Corriere della Sera, 9 settembre 2015
L’unica first lady precaria al mondo. Il posto fisso non ce l’ha ancora la professoressa di italiano e latino Agnese Landini e anche quest’anno si dovrà accontentare di una supplenza annuale al Balducci di Pontassieve dove abita con figli e (quando c’è) marito. Così la moglie del premier Matteo Renzi ieri mattina si è messa in coda con i colleghi per l’assegnazione della cattedra
Il posto fisso non ce l’ha ancora la professoressa di italiano e latino Agnese Landini e anche quest’anno si dovrà accontentare di una supplenza annuale al Balducci di Pontassieve dove abita con figli e (quando c’è) marito.
Eppure la moglie del premier Matteo Renzi in una graduatoria è al primo posto: è l’unica first lady precaria al mondo. Che ieri mattina, qualche minuto dopo le undici, si mette in coda con i colleghi (anch’essi precari) davanti all’istituto superiore (tecnico e liceo) «Russell-Newton» di Scandicci, comune nell’immediata periferia di Firenze. E inevitabilmente si sdoppia in due ruoli a prima vista agli antipodi: insegnante in cerca di una cattedra vacante e moglie del presidente del Consiglio alla guida di quel governo che ha varato una riforma con tanto di assunzione di migliaia di precari della scuola. Riforma che martedì per il primo giorno di scuola proprio a Firenze sarà contestata con assemblee di quattro ore dalle 8 alle 12, uno sciopero al quale la signora Renzi non par teciperà.
Davanti ai colleghi la «doppia Agnese» se la cava con maestria, tra abbracci, qualche battuta ironica («deporteranno pure lei?») e una raffica di domande. Risponde con diplomazia, ma non rinuncia a lanciare qualche strale criticando anche il metodo dell’assegnazione delle supplenze. «Spero proprio che questo rito penoso finisca, è umiliante per gli insegnanti», dice. E subito dopo racconta di un disguido tecnico: «Siamo stati convocati per le 10. Ero già in auto quando un’amica mi ha telefonato per dirmi che noi dell’area umanistica eravamo spostati alle 14. Poi un’altra telefonata che mi avvertiva che forse avevano cambiato idea. E allora eccomi qui, se si fa tardi starò qui fuori a prendere un po’ di sole».
Abbronzata lo è già la signora Renzi, occhiali da sole, blusa senza maniche color «bluette», pantaloni bianchi. Che cosa le piacerebbe? «Vorrei per una volta insegnare dal primo giorno di scuola. Non l’ho mai fatto, deve essere bello accogliere i ragazzi», risponde ai cronisti. Desiderio esaudito. Al termine della giornata, la commissione le assegnerà l’incarico dal primo giorno di scuola.
Ma prima quel posto c’è da sudarselo, come tutti gli altri, con quasi sette ore di attesa e con i colleghi che la assediano con tante domande. Che non sono affatto maliziose o irriverenti, a dire la verità. Come Alessandra, docente di Diritto, diciassette anni di supplenze in giro per l’Italia, che chiede perché la sua materia non sia obbligatoria e la first lady che risponde che «non esiste alcuna finalità punitiva, perché il Diritto è importante anche per formare un cittadino e che con l’autonomia si potranno fare corsi di questa materia senza sacrificarne altre». E poi le chiedono del «preside manager», che la first lady difende: «Insieme al collegio dei docenti – argomenta – può progettare percorsi didattici e formativi per ogni istituto» e questo grazie «al maggior numero di insegnanti e fondi previsti dalla riforma».
Non mancano le battute. «Questi ragazzi non sanno cos’è l’Imu, la Tasi…», dice sconsolata una collega. E Agnese sorridendo risponde: «Li capisco, la tasse cambiano nome ogni anno…». Risate. Poi la gioia dell’incarico: «Ci sarà un primo giorno di scuola anche per me come insegnante. Ho scelto il part time per fare anche la mamma».