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 2015  settembre 18 Venerdì calendario

«Sono contento di aver alzato un polverone. Anzi sono euforico. Hanno fatto una legge contro di me, ma ospitare profughi è un lavoro onesto». Parla Giulio Salvi, l’albergatore dell’hotel Bellevue di Cosio Valtellino che ha scatenato l’ira della Lega. «Ricevo 37 euro e 50 al giorno per migrante. Faccia i conti, sono circa 2.500 euro al giorno. Mi fanno schifo? No. Mi sto arricchendo? Nemmeno. Lavoro qui con una moglie, due figli, sei dipendenti. Dovrei chiudere per far piacere a qualche politico? Dovrei lasciare in giro 71 persone che non si saprebbe dove mettere?»

«Sono contento di aver alzato un polverone. Anzi sono euforico. Finalmente c’è una legge anti-Salvi». Ha scelto l’ironia Giulio Salvi, titolare dell’hotel Bellevue di Cosio Valtellino, per commentare le notizie che arrivano da Milano. Da mercoledì scorso, una legge regionale esclude lui – e tutti gli altri albergatori che ospitano dei richiedenti asilo – dai bandi lombardi per finanziamenti pubblici.
Pochi giorni prima c’erano state le minacce via web: «Ti bruceremo l’hotel». Ma Salvi non molla un centimetro. Ospita tuttora 71 richiedenti asilo in 40 stanze. In un hotel dove non c’è una virgola fuori posto. Con i tovaglioli piegati a ventaglio, su ogni tavolo del ristorante. Lì ci viene incontro, con il baffo battagliero.
Insomma, Salvi, l’accusa è questa: qui si specula sui migranti?
«Siamo alla pazzia. La speculazione sarebbe fare tutto volando basso, senza dire niente. Ma io non me la sento. Specie davanti a un presidente della Regione, Maroni, che dice di difendere l’interesse di tutti i lombardi. Eppure era lui il ministro degli Interni nel 2011, quando sono state fissate le regole che io seguo adesso».
Parliamo di cifre...
«È un discorso che mi dà fastidio. Ma va bene. Ricevo 37 euro e 50 al giorno per migrante. Faccia i conti, sono circa 2.500 euro al giorno. Mi fanno schifo? No. Mi sto arricchendo? Nemmeno. Lavoro qui con una moglie, due figli, sei dipendenti. Dovrei chiudere per far piacere a qualche politico? Dovrei lasciare in giro 71 persone che non si saprebbe dove mettere? Faccio l’albergatore, cerco di essere pragmatico».
Come le sono stati assegnati i migranti che vediamo qui?
«È la prefettura a smistarli a chi ha dato disponibilità, da Bresso o Milano. E anche altri alberghi, in zona, li accolgono. Io ho scelto di lanciare un messaggio. Manderò una lettera a Salvini, scritta con il collega di quell’hotel a Bormio. A Salvini scoccia che io ci guadagni e che faccia lavorare i ragazzi».
Secondo lei chi protesta lo fa per questione di razzismo?
«No, non credo. Lo si fa per parlare alla pancia della gente. Però ci si dimentica che i ragazzi che sono qui sono per-so-ne. Ne ho visti arrivare a piedi scalzi, che odoravano di nafta perché erano stati ripescati in mare. Basta sentire i racconti di chi ha attraversato il Sahara, c’è da rabbrividire. Sono uguali ai nostri giovani andati via a cercare una vita migliore. Solamente, non hanno in tasca un passaporto».
Lei li ospita esattamente come fa con dei turisti.
«È un lavoro difficilissimo, ma gratificante. Loro mi dicono: “Grazie, ci tratti come tutti gli altri”. Ma come altro dovrei trattarli? Qui li aiuto anche con la burocrazia. E certo: ho dovuto mettere delle regole ferree. Chi dà problemi ogni tanto c’è. Un ragazzo si era messo a giocare d’azzardo e aveva pure vinto. Nell’hotel giravano soldi e non si capiva da dove uscissero. Ma è bastata una strigliata. E mentre attendono le carte, io questi ragazzi li faccio lavorare. Per il Comune, o per qualche onlus, anche per privati. Sono disposti a farlo gratis. Si accontentano dei 2 euro e 50 al giorno di diaria. Ogni tanto me li chiedono in anticipo, ma io li capisco».