20 maggio 1861
L’onorevole Ricciardi vorrebbe Napoli capitale d’Italia
«Signori di Torino, grazie della libertà, di morire di fame. A dire il vero ce la concedeva anche Re Francesco II, ma a modo nostro. Ora invece dobbiamo fare a modo vostro». Così scrive oggi il Diavoletto di Napoli. È uno dei minuti periodici che circolano nei vicoli. Ammiccano al popolo, ma si rivolgono a chi ha orecchie per sentire. Alcuni, filo-borbonici, cercano di diffondere malcontento. Altri danno voce a potentati locali già ben rappresentati al Parlamento di Torino, ma che ambiscono a maggiori ruoli. Da qualche giorno commentano un manifesto fatto affiggere dal principe Eugenio, che ha finora governato la città quale luogotenente di Vittorio Emanuele II. Magnifica la sua amministrazione, prossima a scadere. In giornata, alle ore 18, arriverà chi lo sostituirà. È il conte Ponza di San Martino, imbarcato sul vapore Tancredi. Con lui c’è il consigliere di Stato Alessandro Monale, incaricato di subentrare a Costantino Nigra, che è già rientrato a Torino. Ha presentato a Cavour il bilancio dell’amministrazione delle province napoletane dall’inizio dell’anno. Parla di gravi difficoltà, dinanzi a diffusa anarchia e corruzione e alle diffidenze di una città che subisce con sofferenza le «leggi dei piemontesi». In mattinata le ha dato voce alla Camera il deputato napoletano Giuseppe Ricciardi, dell’estrema sinistra. Chiede per Napoli maggior ruolo, fino al punto di invocare per lei quello di Capitale d’Italia (MAURIZIO LUPO, La Stampa 20/5/2011).