L’Indipendente, 26 settembre 2004
Il dottor Schreber e la sua educazione velenosa
Dopo secoli di silenzio sul tema, pareva quasi di incontrare uno strano sconosciuto. In un momento in cui si cominciava a dare fondamento scientifico alle indicazioni pedagogiche, non potevano mancare i sostenitori di un’educazione che riguardasse tutto l’individuo, fatto di muscoli oltre che di cervello. Fu così che la ginnastica diventò materia d’insegnamento anche in Italia. Specchio dei tempi è ancora una volta De Amicis, che nel romanzo breve Amore e ginnastica narra di una Torino di fine Ottocento che si anima al culto della forma fisica. Così i nostri maestri, che faticavano anche solo per farsi capire quando parlavano in italiano (sempre ammesso che lo parlassero), si misero a imparare esercizi ginnici per gli scolari.
Uno dei più entusiasti sostenitori dell’educazione del corpo fu il medico e pedagogista tedesco Daniel Gottlob Moritz Schreber (1808 – 1861), che ebbe l’onore di dare il proprio nome a molte associazioni che nacquero ovunque in Germania e che si occupavano di educazione del corpo, di lavoro manuale ecc. La sua idea era che si dovesse curare la fiacchezza spirituale e fisica che sfiniva i popoli. Tutto bene fino a quando un figlio di tanto padre, brillante giurista, a quarantadue anni, impazzì. Preda di allucinazioni, si vedeva vittima di torture che un dio crudele gli infliggeva. Dopo qualche anno, quasi guarito, scrisse il libro Memorie di un malato di nervi e fu un successo. In breve ricadde nella malattia e fu internato in manicomio dove alla fine spirò. La vicenda attirò l’attenzione di Sigmund Freud, il quale notò analogie sconcertanti fra la prassi pedagogica del padre e le allucinazioni del figlio. Andando a guardare meglio la storia familiare del dottor Schereber, si scoprì che oltre al figlio impazzito ce n’era un altro morto suicida e una sorella anch’essa sofferente di gravi turbe psichiche.