Corriere della Sera, 14 settembre 2015
Frontiere tedesche prese d’assalto dalla marea umana, altri trentaquattro morti nel mare della Grecia, tra questi quattro neonati, sei bambini, cinque bambine. Nessuno più riesce a contarli, i migranti vivi e morti del 2015. Intanto la Germania (40mila profughi in arrivo solo in questo weekend) mostra i primi segni di cedimento, reintroducendo i controlli ferroviari e causando qualche blocco di convogli ai suoi confini con l’Austria
Ora possono anche chiamarlo il mare di Erode, l’Egeo, perché inghiotte ogni notte e in silenzio degli innocenti. Ieri, altri trentaquattro morti e tra loro quindici minorenni, una strage: quattro neonati, sei bambini, cinque bambine, prigionieri dell’acqua sotto il barcone capovolto che li aveva portati via dalla costa turca, verso il miraggio chiamato Unione Europea. I loro corpi non sono stati ritrovati. Così come quelli di altri 4 bambini, scomparsi fra le onde il giorno prima, vicino all’isola di Samos. Un altro centinaio, adulti, sono stati ripescati vivi o hanno raggiunto con le ultime bracciate una scogliera greca, cioè appunto l’Ue.
Nessuno più riesce a contarli, i migranti vivi e morti del 2015. Intanto la Germania (40 mila profughi in arrivo solo in questo weekend) mostra i primi segni di cedimento, reintroducendo i controlli ferroviari e causando qualche blocco di convogli ai suoi confini con l’Austria (dunque con l’Ungheria e con tutto l’Est): lo ha comunicato la cancelliera Angela Merkel al presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che ha approvato la misura aggiungendo però laconicamente: «Seguiremo la situazione». La regione tedesca della Renania-Palatinato chiede aiuto, e Monaco di Baviera ha il fiato grosso davanti agli ultimi 13 mila profughi arrivati in città nelle ultime ore. In questa cornice, Bruxelles accoglie oggi il suo ennesimo vertice straordinario dell’Ue sull’emergenza-immigrazione. Discuteranno fra loro i ministri degli Interni e della Giustizia: gente importante, ma due dita sotto il potere che veramente decide. Qualunque cosa propongano, avrà infatti valore solo se più tardi sarà consacrata da un «vero» vertice Ue, quello dei 28 capi di governo e di Stato.
Il tempo vola. I bambini morti sulle spiagge, i dibattiti continui a Bruxelles: questa visione parallela ci porta davanti al «fallimento completo» dell’Europa, denuncia il ministro dei Trasporti tedesco, Alexander Dobrint. Un fallimento «nel controllo delle sue frontiere» prese d’assalto dalla marea umana. «Ci vogliono misure efficaci per fermarla», aggiunge Dobrint, abbandonando i toni balzandosi degli ultimi giorni. E non parla a caso, né a orecchie sconosciute: è membro della Csu bavarese, il partito cristiano sociale che sostiene i cristiano-democratici di Merkel. Ma eccole già, nei fatti e adesso, le «misure efficaci»: la Germania – il Paese che più entusiasticamente aveva aperto le sue frontiere – sta appunto reintroducendo «temporaneamente» stretti controlli ai confini austriaci, e il ministro degli Interni Thomas de Maiziére butta lì che questa misura «potrebbe causare interruzioni dei servizi ferroviari». È già così, infatti, i treni fra l’Austria e la Germania si stanno fermando in vari tratti: de Maiziére sta facendo proprio quello che rimproverava a Viktor Orbán, il premier ungherese. E Berlino chiede all’Ue ( e a se stessa) «un rapido ritorno a procedure ordinate». I controlli dei passaporti e lo «stop» ai treni sono una confessione dolorosa, anche per quello che può segnalare ad altri Paesi: la verità, dice ancora Dobrint, è che la capacità di accoglienza della Germania «è al limite», e «questo segnale deve essere recepito senza ambiguità dagli altri Paesi europei». Non sarà così, lo si sa fin d’ora. Proprio mentre Angela Merkel chiede al governo greco di «assumersi le sue responsabilità» per il controllo delle frontiere con la Turchia che «non è attualmente assicurato», Atene respinge ogni critica definendola «inaccettabile». Oggi si scambieranno di nuovo queste parole al vertice di Bruxelles. Lontano dal «mare di Erode», e dai suoi cimiteri.