Corriere della Sera, 18 settembre 2015
È passato un anno da quando la Germania si convinse ad accettare il Quantitative easing anche se Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank, era contrario. Sosteneva che se si offre a Paesi come l’Italia la copertura degli acquisti dei loro titoli di Stato, quelli dimenticheranno di gestire i loro bilanci ordinatamente. E ora la sua profezia potrebbe avverarsi. Infatti, scrive Fubini: «Sembra che ormai in questo Paese ci siano soldi per tutto. Si accavallano proposte di ogni tipo: cancellare le tasse sulle prime case, toglierle sui terreni agricoli, ridurre l’imposta sul reddito delle società, tornare indietro sulle pensioni, equiparare gli stipendi dei consiglieri in Campania, mantenere centinaia di dirigenti senza mansioni in Sicilia. Adesso dare ragione a Weidmann sarebbe una sconfitta che il Paese pagherebbe in futuro»
Un anno fa si è giocata una partita decisiva per il futuro dell’euro: convincere la Germania ad accettare il quantitative easing, una campagna di interventi della Banca centrale europea per più di mille miliardi di euro, quasi tutti in titoli di Stato. Fu un successo, anche per l’Italia, e in questi mesi si iniziano a vederne i frutti. Senza quella svolta a Francoforte oggi non ci sarebbe ripresa e sulla tenuta della moneta unica graverebbe un’ombra.
Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank, era contrario agli interventi della Bce e per resistere puntò molto su un argomento: se si offre a Paesi come l’Italia la copertura degli acquisti dei loro titoli di Stato, quelli dimenticheranno di gestire i loro bilanci ordinatamente. Leggeranno nell’azione della Bce un segnale che il party può ricominciare, perché da qualche parte ci sarà sempre qualcuno che risolve i loro problemi. La risposta dall’Italia arrivò subito: abbiamo tenuto i conti pubblici a posto per anni e continueremo.
È passato un anno, ma chi segue il dibattito italiano può avere l’impressione che siano dieci. Sembra che ormai in questo Paese ci siano soldi per tutto. Si accavallano proposte di ogni tipo, del governo e non solo: cancellare le tasse sulle prime case e sulle abitazioni di lusso (inclusi gli affitti), toglierle sui terreni agricoli, ridurre l’imposta sul reddito delle società, quella sulle attività produttive e sulle persone fisiche, tornare indietro sulla riforma delle pensioni, coprire i costi per i nuovi «esodati» (veri o falsi), equiparare gli stipendi dei consiglieri della Regione Campania a quelli dei parlamentari, mantenere centinaia o migliaia di dirigenti senza mansioni in Sicilia.
L’elenco potrebbe continuare. I tagli di spesa in agenda restano comunque una frazione di questi oneri.
In realtà può avere senso usare la copertura della Bce, un’assicurazione che lo spread fra titoli tedeschi e italiani per ora resterà sotto controllo, per eseguire anche politiche in deficit. Può servire se questa finestra di tempo viene usata per potenziare il motore dell’economia e poi concludere il risanamento dopo, grazie a sostanziali tagli di spesa decisi per legge subito ma scaglionati negli anni. Del resto i problemi del Paese sono noti da tempo: un crollo degli investimenti da quasi il 22% del reddito nazionale a poco più del 16%, e un numero insufficiente di persone che lavorano. Di recente il monte redditi da trasferimenti pubblici e da capitali ha persino superato (di poco) il monte redditi da lavoro. Nell’Italia del 2015 si guadagna di più con affitti, cedole, dividendi e assegni dello Stato, che producendo qualcosa.
Gli sgravi fiscali devono servire ad affrontare questi problemi e correggere queste distorsioni, non ad altro. A maggior ragione è importante, perché in Italia si tende a rimuovere una realtà evidente a chi voglia guardare: la Germania oggi non è più «flessibile» di un anno fa, al contrario. Il governo tedesco sta proponendo che i titoli di Stato dei governi europei contengano clausole per sforbiciarne il valore in caso di crisi. Wolfgang Schaeuble vuole lo slittamento automatico dei rimborsi dei titoli di Stato agli investitori, se un governo chiede l’aiuto del fondo salva Stati. Il ministro delle Finanze di Berlino pensa anche a procedure fallimentari per i governi dell’area euro, e regole del genere non potrebbero che far salire il peso degli interessi sul debito pubblico italiano.
Un anno fa Weidmann era scettico sull’uso che l’Italia avrebbe fatto del sostegno della Bce. Adesso dargli ragione, confermare il suo pessimismo su di noi, sarebbe una sconfitta che il Paese pagherebbe in futuro. Questa occasione di rafforzarsi va usata. Non sprecata.