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 2015  settembre 15 Martedì calendario

Un volta in tv c’era Ungaretti che recitava Omero, c’erano Eco, La Capria, Arbasino. Paolo Di Paolo: «Siamo ancora in tempo per tirare fuori gli scrittori dai loro studioli; per far venire a un quindicenne distratto il sospetto che i romanzieri non siano tutti morti e imbalsamati come credeva. Gli scrittori esistono ancora! Hanno facce terribili, magari, e non sempre sanno parlare, non sempre sono simpatici, ma questo vale anche per gli sportivi, per gli attori, per i cantanti. Vale un po’ per tutti, no? Tutti quelli che, non sempre smaglianti e vitali, hanno almeno l’aria di essere vivi»

C’era una volta il poeta Ungaretti che ruggiva dagli schermi della tv neonata recitando Omero. La barba bianca, gli occhi chiari, folli quel tanto da far pensare agli italiani che i letterati non sono gente completamente a posto. Per una lunga stagione, gli scrittori hanno avuto con il piccolo schermo rapporti felici: in scena o dietro le quinte, circolavano nomi come Eco, La Capria, Arbasino. Anche quando erano critici verso il mezzo, apparivano, c’erano. Goffi, inadeguati, troppo snob o telegenici, hanno dato in ogni caso un ingente contributo di presenza e di idee. Pensate a Mario Soldati, curioso e sornione, che fa un suo giro eno-gastronomico d’Italia. 

No, nessuna nostalgia. Solo un dato: oggi la riserva in cui circolano pochi e già affermati autori è quella dei talk-show promozionali. Lo scrittore passa, dice un paio di frasi sull’ultimo libro da vendere, e va via. Così, l’impressione – giustificata – del telespettatore è che gli autori di romanzi siano soltanto impiegati di sé stessi, simpatici o maldestri promoter delle loro creature di carta. Non esistono se non nello spazio dell’auto-promozione: triste, no? Al massimo, li chiamano come araldi di generici e soporiferi inviti alla lettura: è bello leggere, è sano leggere. Ma leggere cosa? 
Baricco, vent’anni fa, parlava di questo o di quel libro, entrava nello specifico, provava ad appassionare a Dickens o a Salinger – e ci riusciva. Poi, più niente. Ma di un classico si potrebbe parlare anche durante La prova del cuoco, tra il tg e l’ennesimo revival di vecchie glorie: tre minuti fuori contesto fanno più di un’ora in prima serata. Ricordo che una volta Maria Luisa Busi lesse durante il Tg1, credo di sua volontà, l’incipit di Se una notte d’inverno un viaggiatore. Saltai sul divano per lo stupore. Qualche mese fa, in un talk, un altro Busi, Aldo, ha parlato di Camus in modo commovente: quel segmento andrebbe preso e mandato dopo Medicina 33, perché è curativo. 
In questi mesi dell’Expo dedicato al cibo, avevo timidamente provato a suggerire a qualche dirigente o autore Rai che, tra una ricetta e l’altra, non sarebbe stato male sentir parlare, che so, di cosa si mangia nei Promessi sposi o in Sostiene Pereira. Niente da fare. Voglio sperare che la nuova dirigenza Maggioni-Campo Dall’Orto prenda a cuore la letteratura, e in modo diverso da quanto accaduto finora. Lo spazio della storia è cresciuto moltissimo negli ultimi anni, con risultati di pregio; e così quello della scienza, dell’arte e dell’archeologia, anche attraverso divulgatori capaci. Immagino un palinsesto ideale in cui i libri trovino spazio soprattutto in pillole sparse nell’arco della giornata, non solo nelle reti «culturali». Con Ammaniti che parte dalla sua passione per i videogiochi e spiega – su Raiuno, di pomeriggio! – che anche un romanzo si conquista per livelli. Con Saviano che parla delle Notti bianche in uno show Rai, come ha fatto su Canale 5 scandalizzando i soliti idioti. Con qualcuno che parli della Recherche di Proust in una profumeria e del Nuotatore di Cheever a bordo piscina. 
Siamo ancora in tempo per tirare fuori gli scrittori dai loro studioli; per far venire a un quindicenne distratto il sospetto che i romanzieri non siano tutti morti e imbalsamati come credeva. Gli scrittori esistono ancora! Hanno facce terribili, magari, e non sempre sanno parlare, non sempre sono simpatici, ma questo vale anche per gli sportivi, per gli attori, per i cantanti. Vale un po’ per tutti, no? Tutti quelli che, non sempre smaglianti e vitali, hanno almeno l’aria di essere vivi.