Corriere della Sera, 27 agosto 2015
Scagliando il giavellotto a 92.72 m, Julius Yego, 26 anni è il primo oro mondiale su prato della storia Kenya. Nato in un paese di fondisti e mezzofondisti ha dato la riprova che questo sport non ha confini
Del mondo che cambia Julius è l’ombelico morbido e il braccio armato. Il Kenya a due facce (in vetta al medagliere con 6 ori contro l’unico degli Usa ma ieri sulla lavagna dei cattivi per due casi doping: la quattrocentista Joyce Zakary e l’ostacolista Koki Manunga, subito sospese), oltre che correre, adesso sa anche lanciare. Scagliando il giavellotto a 92.72 m, laggiù sull’erba dove solo i miti Zelezny (98.48) e Parviainen (93.09) erano riusciti ad arrivare più lontano, Julius Yego a 26 anni è diventato il primo oro mondiale su prato del regno dei fondisti e mezzofondisti, a riprova che in questo sport globalizzato e rotondo come il pianeta, senza angoli dove nascondersi, chi si ferma è perduto.
Nicholas Bett, 22 anni, re dei 400 ostacoli e Yego, atterrato al centro Iaaf di Kuortane, Finlandia, da Cheptonon, distretto Nandi, non sono medaglie banali. Respinto come corridore, Julius si è appassionato al giavellotto guardando i video su You Tube. Non ha i quarti di nobiltà di Rudisha né i polmoni di Kemboi, può sopportare il freddo ma non la fatica estrema. Lasciare il Kenya per il grande Nord gli ha cambiato la vita come preferire lo sprint al calcio ad Abdul Hakim Sani Brown, classe ’99 (16 anni, 168 giorni), lo scolaro di Tokyo che ha impressionato nelle batterie dei 200. Nato a Fukuoka, mamma giapponese e padre ghanese, 10’’28 a Cali per sbranare l’oro al Mondiale junior, Sani Brown dichiara che dormire è il suo hobby. Di certo non sui blocchi: solo l’inesperienza, ieri sera, l’ha tradito nelle semi dei 200.
C’è una generazione di fenomeni che avanza verso Rio a tappe forzate, e nessuno – ahinoi – batte bandiera italiana. I bronzi in comproprietà nello sprint veloce, l’americano Trayvon Bromell e il canadese Andre De Grasse, papà di Barbados, hanno quarant’anni in due. Il cinese Jianan Wang bronzo nel lungo ne compie 19 oggi: è allenato da una vecchia conoscenza, lo statunitense Randy Huntington, già coach di Mike Powell ai tempi di quell’8.95 (Tokio 1991) scolpito nella sabbia e arrivato fino a qui. Se all’eritreo 19 enne (ma qui ci permettiamo di dubitare della carta d’identità) Ghirmay Ghebreslassie difficilmente riuscirà un’altra impresa come l’oro nella maratona conquistato a inizio Mondiale, il sudafricano Wayde Van Niekerk a 23 anni appena compiuti ha il futuro assicurato nei 400. Con una progressione irresistibile ha sfilato il giro di pista dalle grinfie di Kirani James (23 anni, grenadino, oro a Daegu e Londra) e del vecchio Merritt, collassando sul traguardo per una crisi respiratoria. Prima di essere portato via in barella Wayde, nato a Città del Capo e figlio di ex saltatori, ha stampato un 43’’48 che ha abbassato di quasi mezzo secondo il suo personale ed è diventato il quarto tempo all time dopo un certo Michael Johnson, Reynolds e Wariner. È giovanissimo anche il canadese Shawnacy Barber, 21 anni, signore dell’asta alla faccia di Lavillenie, frutto di una scuola che ha saputo decentrare con intelligenza, mettendosi in mano a bravi tecnici. E va veloce anche Shamier Little, 20 anni, argento nei 400 ostacoli con occhialoni da miope e fiocco verde in testa, l’americanina che ieri ha tamponato la fame degli Usa, a corto di medaglie pesanti.
Nel nuovo mondo che Pechino sta dipingendo sotto i nostri occhi, insomma, non c’è spazio solo per Bolt e le nazioni dominanti. Occhio all’olandese Dafne Schippers, primo argento iridato bianco nei 100 dal 2003, anche nei 200. Sembra calchi il tartan da una vita. Ha solo 23 anni e 66 giorni.