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 2015  settembre 09 Mercoledì calendario

Broca e il paziente “Tan” Leborgne che non riusciva a parlare

Il dottor Broca, in occasione di questo rapporto, presentò il cervello di un vecchio di 51 anni morto nel suo ospedale di Bicêtre e che non aveva più l’uso della parola da 21 anni (…)
Quando il paziente fu ammesso per la prima volta alla Bicêtre, all’età di 21 anni, risultava aver perso, per qualche periodo, l’uso della parola. Non riusciva a pronunciare se non una singola sillaba, che di solito ripeteva per due volte consecutive. Quando gli si chiedeva qualcosa, rispondeva sempre “tan tan” e accompagnava questa risposta con i gesti più vari. Per questo, in tutto l’ospedale, lo chiamavano Tan. Al tempo del suo primo ricovero, Tan era fisicamente a posto e intelligente. Dopo circa 10 anni cominciò a perdere l’uso del braccio destro, quindi la paralisi si diffuse alla gamba destra e, insomma, per sei o sette anni egli fu costretto a stare a letto. Pareva che anche la sua vista si stesse indebolendo. Infine, sembrò scemare la sua intelligenza, fatto che sembrava in relazione con le altre difficoltà.
Il 12 aprile del 1861 fu portato nel reparto chirurgia dell’ospedale per via di un’immensa infiammazione cancrenosa che sembrava aver colpito tutta la parte destra, dal tallone fino alla natica. A quel punto, e per la prima volta, lo vide Broca. Lo studio di questo infelice, incapace di parlare e, per via della paralisi destra, di scrivere, si presentava complesso. Broca notò tuttavia che la sensibilità generale funzionava, che il braccio e la gamba sinistra obbedivano alla sua volontà, che i muscoli della faccia e della lingua non erano paralizzati e che, insomma, a sinistra si muoveva bene.
Era impossibile determinare con esattezza lo stato dell’intelligenza, ma con tutta evidenza Tan capiva quasi tutto quello che gli si diceva. Obbligato ad esprimere idee e sentimenti solo muovendo il braccio sinistro, risultava spesso difficile da capire. Le risposte numeriche, fornite aprendo o chiudendo le dita, erano quelle che gli riuscivano meglio. Era capace di mostrare, su un orologio, l’ora esatta al secondo. Sapeva con precisione quanti anni era stato ricoverato alla Bicêtre, ecc. Tuttavia parecchie domande a cui un uomo normale avrebbe saputo rispondere facilmente anche con le dita, davano luogo a risposte incomprensibili. Altre volte la risposta era chiara, ma non c’entrava niente con la domanda. Senza dubbio, quindi, l’intelligenza del paziente era stata menomata. Pure gliene restava abbastanza per una qualche conversazione.
Tan morì il 17 aprile 1861. L’autopsia rivelò che la dura madre risultava ispessita e vascolarizzata, coperta all’interno da uno strato pseudo-membranoso; la pia madre era spessa, opaca e aderente ai lobi anteriori, specialmente a quello sinistro. Il lobo frontale dell’emisfero sinistro risultava rammollito per gran parte della sua estensione; le circonvoluzioni della regione orbitale, sebbene atrofizzate, conservavano la loro forma; la maggior parte delle altre circonvoluzioni frontali erano distrutte. Il risultato di questa distruzione della sostanza cerebrale era una larga cavità, dela dimensione di un uovo e piena di siero. Il rammollimento s’era generalizzato fino alla piega ascendente del lobo parietale e giù fino al margine della piega del lobo temporo-sfenoidale; infine, nelle profondità, si allargava fino all’insula e al nucleo extraventricolare del corpo striato. Era quest’ultima lesione la responsabile della paralisi degli arti della parte destra. E però il sito principale e originale del rammollimento era chiaramente la parte mediana del lobo frontale dell’emisfero sinistro. È qui che si trovavano la maggior parte delle lesioni, le più avanzate e le più antiche. Il progressivo rammollirsi della parte era durato anni. Questo periodo probabilmente corrisponde agli undici anni che hanno preceduto la paralisi del braccio destro e durante il quale il paziente ha conservato la sua intelligenza e non ha perso che la favella. Tutto questo ha permesso di stabilire che, nel caso presente, la lesione del lobo frontale era quella che aveva determinato la perdita della parola.
http://www.livescience.com/26599-famous-brain-injury-patient-identified.html
L’identità di Tan è rimasta avvolta nel mistero per tutti questi anni. La maggior parte degli storici ha sempre pensato che si trattasse di un operaio povero e illetterato. Secondo altri, era solo un malato di sifilide, la cui pazzia spiegava il suo mutismo. Per capire chi fosse, lo storico della medicina, Cezary Domanski, è andato alla ricerca delle sue tracce. «S’è trattato d’una sfida, perché per 150 anni non si è mai riusciti a sapere neanche come si chiamasse, e si trattava dello stesso uomo il cui cervello era messo in mostra nel museo e fotografato in una quantità di libri». Ma cercando attraverso i vecchi referti, finalmente Domanski ha scoperto il certificato di morte di Louis Victor Leborgne, nato a Moret (Francia) nel 1809. Domanski ha adoperato i referti d’archivio per scoprire che Louis Leborgne era uno dei sette figli di un insegnante e che i suoi fratelli avevano ricevuto un’educazione. Era venuto a Parigi ancora bambino.