Corriere della Sera, 30 settembre 2009
Il Risorgimento è davvero stato opera della Massoneria?
Nella risposta a una lettera di Massimo Teodori, pubblicata sul Corriere della Sera del 16 settembre, riguardante il libro «Risorgimento da riscrivere» di Angela Pellicciari, avendo premesso correttamente che il libro non lo conosceva, lei concludeva il suo dire parlando di una specie di penitenza fatta da Berlusconi, sostenitore del libro, alla Chiesa per chiudere in fretta il caso Boffo. Mi permetto di consigliarle di leggere il libro in questione, che troverà più interessante di quanto immaginasse, con giudizi fondati su fatti storici che denunciano un comportamento pesantemente anti-cattolico del governo sabaudo del Risorgimento, atteggiamento confermato da una postfazione al libro elaborata dallo storico Franco Cardini.
Bruno Mardegan
mardegan.bruno@gmail.com
Caro Mardegan,
Ho finalmente il libro tra le mie mani e posso dirle, anzitutto, che non è una contro-storia del Risorgimento. È un saggio a tesi in cui l’autrice sostiene che l’unità nazionale fu opera della massoneria e che questa società di iniziati ebbe una parte determinante nell’ispirare la politica ecclesiastica del Regno di Sardegna sino al 1861 e del Regno d’Italia negli anni seguenti. Le principali fonti dello studio di Angela Pellicciari, pubblicato dalle Edizioni Ares, sono naturalmente i testi della storiografia cattolica e i pronunciamenti papali, fra cui in particolare la lettera con cui Leone XIII, l’8 dicembre del 1892, esortò i cattolici alla resistenza contro «la massoneria (...) nemica ad un tempo di Dio, della Chiesa e della nostra patria». Ma una delle sue citazioni preferite è tratta dal discorso di Antonio Gramsci alla Camera, nel maggio del 1925, quando venne in discussione il disegno di legge del governo Mussolini per la soppressione della massoneria. Nel suo unico discorso parlamentare Gramsci sostenne che «la massoneria in Italia ha rappresentato l’ideologia e l’organizzazione reale della classe borghese capitalistica». Ma il suo giudizio era marxista e classista, mentre quello di Angela Pellicciari è fondamentalmente religioso e colloca questa scrittrice nella pattuglia del più intransigente guelfismo italiano.
Non è necessario essere d’accordo con le sue idee per apprezzare la bellicosa passione che corre attraverso le pagine del suo libro. Ma temo che il pregiudizio anti-massonico abbia avuto l’effetto di oscurare l’esistenza di altre componenti del Risorgimento. Pellicciari dimentica che vi furono cattolici (Alessandro Manzoni e Bettino Ricasoli per esempio) che credettero nell’unità e sognarono una Chiesa costretta dal movimento nazionale a riformarsi e a rinnovarsi. E soprattutto non si chiede perché tutti questi «massoni», di cui vede ovunque l’influenza funesta, pretendessero Te Deum per i loro trionfi e funerali in chiesa per i loro morti. Non erano massoni, caro Mardegan, ma «giuseppinisti» o giurisdizionalisti, vale a dire convinti, come l’imperatore d’Austria Giuseppe II e i principi illuminati del Settecento, che lo Stato avesse il diritto di regolare gli affari ecclesiastici e impedire alla Chiesa d’interferire nell’esercizio del potere civile. La massoneria, dal canto suo, ebbe forti ideali e generosi principi, ma finì per diventare camarilla e società di mutuo soccorso.
Quanto a Berlusconi, caro Mardegan, mi chiedo ancora una volta come interpretare il suo invito alla lettura. Ha dimenticato di essere stato per qualche tempo membro di una loggia massonica? Voleva pentirsene pubblicamente? O parlava di un libro non letto?