Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  settembre 07 Lunedì calendario

La guerra fra aspiranti camorristi a Napoli ha fatto registrare una nuova vittima, una ragazzo di 17 anni, Gennaro Cesarano, colpito per strada alle spalle da un colpo di pistola. Il conflitto fra bande vede come protagonisti giovanissimi, spesso minorenni, che non hanno ancora abbandonato le rapine e non hanno ancora preso il controllo delle piazze di spaccio. Vogliono arrivarci, e si impongono sparando

C’è una guerra a Napoli, e l’ultima vittima aveva 17 anni. Somiglia esattamente a una guerra di camorra, l’ennesima, ma in realtà nemmeno lo è. La camorra ha organizzazione e grandi numeri: appalti, riciclaggio, traffico di droga. Questa invece è una guerra di bande, di aspiranti camorristi. Giovanissimi, spesso minorenni, che non hanno ancora abbandonato le rapine e non hanno ancora preso il controllo delle piazze di spaccio. Vogliono arrivarci, e si impongono sparando. Si combatte nel centro storico: rione Sanità, Forcella, i Vergini. Ma da un paio di notti si sono accesi focolai pure dall’altra parte della città, al Rione Traiano, dove un anno fa un ragazzo fu ucciso da un carabiniere durante un inseguimento.
L’emergenza maggiore però è in centro. Da tempo, non ogni notte ma quasi, arrivano al 113 segnalazioni di sparatorie. «Batterie» di ragazzi sfrecciano in moto e fanno fuoco all’impazzata. A volte sono raid solo intimidatori, sparano sulle auto, in aria, dove capita. Altre volte no. E non lo è stato l’altra notte, quando in piazza Sanità è stato ammazzato Gennaro Cesarano, che aveva 17 anni e abitava a due passi, nella stessa strada in cui visse Totò. Era fermo con altri ragazzi nei pressi di una chiesa quando da un vicolo sono sbucate le moto e il gruppetto è stato preso di mira. «Qualcuno degli amici che era con lui mi ha detto che hanno sentito gli spari già quando le moto erano lontane ancora cento metri, sono scappati ma lui è rimasto indietro ed è stato colpito», racconta il cugino in un video diffuso da ilmattino.it. La polizia ha recuperato diciotto bossoli di diverso calibro, ma un solo proiettile ha centrato Gennaro alla schiena e lo ha ucciso.
Se volessero colpire proprio lui o se invece hanno sparato nel mucchio, solo per «fare il morto», tanto un obiettivo valeva l’altro, le indagini della squadra mobile non hanno ancora potuto stabilirlo. I parenti e gli amici di Gennaro dicono che il ragazzo non c’entrava niente con i delinquenti del suo quartiere. Una volta era stato denunciato per una tentata rapina, ma chi lo conosceva giura che si era tirato fuori. Andava a scuola all’Alberghiero, voleva diventare pizzaiolo e faceva pure volontariato con i bambini. è possibile, anzi è probabile, anche che abbiano ragione loro. In questo momento a Napoli è possibile tutto, persino che si ammazzi qualcuno per dare maggiore prova della propria forza, o per diffondere il terrore nel quartiere. Un quartiere che però sta cercando di reagire. Sono le mamme di ragazzi come Gennaro a lanciare appelli e chiedere la mobilitazione. «Nessuno verrà a salvarci, tocca a noi fare qualcosa», ha ammonito ieri il padre comboniano Alex Zanotelli durante la messa all’aperto celebrata insieme con don Antonio Loffredo, un sacerdote che ha fatto moltissimo per i giovani della sua parrocchia. La Chiesa, come da tempo alla Sanità, è partita per prima. Ora toccherebbe al resto della città.