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 2015  settembre 16 Mercoledì calendario

Sette piccoli indizi per capire se sul lavoro è in atto davvero una svolta. Siamo ancora agli zerovirgola, o poco più, ma ci sono segnali importanti da cogliere. Un cambio di passo, forse una svolta possibile, a patto che sia ben accompagnata da riforme mirate. Tuttavia segnali sufficienti già a sfatare qualche luogo comune

Siamo ancora agli zerovirgola, o poco più, ma ci sono indizi importanti da cogliere in questa Italia del lavoro in fase di scongelamento. Un cambio di passo, forse una svolta possibile, a patto che sia ben accompagnata da riforme mirate. Tuttavia segnali sufficienti già a sfatare qualche luogo comune.
Immigrati
Il dato diffuso ieri dall’Istat segnala che dopo quasi dieci anni si registra il nuovo sorpasso degli occupati italiani sugli occupati stranieri: 129mila contro 50mila confrontando il secondo trimestre 2015 con il corrispondente del 2014. Non accadeva dal 2006 quando per tre trimestri consecutivi il vantaggio degli occupati italiani sui lavoratori esteri oscillava tra 9mila e 153mila unità. Poi _ come segnala una rielaborazione curata dalla Fondazione Hume _ è sempre stato il contrario con “vantaggi” per i lavoratori stranieri variabili fino a 600mila unità. La nuova fotografia indica anche un upgrading nella qualità dell’occupazione che si sta rendendo disponibile dato che, tra l’altro, è corroborato dall’aumento dell’1,4% degli occupati laureati e dal calo della disoccupazione che interessa soprattutto persone con titoli di studio elevati.
Produttività
La produttività è cresciuta dello 0,1%. Un vagito dopo vent’anni di indicatore languente a zero o in calo. È ancora poco, ma può segnare uno spartiacque importante nelle modalità di uscita dalla crisi perché segnala un aumento dell’efficienza interna al sistema produttivo cui corrisponde anche un numero di ore lavorate in più per ogni singolo addetto (oltre che un numero di occupati in più). Se sarà messa in campo una coerenze politica di incentivazione dell’innovazione e della ricerca questa “svolta” si accentuerà.
Mezzogiorno
Anche in questo caso siamo nell’Italia dei decimali ma per la prima volta da anni si segnala un aumento dello 0,9% del tasso di occupazione al Sud cui corrisponde una invarianza del tasso di disoccupazione. All’interno di questo dato però va sottolineato il calo dell’1,2% del tasso di disoccupazione femminile. Cala anche più che nella media nazionale il tasso di inattività (-1,1%).
Continua pagina 4 Alberto Orioli Continua da pagina 1 Probabilmente è solo un effetto-rimbalzo dato che il Mezzogiorno mantiene ancora, dopo anni, dati drammatici: un tasso di disoccupazione al 20,2%, tre volte quello del Nord; un tasso di occupazione al 42,6% (del 31% se relativo alle donne), venti punti meno che al Nord dove le donne lavorano a tassi quasi doppi rispetto a quelli meridionali.
Retribuzioni
Le retribuzioni di fatto sono cresciute dell’1,3% e quelle contrattuali dell’1,1% contro un’inflazione annua oscillante tra lo 0,2% e lo 0,4% a seconda della rilevazione contemplata. Si tratta di dinamiche che sono cinque-sei volte superiori a quelle del costo della vita. Segno che è più che maturo il tempo di riprogrammare una nuova efficiente architettura contrattuale mantenendo il ruolo di architrave alla contrattazione nazionale che ha garantito, nel corso di questi anni di crisi, la tenuta del sistema ma ha evidente bisogno di una nuova fase di “ricentraggio”.
Costo del lavoro
Il costo del lavoro in media cresce in un anno dello 0,9% (1,2% nell’industria) mentre nell’ultimo trimestre per effetto della decontribuzione gli oneri sociali calano dello 0,3% (-0,5% nell’industria). Parte dell’aumento è dovuta al rilancio delle retribuzioni, ma ciò dimostra come sia ancora ampio il margine per intervenire in modo strutturale nella riduzione degli oneri fiscali che rendono tuttora il “cuneo italiano” un’anomalia in Europa.
Lavoro a tempo
Il sistema sta uscendo dai periodi di uso massiccio della cassa integrazione con un vistoso calo tendenziale dell’11,5%, ma non ha ancora imboccato la strada decisa dell’aumento di occupazione stabile. Che ha creato sì 180mila posti di lavoro in più in un anno, ma con un aumento limitato allo 0,8% in cui vanno ricompresi 41mila lavoratori part time (di cui 29mila “involontari”). Sono in corso prove di assestamento degli assetti in vista di una più decisa dinamica di rilancio dell’economia. Prova ne sia il boom dell’uso del lavoro in somministrazione (+18,7%) e il fatto che siano ancora 2,6 milioni le persone con contratto part time “involontario” pari all’11,9% degli occupati totali. I 2,4 milioni di contratti a termine e i 5,5 milioni di “indipendenti” segnalano ancora un mercato del lavoro all’italiana, frastagliato nonostante gli sforzi di semplificazione delle regole.
Orario
È significativo che le posizioni lavorative dell’industria in senso stretto calino in un anno dell’1,1% mentre le ore lavorate per dipendente salgano del 2,3% o che nelle costruzioni, a fronte del calo delle posizioni pari al 2,3%, aumentino le ore lavorate pro capite dell’1,9%. Significa che i settori produttivi stanno recuperando efficienza interna e sono ancora impegnati ad ampliare l’uso di occupazione esistente anche perché il ricorso agli straordinari è rimasto costante durante l’anno al 3,5% delle ore lavorate.