché si desse finalmente inizio alla esecuzione del suo progetto, ma…..leggiamo quanto scrive il figlio del Rossi, anche se sappiamo che lo stesso, mosso da amor filiale e dal desiderio di riconoscimento dell’opera del padre, non può essere rigorosamente obiettivo:
’Volgeva l’anno 1851, ed il Conte Camillo Cavour, ancora semplice deputato, degnavasi invitare alla sua villa di Leri l’umile agrimensore Francesco Rossi, pregandolo di volergli indicare dove il nuovo canale avrebbe intersecato il suo vastissimo podere. Accondiscese mio padre all’invito, e, recatosi a Leri, additava al nobile Cavour il punto, dove doveva passare per quelle terre il suo canale. A tale dimostrazione oscurossi in volto il futuro Machiavelli, inarcò le ciglia, e fece le boccaccie, come se avesse dato di morso nell’agresto: ma fu per breve tempo. Ché non tardò a richiamare sulle sue labbra il suo risolino diplomatico, e disse con un tono tra faceto e beffardo:
- Dunque me lo volete proprio dividere in due fette il mio podere? -
Mio padre tacque, quasi volesse pigliar fiato; e Cavour rintostando:
- O che non vi abbia proprio nessuno scampo da codesto vostro canale? Oh bella! Sia vero, che non lo possiate far viaggiare altrove? -
…..(omissis)
Mio padre comprese tutta l’immensa portata di quella domanda; gli balenarono nella mente le speranze di un lieto avvenire…….(omissis); onde rispose freddamente al Conte….(omissis):
- Signor Conte, non mi è fattibile trovare altra via per il mio canale; imperocché più in su incapperemmo nella Dora Baltea e dovremmo sciupare di molti danari per passarla, senza che non piglieremmo sufficiente quantità d’acqua. Più al dissotto dovremmo forare la collina di Montarolo, osso duro da rosicchiare, che ci farebbe buttare medesimamente assai quattrini, e per giunta ci torrebbe di condur l’acqua, dove maggiore ne abbiamo il bisogno.”
Il Conte di Cavour mordevasi le labbra dalla stizza……(omissis) (e) disse a mio padre:
- Il vostro canale non si farà’.
Rossi, consapevole della gravità della situazione, si rivolse a diversi intermediari, tra cui Gustavo, fratello del Conte Camillo, al fine di indurre a migliore disposizione il Conte; ne ottenne solo, nel 1852, l’invito ad occupare il posto vacante di Economo della Mandria di Chivasso, incarico che accettò per sollevare almeno un poco dalle strettezze la sua famiglia.
 L’ultimo, fatale colpo arrivò il 14 giugno 1853: il Conte di Cavour, Ministro delle Finanze, durante una discussione alla Camera sull’affitto delle acque demaniali, espresse il giudizio di inattuabilità del canale progettato da Rossi e dispose che un nuovo canale fosse studiato dall’ingegner Noé. Ovviamente, vennero portate ragioni tecniche ed economiche per sostenere l’inattuabilità del progetto e a queste Rossi rispose punto per punto: ma tant’è, quel no era stato pronunciato e fu definitivo.
Non sapremo mai se il no di Cavour sia stato dettato dalla ragion di stato o dall’umano desiderio di non veder tagliata in due la Tenuta di Leri, sappiamo però che gli eventi del Risorgimento fino al 1861 assorbirono completamente il Conte; il progetto fu accantonato e il povero Rossi, dopo una vita di fatiche, suppliche, arrabbiature, mortificazioni, illusioni e disillusioni, morì a Torino il 15 febbraio 1858 in miseria e solitudine, lontano da tutto ciò che gli era più caro. Il Conte si spegnerà il 6 giugno del 1861.
Alla fine dello stesso anno, 1861, si riaffaccia il problema del nuovo canale: accantonato definitivamente il progetto del Rossi, si riparla di quello dell’ingegner Noè; si costituisce una Società anonima con capitali inglesi, la”Compagnia dei Canali d’Irrigazione Italiani, Canale Cavour” allo scopo di costruire la nuova via dal Po, ottenere la concessione dei canali dal governo, goderne i proventi per un arco di 50 anni per poi riconsegnare la rete di canali allo Stato.
Il Progetto di Legge recita:”Nuovi studi, per incarico e sotto gli auspici del Conte Cavour, a quell’epoca Ministro delle Finanze, venivano intrapresi dal Solerte ingegnere Noè….., il quale compilò il progetto che ora si tratta di mandare ad esecuzione.”
Fonti bibliografiche:
 Pietro Monti, L’irrigazione nel Vercellese, Vercelli 1978
 Cavour agricoltore: lettere inedite di Camillo Cavour a Giacinto Corio, Firenze 1913,
 Bracco, Uomini, campi e risaie nell’agricoltura vercellese fra età moderna e contemporanea, Unione Agricoltori, 2002
 Francesco Rossi ed il Canale Cavour – Rivelazioni storiche di Antonio Rossi” -Torino, Tipografia Favale e Comp.-1870,
Cavour agricoltore a Leri
Cavour ebbe sempre un debole per la tenuta di Leri; la usò come luogo di caccia, di riposo, ma anche di sperimentazione d i nuove produzioni, di nuove tecniche, di nuovi macchinari.
” A Leri – scrive Michelangelo Castelli – il fabbricato contenterebbe appena un modesto proprietario, e si trova circondato da case coloniche, abitate da numerose famiglie di contadini: nessuna attrattiva e nessuna vista che quella di estesissimi campi di riso..........
Quando gli avvenimenti mettevano in disparte Cavour, l’amore per Leri e per l’agricoltura rinvigoriva: ed.... era riconoscente a chi gli procurava l’innocente piacere degli ozi rurali e la pacifica soddisfazione di poter ammirare un campo ben coltivato od un prato coperto da foltissime erbe.
Si comprende il suo attaccamento per Leri: “le aie affollate, la vita fertile, la ricchezza aumentata erano il risultato di quindici anni di lotta contro la terra, contro l’acqua, contro i pregiudizi e contro la febbre........
A Leri naturalmente capitavano, oltre a quelli che volevano prendere cognizione dell’agricoltura vercellese, attratti dalla fama dell’uomo, anche visite insigni; Re Vittorio doveva andarvi nel 1854 a cacciare i beccaccini; Verdi lo andò a trovare nel ’59, ed in quello stesso anno, mentre apparentemente Cavour si occupava delle risaie e dell’assestamento del suo patrimonio, Nigra, La Farina, sir James Hudson andavano e venivano da Leri a Torino.” (1).
Non tutti condivisero la preferenza del conte per Leri. Arturo Young, sul finire del 1700, così descrive il luogo:
”.... triste paese noioso e malsano; il cadavere di un ladro appeso ad un albero é in armonia coll’aspetto cupo e pestilenziale di questa regione piatta e boschiva” ( 2 )
Altri giudizi sono forse più benevoli:”... I visited the farm of Leri, spending the day there with extreme pleasure and interest.. The whole labouring population employed were collected in a small village close to the farm-house, where clean and comfortable cottages were provided for each separate family. There was a neat little church, and an active curè for the care of their souls; a doctor and a dispensary for the care of their bodies; a wine-shop for the comfort of their hearts; and a school for the cultivation of their intellects. Their little domestic wants were supplied from the general store-shop of the village; and, if I might judge from the group of happy healty-looking faces that crowded round to have a glimpse of the forestiere inglese, I should say that their condition was in all respects a comfortable one.” ( 3 )
Fonti bibliografiche:
- Cavour Agricoltore – Lettere Inedite di Giacinto Corio precedute da un saggio di Ezio Visconti” G. Barbera Editore – Firenze 1913
- Baird Smith R. – Italian irrigation – Vol 1° – W. Blackwood & Sons – Edimburgh & London 1855
Il progetto Noè
 Sinteticamente così possono essere riassunti i punti qualificanti del progetto Noè ( come appare anche dalla relazione allegata al Progetto di Legge):
- Derivazione del canale dal Po presso Chivasso
- Attraversa l’agro vercellese e il Novarese per gettarsi nel Ticino, presso Galliate
- Percorso: 85 chilometri
- Pendenza: circa 30 metri
Dalla analisi del testo riportato e dalla osservazione della mappa del Canale”Noè” risulta chiaro che il nuovo canale non attraversa la Tenuta di Leri ( absit iniuria verbis ).
Sopravvengono annate di siccità, le derrate agricole aumentano di prezzo e l’importanza del canale cresce. Le questioni squisitamente economiche e tecniche impegnano a lungo la Camera del Regno, ma finalmente la legge viene approvata. Il nuovo canale del Po….”prenderà nome di Canale Cavour…” ( 1 )
Vengono anche riconosciute le benemerenze dell’agrimensore Francesco Rossi e, a proposito di Carlo Dionisotti, negli”Studi di Storia Patria Subalpina” si afferma che gli eredi ebbero il premio di un riconoscimento particolare.
Alla fine del 1863 iniziano i lavori e, finalmente, nella primavera del 1866 le acque del Po scorrono nel nuovo canale. Le difficoltà non sono però terminate: le acque non soddisfano i bisogni e la Compagnia nel 1868 viene dichiarata in fallimento. Si pagano però i debiti e c’è anche un piccolo avanzo per gli azionisti (novembre 1868). Viene costruito un canale sussidiario – il canale Farini – derivato dalla Dora Baltea che può sopperire alle magre estive del Po, quindi il diramatore Quintino Sella, poi il canale Lanza con il derivato Mellana. I prezzi delle costruzioni sono notevoli e le vicende economiche assai intricate. ( 2 ) Con il Regio Decreto n. 2004 del 6 luglio 1874 l’intera rete dei canali torna allo Stato, le Finanze ne assumono la gestione e viene confermata la concessione dei canali dell’Ovest Sesia alla Associazione di Vercelli, secondo il contratto che viene due volte rinnovato.
La gestione tecnica dell’intera struttura passò al Genio Civile fino al 22 marzo 1903, quando essa fu trasferita al personale tecnico di Finanza.
L’assetto definitivo della rete irrigua cui fanno capo i bacini d’utenza legati al Canale Cavour si precisano nel 1954, con la regolazione delle acque del Lago Maggiore e la costruzione del canale Regina Elena, che assicura la portata necessaria alle acque d’irrigazione.
( 1 ), ( 2 ) Maggiori informazioni in merito agli aspetti economici che caratterizzano il contesto storico del periodo legato alla nascita del canale Cavour si trovano nell’ esauriente pubblicazione”Il Canale Cavour” – Consorzio Ovest Sesia Baraggia – Vercelli, tratto da”Storie d’acqua” Collana”Quaderni di Cultura Piemontese” – Priuli e Verlucca Editori)
La Compagnia generale dei Canali d’Irrigazione italiani
 Dopo la firma del 25 agosto 1862, senza modificazioni particolari, la convenzione ottiene il riconoscimento ufficiale con la legge”per la concessione della costruzione d’un canale d’irrigazione a derivarsi dal fiume Po”. In questa legge si stabilisce anche il nome del canale in Canale Cavour.
L’atto costitutivo della Compagnia Generale dei Canali d’Irrigazione Italiani venne redatto, dal notaio Turvano presso lo studio dell’Avocato Boggio, a Torino il 1° settembre 1862. Erano quattro le persone presenti; due testimoni e due rappresentanti dei sottoscrittori. Gli statuti, insieme all’atto costitutivo, ottennero l’approvazione da parte del Governo il 14 settembre 1862 e vennero depositati a Torino il successivo 20 settembre.
Nel giorno in cui fu sottoscritta la costituzione della società si diede atto che i soci fondatori apportavano, per un valore di 1.500.000 lire, tutti i piani, progetti e studi relativi. In questo giorno fu anche stipulato il contratto per la costruzione con Henry Bonnaire (’l’imprenditore generale”), per una somma di 47.787.366 lire. Sempre nello stesso giorno Bonnaire subappaltò l’opera alla ditta Scanzi, Bernasconi e C, per un importo di 44.347.874 lire. Nelle questioni finanziarie gli uomini del Vercellese, non hanno svolto un ruolo fondamentale anche se erano tra i maggiori beneficiari dell’opera. Nell’area infatti non esistevano strutture finanziarie e bancarie di tale livello da entrare nel grande gioco che si svolgeva essenzialmente fra Torino e Milano, fra Parigi e Londra, le piazze dalle quali furono garantite le sottoscrizioni del capitale sociale. Molti dei grandi proprietari avevano la loro dimora fuori dal territorio, come era del resto il caso di Cavour.
Analizzando le vicende gestionali si nota un comportamento amministrativo che lascia molti dubbi sulla correttezza dei responsabili. I promotori inglesi e francesi avevano saputo coinvolgere banchieri e finanziatori italiani, che furono chiamati al primo Consiglio di Amministrazione della società. la delegazione italiana era costituita dal marchese Gustavo Cavour ( presidente ), dal Minghetti, dal conte Odifredi, dal milanese marchese Cusani e il banchiere De Fernex. Alcuni di questi erano esperti dei consigli di amministrazione delle società che operarono nel sistema delle infrastrutture piemontesi ( ad esempio la società per la ferrovia da Torino a Novara o la Savona – Torino ) in cui erano coinvolte gli stessi finanziatori inglesi dedicatisi al canale. Le difficoltà finanziarie della Compagnia dei canali derivarono dalle difficoltà incontrate per la raccolta dei denari, sia nella forma di azioni che di obbligazioni.
Il Governo italiano garantiva alla Compagnia un reddito del 6% sui capitali investiti nella costruzione dei canali e nell’acquisizione delle strutture preesistenti, sia pubbliche che private, ed una quota di ammortamento annuale pari a 0,3444 di lira per cento. L’amministrazione finanziaria avrebbe dunque versato la differenza, eventuale, per un periodo di 50 anni, fra il risultato economico annuale raggiunto dalla gestione e la cifra corrispondente al totale dell’interesse del 6% più l’ammortamento, calcolati dal momento in cui il canale sarebbe entrato in esercizio. Nei primi anni, anche se era previsto che l’ammontare degli interessi pagati potesse rientrare nei costi d’impianto, non avrebbe potuto essere distribuito alcun profitto.
 L’impegno economico non fu limitato alla sola Compagnia con i suoi soci fondatori, ma anche un altissimo numero di sottoscrittori direttamente o attraverso le banche. Oltre il capitale sociale, fu necessario raccogliere i soldi per le obbligazioni. L’interesse del 6% avrebbe potuto essere buono se le condizioni del corso e del rendimento dei titoli pubblici italiani avesse offerto aspettative migliori di quelle che si stavano verificando. Era tradizionale in Piemonte, soprattutto per gli uomini della campagna, investire i risparmi in titoli pubblici. Nel 1862 il corso del titolo consolidato era pari a 70,37 ed il saggio di interesse effettivo oscillava sul 7,11 contro il 5 nominale. Il titolo redimibile garantiva un interesse del 5,96%. Il rischio legato al titolo appariva alto, anche perché nel 1863 i tassi di sconto inglesi e francesi salirono al 4,43 e 4,65 per cento, determinando un ulteriore freno alla febbre speculativa.
L’effetto del cambio fisso stabilito per il pagamento degli interessi in Inghilterra fu quasi esplosivo. Le difficoltà finanziarie della Compagnia, si evidenziarono già nel 1865, in correlazione con la difficile situazione della finanza pubblica italiana. C’erano difficoltà di liquidità, dovute al ritardo del versamento dei decimi del capitale sociale, con le proteste del costruttore che non riceveva in modo regolare i pagamenti e chiedeva anche alcune variazioni tecniche. Si fece, così, ricorso al credito bancario, coinvolgendo non solo il Banco sconto e sete di Torino ma anche altre banche estere. Si ottennero interventi governativi. I verbali del Consiglio di Amministrazione della Compagnia riportano le discussioni ricorrenti sulla grave situazione finanziaria che si aggravava sempre di più, fino a quando, il 19 luglio 1867, fu pronunciata dal Tibunale di Torino, la sentenza di fallimento della Compagnia. La gestione del canale fu, così, messa nelle mani dei curatori del fallimento che conclusero un concordato con i creditori. Nel 1869 si procedette alla costituzione di una nuova società stipulando una nuova convenzione con il Governo. Questa sostituzione con la nuova società poteva essere considerata una specie di liberazione per i capitali inglesi, che avevano cercato di trarre tutti i vantaggi possibili, giocando sui contratti di appalto e sui prezzi della costruzione.
La nuova Società dei canali Cavour iniziò l’attività il 1° novembre 1869 e, come la prima Compagnia, durò cinque anni. Con la legge 2002 del 16 giugno 1874, che segnò definitivamente il termine della vita della società dei canali, il Governo tornò in possesso dei canali demaniali che aveva concesso in godimento nel 1862 e entrò in possesso del canale di Cavour, già operativo da qualche anno.
I benefici attesi facevano premio sui rendimenti garantiti dei capitali investiti e molti soldi furono stanziati dai «comuni, corpi morali e privati», per sottoscrivere le obbligazioni. Al 28 giugno 1862 avevano già garantito 5.933.500 lire, quasi l’11% di tutto l’ammontare previsto per le obbligazioni. I documenti dimostrano che al primo posto viene posta la sottoscrizione di Novara con 2..981.600 lire seguita da quella di Lomellina con 211.500, quindi quella di Vercelli con sole 336.900. Era presente anche la Provincia di Pavia con 500.000 lire. Si nota anche in questo caso il modesto impegno del Vercellese.
Si sperava che l’esistenza del canale portasse un aumento della produttività agraria e che aumentassero le occasioni di occupazione e di lavoro. Dal canale ci si aspettava, anche, un apporto di energia motrice, per i motori idraulici. Dopo il 1862, le statistiche dimostrano che le produzioni industriali furono facilitate dalle acque del canale, specialmente nel Novarese. Fino all’arrivo dell’energia elettrica, il canale Cavour ed i canali derivati consentirono una certa diffusione di impianti sul territorio, maggiore di quella che era stata consentita precedentemente.
 Fonti bibliografiche: Bracco, Uomini, campi e risaie nell’agricoltura vercellese fra età moderna e contemporanea, Unione Agricoltori, 2002
Il valore dell’opera. Conclusioni
 Dal 1842, anno della sua ideazione, fino al 1954, anno del suo definitivo assetto, la storia del Canale attraversa più di cento anni, ricchi di avvenimenti drammatici e grandiosi; le vicende amare di Francesco Rossi, le glorie dell’ingegner Noè, le piccolezze umane di Cavour ed il suo genio politico, hanno comunque lasciato un segno importante, tangibile e ricco di effetti sul nostro territorio: IL GRAN CANALE.
Non vogliamo qui dimenticare le immagini, ormai sbiadite nella memoria, degli”scarriolanti”, uomini di fatica dura e di forte volontà
Il canale ha significato per loro salario sicuro e sostentamento per le loro famiglie; la buona irrigazione derivante ha significato migliorie agricole, ricchezza per alcuni, lavoro, anche stagionale, per moltissimi. È stato dunque un buon investimento.
Sopite le polemiche, placate le discussioni, possiamo ora dire che il Progetto Noé, con un percorso a maggiore quota di quello del Rossi, ha aumentato la zona irrigabile ed irrigata. Per vero, anche il Rossi aveva sottolineato il problema delle magre estive del Po da colmarsi con il ricorso alla Dora Baltea.
La Storia ha voluto vincitore in questo caso l’ingegner Noé, più duttile forse e meno duramente”vercellese” dell’agrimensore Rossi. Ambedue, insieme a Camillo Cavour, sono ricordati nella targa collocata alla presa d’acqua principale – meravigliosa opera d’arte – all’imbocco del Canale
Non è nata questa”opera d’arte del genio umano” per diventare un percorso turistico, eppure lo sta diventando, e noi fortemente lo vogliamo; le sue chiuse, i sottopassi, i ponti, i mulini, i sifoni, le prese, le centrali sono opere di quella ingegneria civile che non ci accompagna più; eppure sono bellissime e, di certo, non deturpano la tranquilla armonia delle nostre campagne.
Il ripercorrere le sponde del canale forse indurrà in qualcuno il ripensare a quanti ci hanno lavorato e a quanto quel lavoro è valso. Gli umili scarriolanti, scavatori e trasformatori di detrito, hanno profuso sudore e fatica in quantità difficilmente immaginabile ai nostri giorni, ma hanno anche portato un salario alle loro diseredate famiglie in momenti in cui il resto dell’agricoltura non poteva offrire lavoro stagionale, insieme ai muratori, ai falegnami e agli ingegneri….; insomma, il Canale ha creato benessere ai suoi costruttori e, assai di più, ai suoi utilizzatori. Per questo noi gli dedichiamo questo nostro lavoro: perché è geniale e bello, perché ha portato ricchezza, perché ci fa sentire il canto di mille acque, perché è nostro.

Fonti bibliografiche
- Ministero dei Lavori Pubblici – Servizio Idrografico – Ufficio Idrografico del Po; ROMA Provveditorato Generale dello Stato”
 Libreria – 1930 VIII
- A. Herisson – Les irrigations de la vallée du Pô – Paris 1883
- Bracco, Uomini, campi e risaie nell’agricoltura vercellese fra età moderna e contemporanea, Unione Agricoltori, 2002
- Pietro Monti, L’irrigazione del Vercellese, Vercelli 1978
- Cavour Agricoltore – Lettere inedite di Giacinto Corio presentate da un saggio di E. Visconti G. Barbera, Firenze 1913
- Baird Smith R. – Italian irrigation – Vol 1° – W. Blackwood & Sons – Edimburgh & London 1855