La Stampa, 27 luglio 2009
Gli Scapigliati, troppo stanchi del mondo
Ancora oggi si discute su cosa fu la Scapigliatura e su chi fossero i suoi esponenti nelle arti visive. Questa mostra assai corposa, 250 opere fra dipinti, sculture, grafiche, incisioni, testi, foto, e la scelta di 38 artisti, offre una risposta autorevole: la curatrice è Annie-Paul Quinsac, fra le migliori esploratrici dell”800 italiano. Entrando nelle sale di Palazzo Reale, ci si domanda fino a che punto gli Scapigliati furono un vero movimento, legati a una Milano in ascesa con aspirazioni di metropoli, insofferenti dell’Italia postunitaria, del suo conformismo, di tutto ciò che una società insidiata dalle ciminiere che spuntavano dappertutto poteva produrre. Ammaliati dal verbo di Zola come da Baudelaire, oltre che dalle novità culturali affluite dalla Germania gli scapigliati si lanciano contro il Romanticismo nelle appendici più retoriche e illanguidite, contro il rumore della civiltà industriale, contro la pittura d’accademia. Insomma un gruppo di ribelli, affetti da disagio esistenziale, che vivevano la «bohème» e si ritrovavano nei caffè per discutere come rinnovare arte, musica, letteratura (apripista furono queste due discipline).
Il nome Scapigliatura scaturì dal romanzo di Cletto Arra ( pseudonimo di Carlo Righetti, La Scapigliatura e il 6 febbraio (1861-62) sulle inquietudini d’un gruppo di «scontenti e ribelli... vero pandemonio del secolo... serbatoio... dello spirito di rivolta a tutti gli ordini stabiliti». Fra i «bohemièns» taluni scomparvero presto: Cremona si suicidò come Camerana, Praga morì a 36 anni di tisi, Tarchetti di tifo a 30. Furono davvero un «pandemonio» come la sonnolenta Milano d’oggi va ripetendo? In pittura si imposero come avanguardia, pur se taluni esiti deludono, ma esercitarono influssi innegabili sulle future avanguardie.
La mostra prende l’avvio negli Anni 60, con l’antecedente Piccio, Poi e una sezione di precursori: Faruffini e Carcano, Mosè Bianchi, e in certo senso Bertini, professore dei «ribelli» all’Accademia di Brera. L’elaborazione del nuovo linguaggio vede uniti Ranzoni, Cremona, Grandi che diedero vita alla «macchia» scapigliata e alla scultura pittorica, con materia fluida dove la forma si fa colore, suggerendo il reale. Cremona, approdato da Pavia, con attenzione al Piccio, e un periodo a Venezia, allievo del Bertini e Hayez, impiega il colore in un luminismo speciale come nel vigoroso Amaro calice 1865. Gli Anni”70 registrano Ranzoni e Cremona e poi Gignous intenti a creare un’estetica del «non finito». Al calare delgli Anni 70 (il catalogo Marsilio ripropone ogni decennio) compaiono i «Cremoniani», seguaci di Cremona, ciascuno a proprio modo, quali Conconi, Achini, Fontana, Mosè Bianchi. Ecco Grandi, scultore prodigioso di qualità notevole e in anticipo sul futuro. Gli Anni”80 svelano l’isolamento di Ranzoni, rientrato dall’Inghilterra trova una Milano mutata, che tuttavia gli commissiona ritratti. Affiorano le nuove leve, Conconi, Grubicy, cruciale anche gallerista per i divisionisti, Franzoni e Troubetzkoy, nella deliziosa Ragazza sul lago, dipinto del 1889. Una parte è dedicata ai futuri divisionisti, con esordi scapigliati: Grubicy, Morbelli, poderosi Previati. È il momento della scultura: dopo il controverso concorso indetto nel”79 viene assegnato a Grandi il monumento delle Cinque Giornate. Seguono Medardo Rosso, Troubetzkoy, Bazzaro fino a Bistolfi. A conclusione gli Anni”90, pittura e scultura vedono le nuove leve e riflettono l’elaborazione accademica della Scapigliatura in Pellini e nel pittore Rapetti. Una parte importante della Scapigliatura letteraria, con caricature, dipinti, e i documenti del Fondo Sommaruga, si trova alla Biblioteca di via Senato.