la Repubblica, 18 settembre 2015
Il Senato e quei trenta oppositori pronti a soccorrere Renzi. Lopapa e Falci: «La campagna di Verdini corre sul filo dei cellulari, non conosce sosta, raccontano. Nel mirino forzisti insoddisfatti, da Bocca a Villari, passando per Carraro. L’obiettivo per ora è convincerli a votare sì, per il passaggio ad “Ala” si vedrà»
Il forzista pugliese Francesco Amoruso lo hanno acciuffato sull’uscio, in extremis, pronto a votare la riforma e a passare armi e bagagli con Denis Verdini. Maurizio Gasparri lo ha portato sotto braccio dritto dritto a Palazzo Grazioli al cospetto di Silvio Berlusconi. E come lui quell’Altero Matteoli (altro ex An) che da giorni va ripetendo di sperare «che Fi cerchi un accordo».
«Tutto risolto», tira un sospiro di sollievo in serata Gasparri. Ma quanti Amoruso ci sono tra le opposizioni, pronti a soccorrere Renzi sul ddl Boschi? Una trentina, almeno. La campagna di Verdini corre sul filo dei cellulari, non conosce sosta, raccontano. Nel mirino forzisti insoddisfatti, da Bocca a Villari, passando per Carraro. L’obiettivo per ora è convincerli a votare sì, per il passaggio ad “Ala” si vedrà. «Lui fa così, non lo vedi mai, entra in gioco quando c’è un’emergenza: risolve problemi, come il personaggio di Pulp Fiction», è ancora l’ex amico Gasparri a raccontare. La linea forzista resta quella del no alle riforme, come ha ribadito Berlusconi mercoledì sera alla cena con lo stato maggiore di Fi. «Siamo opposizione e non possiamo avere nemici a destra, da qui alle amministrative». Con la Lega non si rompe. Ma intanto i buoi fuggono dalla stalla.
«C’è una confusione mentale», ironizza il forzista Domenico Auricchio. D’altro canto, spiega il berlusconiano Franco Cardiello, «l’altra volta avrei votato contro e mi hanno chiesto di votare a favore, questa volta vorrei votare a favore e invece mi chiedono di non votarla». Alla fine, continua Auricchio (Fi), «il giorno del voto finale qualcuno avrà il mal di gola, altri la febbre, altri diranno sì». Avverte Riccardo Villari: «All’interno di Forza Italia nei prossimi giorni ci sarà un dibattito dall’esito non scontato». È solo l’inizio. «Io sto alla linea – premette Franco Carraro – ma c’è troppa ipocrisia, la gente vuole questa riforma». Giovanni Toti attacca Renzi: «Bel salto spregiudicato dal Nazareno al cambio della Carta con profughi e trasformisti».
Tre ex leghiste, le senatrici vicine a Tosi, la voteranno. Come sono tentati di fare gli ex 5 stelle Orellana, Bencini e Romani. Un paio di altri in bilico. In Gal, su 11 senatori, 4 diranno sì, capitanati da Paolo Naccarato, che ci scherza su: «I numeri ci sono, stanno affluendo in tanti, l’unico problema è che nella maggioranza ormai ci sono solo posti in piedi». Sulla carta l’area dei favorevoli si ferma a quota 154. Ma gli indecisi, tentati dal sì, già fioccano. Nell’Ncd di governo la dozzina di presunti “ribelli” si è già ridotta al solo Carlo Giovanardi («Voto no») e ai dubbiosi Formigoni, Compagna e Azzollini. Il gruppo dei quattro calabresi che fanno riferimento a Tonino Gentile («Nel Paese serve stabilità», pontifica) sono già rientrati. La battaglia più cruenta si consuma nel Pd dei 29 dissidenti. Ma attenzione. Riflettono in queste ore almeno quattro fra i firmatari del documento. Claudio Martini, Claudio Broglia, Patrizia Manassero e Silvio Lai sono in orbita renziana. «Confido che fra lunedì e martedì si trovi una soluzione e si possa votare tutti insieme. Non c’è nessuna voglia di strappare», getta acqua sul fuoco Broglia.