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 2015  settembre 15 Martedì calendario

In Egitto, una strage di turisti. Per sbaglio. Gli Apache dell’aeronautica militare attaccano una comitiva di messicani nel Sinai: 12 morti. Il Cairo si scusa: «Credevamo che fosse una colonna dell’Is in fuga dopo la decapitazione di un ostaggio”»

L’oasi di Bahariya, un rifugio lussureggiante di quasi duemila chilometri quadrati fra le dune spietate del Sahara egiziano, si è trasformata ieri nel teatro di un massacro. Compiuto per un tragico errore dalle forze egiziane che combattono in quella regione le infiltrazioni dei jihadisti dello Stato Islamico dalla porosa frontiera con la Libia. Un convoglio di 4 fuoristrada con a bordo 22 persone, fra turisti messicani, egiziani, accompagnatori e autisti, è stato scambiato per la colonna di un gruppo di islamisti che tentava di riguadagnare la frontiera dopo aver rapito e decapitato un ostaggio egiziano. Un inferno di missili sparati da elicottero “Apache” hanno polverizzato i 4x4 mentre i turisti si stavano fermando per il pranzo in un resort della zona che si trova 350 chilometri a sud del Cairo. Una strage: 12 morti e dieci feriti. È stato il governo egiziano ad annunciare il «tragico errore» in quella propaggine del Deserto Nero. Il presidente messicano Enrique Peña Nieto ha chiesto alle autorità del Cairo una inchiesta rapida e esaustiva sulla tragedia nella quale sono morti sette cittadini messicani.
Le autorità egiziane, pur ammettendo l’errore, sostengono che il convoglio era in una zona vietata ai turisti e che le loro guide non avevano informato le autorità del loro viaggio. Questa vasta oasi nel deserto – una grande depressione verde circondata da monti ricchi di sorgenti e colline di quarzo nere – è una grande attrazione ed è molto popolare tra i turisti, ma anche è la patria dei gruppi jihadisti, della filiale egiziana dello Stato Islamico che combatte sul fronte Ovest. Sono sabbie ad alto rischio dopo il crollo della Libia come Stato e il dilagare delle milizie islamiste. Il ministero dell’Interno egiziano ha spiegato ieri sera che le forze di polizia e dell’esercito «stavano dando la caccia a dei terroristi nel deserto occidentale, e hanno aperto il fuoco per errore su quattro pick-up che trasportavano i turisti messicani». A poche decine di chilometri di distanza era in corso un’operazione speciale con il coinvolgimento del supporto aereo. Domenica pomeriggio, la branca dello Stato Islamico in Egitto aveva annunciato in un comunicato di aver «resistito a un’operazione dell’esercito nel deserto occidentale» e di aver respinto le forze regolari egiziane dopo aver giustiziato un ostaggio egiziano.
L’Egitto affronta da solo la sfida del doppio fronte del Califfato, quello sul lato libico e quello che viene dal Sinai. L’avanzata dei jihadisti è la principale missione del presidente Abdel Fattah Al Sisi. Una battaglia che nell’ultima settimana ha subito un’accelerazione con il lancio di una nuova operazione antiterrorismo nel nord del Sinai, che ha portato all’uccisione di oltre un centinaio di jihadisti e all’arresto di decine di persone. L’Egitto, come scrivono i giornali controllati dal governo «sta rispondendo con grande successo» al terrorismo, ma la tragica lista dei militari e poliziotti caduti – duemila nell’ultimo anno – svela la drammaticità e la solitudine egiziana. L’ultimo vero alleato arabo dell’Occidente nella lotta contro il Califfato.