Il Sole 24 Ore, 16 settembre 2015
Il Btp, è uscito del tutto dalla crisi? È tornato ad essere uno strumento d’investimento influenzato dal solo andamento dei tassi? o resta un prodotto finanziario legato anche al merito di credito e quindi agli alti e bassi dell’affidabilità del suo emittente? Prova a rispondere Isabella Bufacchi
Ma il BTp, è uscito del tutto dalla crisi? È tornato ad essere uno strumento d’investimento influenzato dal solo andamento dei tassi? o resta un prodotto finanziario legato anche al merito di credito e quindi agli alti e bassi dell’affidabilità del suo emittente? In concreto, i BTp sono “rate products” puri, come per esempio i Bund tedeschi, oppure sono “credit products”? Per quanto l’Italia si stia conquistando la fiducia e la stima dei mercati, non solo per essere uscita dalla peggiore recessione dal dopoguerra ma anche per aver avviato e in parte realizzato un programma ambizioso di riforme strutturali e istituzionali per migliorare la crescita potenziale, i BTp continuano ad essere bollati come titoli di debito di uno Stato che è si altamente indebitato nei decenni e che cresce poco. Strumenti che piacciono, indubbiamente, i BTp, che attraggono investori esteri e italiani, istituzionali e privati, perché pagano il giusto, un premio rischio/rendimento adeguato e se ne trovano in circolazione per grandi quantità: ma per quanto l’Italia ora abbia una bella storia da raccontare, i BTp non vengono acquistati ad occhi chiusi. Il debito pubblico, con la sua misura “large”, è stato menzionato ieri dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan come una delle tre grandi sfide dell’Italia. Rivolgendosi alla platea della comunità finanziaria internazionale alla Italy conference di Euromoney, ieri mattina Padoan ha messo subito sul piatto il problema di un debito pubblico che va ridotto, per sottolineare che governo e policymakers ne sono consapevoli e ne tengono conto.
Prudente anche l’approccio di Maria Cannata, la responsabile della gestione del debito pubblico al Tesoro, che tra tutti è la prima a “maneggiare con cura” gli strumenti del debito pubblico. Rispondendo a una raffica di domande alla conference, ha chiarito con molto realismo che l’asta dei CTz è stata eccezionalmente cancellata a luglio e che le emissioni sono andate molto bene non solo per il merito delle riforme strutturali ma soprattutto per motivi “stagionali” di calendario dei titoli in scadenza, e per il fatto che nella prima metà dell’anno il Tesoro ha caricato le aste per “sfruttare il mood” molto positivo del mercato. «Siamo arrivati in estate con una liquidità abbondante», ha spiegato. Non è questo infatti il tipo di liquidità che impensierisce Maria Cannata, la preoccupazione è semmai per la liquidità sul mercato secondario che rischia di scarseggiare per due fattori concomitanti: il QE della Bce (sono molto apprezzati al Tesoro gli acquisti “attenti” di Francoforte per sostenere i titoli off-the-run e non danneggiare la liquidità) e una regolamentazione vecchia e nuova che limita gli spazi di manovra di banche e operatori finanziari sulla funzione chiave di market making. «In Europa il problema del market making è diventato particolarmente rilevante», ha ammonito Cannata. Nel sottocomitato che a Bruxelles raduna i gestori del debito pubblico nazionale, Cannata ha rivelato che si tenta di «sensibilizzare chi scrive la nuova regolamentazione di mercato perché serve un’analisi attenta sull’impatto che le regole hanno sul mercato secondario dei titoli di Stato». Una faccenda, quella della scarsa liquidità, che inizia a destare preoccupazione, non tanto per i titoli di Stato italiani – anche se qualche segnale di cedimento comincia ad avvertirsi anche sui BTp – ma soprattutto sui titoli di Stato dei mercati più piccoli. Persino i Bund futures sono stati colpiti negativamente.
«La liquidità per i titoli di
Stato è assolutamente essenziale – ha tuonato Maria Cannata – serve per garantire l’efficienza del mercato e in particolare per ridurre il costo della raccolta degli Stati, è una condizione cruciale».
Il costo della raccolta è infatti uno dei nodi del superdebito. Come evidenziato nel panel della conference con gli investitori specializzati in bond e titoli di Stato, i BTp sono ancora oggi credit product perché l’Italia deve finanziarsi per grandi importi ogni anno per ripagare il debito in scadenza (quest’anno 410-420 miliardi di aste lorde), e intanto il Paese cresce poco, la spesa degli interessi sul debito pubblico «adesso è bassa ma in futuro tornerà a salire, quando risaliranno i tassi».
«I titoli di Stato italiani sono acquistati dagli investitori esteri perché l’Italia sta andando avanti con le riforme», ha puntualizzato Maria Cannata, convenendo che se gli investitori cinesi acquisteranno forse meno BTp negli ultimi nove mesi e di recente sono intanto aumentati gli acquisti degli investitori giapponesi privati, «un riconoscimento al progresso fatto dall’Italia». In quanto agli investitori italiani, sono un punto di forza del mercato dei titoli di Stato ma resteranno delusi perché non vi sarà l’emissione di un nuovo BTp Italia entro la fine dell’anno. «Gli acquisti degli stranieri servono, contribuiscono a ridurre il costo alla raccolta», ha messo in chiaro Cannata. All’estero il BTp è corteggiato, ma non si dimentica che ha rating tripla “B”: i miglioramenti del rischio-Italia per ora si sono riflessi nell’outlook del rating sovrano, migliorato da “negativo” a “stabile”. La prossima conquista è l’outlook “positivo”, anticamera della promozione di rating: ma per arrivare a questo, l’Italia deve fare sempre meglio, continuare con le riforme e la modernizzazione. «Continueremo il processo di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese – ha promesso Carlo Calenda, viceministro dello Sviluppo Economico intervenuto alla conference -. Aumenteremo gli investimenti diretti dall’estero, ci focalizzeremo sull’export negli Usa per evitare gli errori commessi con l’eccessiva concentrazione di alcune aziende in Russia, miglioreremo le offerte nel settore immobiliare pubblico, aumenteremo la trasparenza e affineremo la comunicazione perché l’Italia vuole essere un Paese affidabile per l’investitore». Anche i BTp sono affidabili: ma ora devono spiccare il grande salto, da credit product a rate product.