Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  settembre 18 Venerdì calendario

Trump, «l’imbecille razzista» talmente grossolano e ridicolo che potrebbe riscuotere un discreto successo nel peggiore elettorato di destra della piccola America provinciale

Non c’è immagine, non c’è parola di Donald Trump che non susciti una inaspettata, travolgente nostalgia per il cosiddetto “ceto politico”, perfino nelle sue più mediocri espressioni. I palloni gonfiati pieni di quattrini che di punto in bianco, ritenendosi uomini della provvidenza, si comperano (letteralmente) un palcoscenico politico di prima grandezza, sono una figura tipica della decadenza della democrazia. Più fanno fracasso, più la sparano grossa, più riflettori accendono, più hanno qualcosa di crepuscolare, se non di terminale. Ne sappiamo qualcosa noi italiani. Definito da Mario Vargas Llosa “un imbecille razzista” (i grandi scrittori sanno sempre trovare le parole giuste), Trump è talmente grossolano e ridicolo che potrebbe riscuotere un discreto successo nel peggiore elettorato di destra della piccola America provinciale. Ma anche per il resto dell’opinione pubblica, dopotutto, uno come lui può avere una funzione utile: ogni volta che appare aiuta a riflettere sulla vulnerabilità della democrazia, sempre esposta alla scalata di persone che il denaro ha reso ebbre di potere e di vanità. I Trump sono come certe febbri, certe malattie, che quando non ammazzano lasciano il corpo rafforzato. A noi quel tipo di malattia è durata una ventina d’anni, ma almeno apparentemente siamo ancora vivi. L’augurio che possiamo fare agli americani, da quegli scampati che siamo, è che se la sbrighino in tempi molto, molto più brevi.