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 2015  settembre 15 Martedì calendario

John McDonnell, il ministro delle Finanze del suo governo ombra, è uno a cui «piacerebbe tornare agli Anni ’80 per assassinare la Thatcher», convinto che i combattenti dell’Ira «dovrebbero essere onorati per avere partecipato alla lotta armata» e si è detto pronto a «nuotare nel vomito piuttosto che approvare i tagli all’assistenza pubblica» proposti dal conservatore David Cameron: «Non sono il tipo che governa in cerca del consenso». Ritratto del Varoufakis inglese, la differenza che va molto più d’accordo, almeno sulla carta, con il suo leader

Se Jeremy Corbyn vi sembra di sinistra, aspettate di conoscere il ministro delle Finanze del suo governo ombra. John McDonnell, nominato ieri dal neo-leader laburista a quello che è il secondo più importante incarico nel partito, è uno a cui «piacerebbe tornare agli Anni ’80 per assassinare la Thatcher», convinto che i combattenti dell’Ira, l’esercito clandestino repubblicano dell’Irlanda del Nord, «dovrebbero essere onorati per avere partecipato alla lotta armata» (contro il governo britannico – lo disse a un evento per commemorare lo sciopero della fame di Bobby Sands, il detenuto dell’Ira morto in carcere), e pronto a «nuotare nel vomito piuttosto che approvare i tagli all’assistenza pubblica» proposti dal conservatore David Cameron. Per riassumere il suo carattere, «non sono il tipo che governa in cerca del consenso». McDonnell crede nelle sue idee e attacca a testa bassa per realizzarle. Finora pensava che le sue fossero parole al vento. Adesso ha una possibilità di realizzarle.
I commentatori britannici paragonano già il nuovo duo Corbyn-McDonnell a quello formato da Alexis Tsipras, premier, e Gianis Varoufakis, ministro delle Finanze, in Grecia. La differenza è che il “Varoufakis inglese” va molto più d’accordo, almeno sulla carta, con il suo leader. McDonnell, infatti, è stato il manager ovvero il regista della campagna di Corbyn nelle primarie per la leadership laburista: in sostanza l’artefice di una vittoria su cui nessuno all’inizio avrebbe scommesso un penny. Si dice che Corbyn gli abbia dato la poltrona di ministro delle Finanze del governo ombra come ricompensa. Ma un posto così cruciale non si dà soltanto per saldare un debito o per gratitudine. Di McDonnell, evidentemente, Corbyn si fida. I due hanno gli stessi progetti politici, o perlomeno economici.
Quelli di McDonnell sono abbastanza noti, perché ne ha parlato spesso negli ultimi mesi, quando ancora non pensava di poter diventare un potenziale, futuro “cancelliere dello Scacchiere”, come si chiama qui il responsabile delle Finanze e del Tesoro. Anche lui, come i Tories, vuole azzerare il deficit, «ma non a spese dei poveri», ha avvertito ieri: piuttosto a spese dei ricchi o comunque benestanti, che sarebbe pronto a colpire alzando la maggiore aliquota fiscale dall’attuale 45 al 60 per cento. È contrario all’austerità. E dell’Europa, come a Corbyn, non gli piace per l’appunto una politica economica a suo avviso troppo severa e restrittiva (anche se i bene informati assicurano che la nuova coppia del Labour non si batterà per il “no” alla Ue nel referendum fissato da Cameron entro il 2017). Figlio di un autista di bus, sposato due volte, in entrambi i casi con prole, il 64enne McDonnel è in parlamento da quasi vent’anni. Si era candidato due volte alla leadership, al posto di Blair e poi di Gordon Brown, ma senza speranze: all’epoca prese solo una manciata di voti. È stato anche il vice di Ken Livingstone, sindaco di Londra, anche lui detto “il Rosso”: ma non sono andati d’accordo e Livingstone nella sua autobiografia ha rivelato che McDonnell era un pasticcione, pure non sempre onesto, truccava le cifre perché fossero a favore delle sue argomentazioni. Ora non potrà più permettersi di farlo. Dovrà anzi spiegare come farebbe quadrare il bilancio, senza danneggiare i lavoratori ma senza fermare l’economia. E anche – glielo chiederanno di certo – dovrà raccontare in che modo avrebbe voluto assassinare Margaret Thatcher, se ne avesse avuto l’occasione. Insomma, è arrivato sulla scena europea un “altro Varoufakis”. Inglese, stavolta. Chissà se avrà un futuro migliore di quello greco.