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 2011  aprile 03 Domenica calendario

Il francobollo che Napoleone III mise su una lettera spedita a Vittorio Emanuele II

«Cara Rosina, entrati oggi alle 10 a Roma dopo un combattimento di 5 ore. Ti scrivo, dunque sono vivo e sto bene». È uno spirito pratico questo bersagliere, che si chiamava Giacomo e scriveva all’amata subito dopo aver varcato la breccia di Porta Pia. Era il 20 settembre 1870 e la sua fu una delle primissime lettere a partire da Roma, affrancate con un francobollo del Regno d’Italia. Accanto a questa un’altra busta, affrancata con un francobollo del Vaticano e che riporta il timbro con la stessa data: 20 settembre 1870. Queste rarissime missive e soprattutto le loro affrancature sono visibili nella Sala della Lupa della Camera dei Deputati, che ospita (fino a martedì) la mostra «Quel magnifico biennio 1859 -1861», organizzata dalla Federazione delle società filateliche italiane con il gruppo parlamentari amici della Filatelia, presieduto da Carlo Giovanardi. Ma non si tratta di una mostra filatelica, è molto di più: «Attraverso documenti spesso rarissimi – spiega il curatore Bruno Crevato Selvaggi— abbiamo l’opportunità di osservare la storia italiana da un’ottica inedita e privilegiata. Per molto tempo la posta ha avuto una centralità nella vita sociale, era l’unico modo per avere notizie, non solo per i politici o i militari, ma per le famiglie». Ecco spiegato l’unico provvedimento preso a Napoli da Garibaldi nel 1860, stampare un francobollo economico per rendere più libera la circolazione dei giornali. Ecco, dunque, spiegata la presenza in mostra di un unico, ma straordinario, dipinto: La lettera dal campo di Gerolamo Induno. Un vero e proprio emblema di un’esposizione che presenta documenti eccezionali come la lettera, inedita, scritta da Napoleone III a Vittorio Emanuele II il 29 aprile 1859. Di straordinario valore filatelico anche alcuni francobolli di quell’interregno tra due epoche che per molti piccoli Stati italiani fu il secondo semestre 1859. In quei mesi venne stampato, ad esempio, il famoso «3 lire» della Toscana, dal prezzo esorbitante per l’epoca, quando per una lettera bastavano 20 centesimi e che oggi vale oltre un milione di euro. La mostra ne propone addirittura due. Ma il viaggio nella storia di come gli italiani hanno comunicato il loro farsi Stato unitario parte dai primi moti carbonari e arriva in pieno Novecento: a quel 3 novembre 1918 quando Trieste, appena tornata italiana viene sorvolata da un dirigibile che si ferma sopra piazza Grande oggi piazza dell’Unità: un ufficiale getta dalla cabina una lettera. Qualcuno la raccoglie e la porta all’ufficio postale che imprime la data e la spedisce. «Dal cielo di Trieste, abbracci, Gaetano» scrive il figlio alla madre, la marchese Catalano Gonzaga che la riceve a Napoli due settimane dopo.