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 2015  settembre 07 Lunedì calendario

La collezione Bertone va all’asta. 79 vetture tra le quali alcuni esemplari mitici come la Stratos Zero, la Miura Lamborghini, alcune Alfa Romeo, le Lamborghini Countach e Espada, FiatX1/ 9, e ancora prototipi della Ferrari Rainbow, della Aston Martin, della Chevrolet Ramarro, della Bertone Nivola saranno messe in vendita il prossimo 14 settembre. Che sia per le vicende giudiziarie che hanno contrapposto la vedova e le eredi di Nuccio Bertone, per la tragica scomparsa di Andrea Pininfarina col seguito di difficoltà finanziarie o per il passaggio dell’ultima quota Italdesign di Giorgetto Giugiaro ai tedeschi della Volkswagen, piovono di nuovo polemiche per l’ennesimo patrimonio italiano non tutelato

Si svolgerà quasi in contemporanea con la sessantaseiesima edizione del Salone dell’auto di Francoforte, cominciando il 14 per concludersi il 28 settembre. Con quale risultato è difficile dirlo, senza finire sul terreno delle voci non confermate. È certo comunque che l’asta della collezione storica della Bertone è un fatto che va oltre le vicende ereditarie e giudiziarie, arrivando a segnalare il tramonto di una “scuola” che tende a rassomigliare sempre di più a una scomparsa definitiva nel cambio d’epoca dell’industria automobilistica mondiale rispetto al quale l’Italia si è fatta sorprendere attardata e incapace di reagire. Perché i suoi carrozzieri, Pininfarina, Bertone, Giugiaro, quelli che per oltre mezzo secolo hanno dettato legge nel mondo in fatto di stile ed eleganza, non ci sono più o sono diventati pezzi marginali di altri gruppi o fanno qualcosa di molto meno affascinante di una Miura. Così vanno le cose in questo inizio d’autunno del 2015 ed è bene che si sappia perché in non pochi casi il realismo è preferibile all’ottimismo mal riposto.
Nuccio Bertone ci teneva a quelle vetture più di quanto un collezionista possa mai amare dei pezzi rari e di pregio in suo possesso. Lui le amava perché erano le sue creature, la sua vita, la sua storia e quella dell’azienda fondata dal padre. Ora sono in un salone di Caprie, Bassa Valle di Susa sulla via romana delle Gallie, dove un giorno la Bertone aveva coltivato l’illusione di trasformarsi da atelier in fabbrica. Conservate come reliquie sono in attesa che qualcuno le compri in blocco assicurando una sopravvivenza degna della loro storia. Sono 79 vetture tra le quali alcuni esemplari mitici come la Stratos Zero, la Miura Lamborghini, alcune Alfa Romeo, le Lamborghini Countach e Espada, FiatX1/ 9, e ancora prototipi della Ferrari Rainbow, della Aston Martin, della Chevrolet Ramarro, della Bertone Nivola.
La base dell’asta è di 1.587.200 euro, persino contenuta rispetto alla posta in gioco, mentre per conquistare il marchio i milioni necessari dovranno essere almeno tre. È evidente che se fosse possibile battere i singoli modelli anche uno solo potrebbe raggiungere la cifra attuale di partenza per l’intero lotto. C’è però un vincolo del ministero dei Beni culturali che impone la vendita in blocco della collezione e senza che essa possa lasciare l’Italia o essere destinata a qualche “spezzatino”. Particolari tecnici, ma ciò che importa, diciotto anni dopo la scomparsa del maestro Nuccio, è questo epilogo che, pur essendo diverso, richiama il destino complessivo dei carrozzieri torinesi ai quali sembra adattarsi il detto di Dickens “capitano incidenti anche nelle migliori famiglie”: che siano le vicende giudiziarie che hanno contrapposto la vedova e le eredi di Nuccio Bertone, la tragica scomparsa di Andrea Pininfarina col seguito di difficoltà finanziarie, il passaggio dell’ultima quota Italdesign di Giorgetto Giugiaro ai tedeschi della Volkswagen.
Certo, si dirà ed è abbastanza vero che la profonda metamorfosi dell’industria mondiale dell’auto ha modificato radicalmente il ruolo svolto dai carrozzieri torinesi negli anni ruggenti del Novecento. Non è una novità che molti costruttori si sono attrezzati con propri centri stile e alcuni tra coloro producono vetture di fascia bassa non se ne fanno un problema nel senso che difficilmente mettono in conto di rivolgersi a studi di design famosi e anche costosi. Tutto ciò non è sufficiente a cancellare la storia dei carrozzieri italiani consegnandola agli archivi anche perché essa è strettamente intrecciata a quella del made in Italy che ancora rappresenta una ricchezza meritevole di essere tutelata e sviluppata.