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 2015  settembre 08 Martedì calendario

Walter Palmer, il dentista americano accusato di aver barbaramente ucciso il leone Cecil, rompe il silenzio e tenta di difendersi con una improbabile controffensiva. «Se avessi saputo che questo leone aveva un nome ed era così importante per lo Zimbabwe, di certo non lo avrei ucciso. Nessuno di noi, del nostro gruppo di caccia, ne era a conoscenza»

Walter Palmer non ci sta. Il dentista del Minnesota, accusato di aver barbaramente ucciso Cecil, il leone simbolo dello Zimbabwe, rompe il silenzio nel quale si era trincerato per oltre un mese, e tenta di difendersi con una improbabile controffensiva. «Se avessi saputo che questo leone aveva un nome ed era così importante per il Paese, di certo non lo avrei ucciso – spiega il cacciatore veterano dei safari – Nessuno di noi, del nostro gruppo di caccia, ne era a conoscenza».
La difesa
Il dentista affida la sua difesa a un’intervista congiunta con Ap e Minneapolis Star Tribune, nella quale contesta la versione dei fatti che è rimbalzata sui media di tutto il mondo, in merito all’uccisione del beneamato felino. Esprime preoccupazione per l’animosità con la quale l’opinione pubblica ha inveito nei suoi confronti, e si dice preoccupato per l’incolumità propria e della propria famiglia. Ribadisce di «aver agito nel rispetto delle leggi» e afferma infine di voler tornare al lavoro e alla vita di sempre.
Dopo che il 55enne dentista americano è stato indicato come il «killer» di Cecil, alla fine di luglio, la sua clinica di Bloomington e l’abitazione di Eden Prairie, sono diventati luoghi di protesta, mentre la casa di villeggiatura in Florida presa di mira con atti di vandalismo. Sui social media il dentista è divenuto bersaglio di massa, con minacce di violenza nei suoi confronti. Nel corso dei 25 minuti di intervista, Palmer si dice «straziato» per aver creato tanti problemi ai collaboratori della sua clinica dentistica, costretta a rimanere chiusa sino alla fine di agosto. E allo stesso tempo si è detto in colpa nei confronti della moglie e della figlia grande, che a loro volta si sentivano minacciate. Cecil era un’istituzione al Hwange National Park, ed era stato munito di un collare con Gps, dai ricercatori dell’Università di Oxford, come parte di uno studio.
La ricostruzione
Palmer ha raccontato di aver centrato il felino dalla criniera nera utilizzando una freccia tirata dal proprio arco «compound» di caccia e mirando al di fuori del parco protetto. Cecil non è morto immediatamente – e fin qui i fatti sembrano coincidere – ma il dentista contesta la tesi degli ambientalisti, secondo cui il leone avrebbe vagato tra la vita e la morte per circa 40 ore, per essere poi finito con un colpo di pistola. La versione di Palmer è che il leone è stato intercettato di nuovo dalla sua squadra il giorno successivo, e raggiunto di nuovo con una freccia. Racconto questo che non ha convinto, anche perché si è sommariamente decisa la sua colpevolezza per il suo background, per il fatto di essere un avido cacciatore, e per una condanna del 2008 dovuta a una falsa dichiarazione sull’uccisione di un orso bruno in Wisconsin, al di fuori della zona di caccia autorizzata. Allora fu condannato a un anno di libertà vigilata e 3.000 dollari di multa. Cosa rischi stavolta il dentista non è chiaro, i suoi compagni di caccia hanno avuto già incriminazioni da parte del governo dello Zimbabwe «per aver agevolato l’uccisione di Cecil», e sembra che Harare abbia chiesto l’estradizione del dentista. Il governo Usa si deve ancora esprimere, intanto non sembra che Palmer abbia intenzione di tornare nel Paese africano: «Ci sono stato più volte, ho sempre rispettato le leggi, sul futuro non ho certezza».