Il Messaggero, 9 settembre 2015
Con la riforma della Sacra Rota cade una scure sul business delle cause d’oro. Così cresceranno i matrimoni bis in chiesa. Negli Stati Uniti solo il 34% dei cattolici praticanti ha una situazione familiare senza separazioni, in Italia la percentuale sale al 50%
Il processo “de nullitate”, circa la nullità di un matrimonio sacramentale, così come eravamo abituati a sentirne parlare, risaliva al 1750. Dopo 265 anni, e nonostante le eventuali (molto eventuali) buone intenzioni di coloro che lo celebravano negli ultimi cinque decenni, aveva addosso polvere, incrostazioni, varie sozzure e altre poco edificanti qualità. Tra queste, quelle più insopportabili erano la durata (mai sotto i tre anni) e l’esosità dei compensi che gli avvocati (e chi con loro) riuscivano ad ottenere allungando procedure, cause incidentali e altre amenità legulee.
Questo però solo in Europa, perchè negli Stati Uniti, dagli anni Settanta, i cattolici hanno diritto a processi snelli e meno macchinosi dei nostri. Del resto, negli States solo il 34% dei fedeli che seguono la messa ha una situazione familiare”normale”, mentre in Italia questa percentuale sale al 50%.
La vera rivoluzione delle nuove norme promulgate da Papa Francesco è contenuta in un’affermazione che monsignor Pio Vito Pinto, decano della Rota Romana e presidente della commissione di riforma del processo matrimoniale canonico ha pronunciato con inusuale calma, introducendo la conferenza stampa di presentazione dei due motu proprio di Papa Francesco, la «Mitis Iudex Dominus Iesus» per la Chiesa latina, e la «Mitis et misericors Iesus» per quelle orientali. «Sono norme», ha detto il prelato, «che rendono del tutto eccezionale l’intervento della Rota Romana». Non potendo riformare il sistema, come avevano invano tentato di fare Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, Papa Francesco lo ha “sic et simpliciter” cancellato, aiutato in questo proprio da colui che, in teoria, come capo della Rota, avrebbe dovuto difenderlo. Certo, in un sistema speciale come quello della Chiesa, dove il Papa decide liberamente, anche le decisioni drastiche come quelle di ieri sono più facili (almeno formalmente) da prendere. Però, anche oltre le mura leonine per comandare bisogna avere coraggio. Ha aggiunto monsignor Pinto: «Il Santo Padre ha passato questa decisione con gravità ma anche con grande serenità. Da ultimo ha voluto sentire quattro grandi esperti, poiché tutto è perfettibile, e questi esperti, che restano segreti, hanno fornito le loro osservazioni, hanno trovato che la sostanza e anche la forma del documento poteva lasciare il Santo Padre tranquillo». Ne consegue, che gli “stridori di denti” degli oppositori devono essere stati talmente forti e reiterati da indurre il Pontefice a ricorrere al parere di “super esperti”.
È noto che anche un autorevole membro della commissione riformatrice era del parere che la riforma del processo matrimoniale canonico dovesse essere approvata dal prossimo sinodo: un trucchetto dialettico difeso dagli accademici opusdeisti, per dare l’impressione che il Sinodo producesse qualcosa senza entrare nel merito delle discussioni dottrinali e pastorali volute dal Papa. In realtà, la riforma è totalmente ispirata al Concilio Vaticano II. E al magistero dei pontefici successivi ed è dal 1997 che, nelle grandi linee, era stata disegnata da una commissione riunita dall’allora decano della Rota, e poi cardinale, Mario Francesco Pompedda.
Ieri dunque la Chiesa di Papa Francesco ha tolto un altro tappo che in Europa impediva al Concilio di operare con le categorie della misericordia e della vicinanza alle anime. È come se ieri il Papa abbia deciso che i processi matrimoniali, nella Chiesa, passino dalle Corti di Assise ai tribunali monocratici e, addirittura, per i casi più eclatanti, solo davanti al “giudice di pace”. Ogni vescovo è ormai in condizione di giudicare sugli incidenti esistenziali dei suoi fedeli con equità e pastoralità. E questo spiana la strada anche alla possibilità di risposarsi in chiesa più velocemente. Speriamo che a nessuno di loro venga voglia di inventarsi altri “non negoziabili” cavilli.