Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  agosto 26 Mercoledì calendario

La canzone di Christian De Sica: «"Canto anche se sono stonato" è diventata la colonna sonora della mia vita. Di quella sera ricordo tutto: per mano a mio padre attraverso i camerini, l’odore di cipria, le gemelle Kessler. Ma a catturarmi è stato Luttazzi, disinvolto, in smoking, con quel pezzo pieno di ritmo e ironia: mi sono detto che anch’io un giorno sarei salito sul palcoscenico con la stessa canzone». E così è stato: «Dall’82 dopo Sapore di mare con i Vanzina, film che m’ha dato il successo, me la sono cantata e ricantata più volte. Da lì la mia è diventata un’altra storia: non a caso Vacanze ai Caraibi di Neri Parenti che uscirà prima di Natale sarà il mio film numero 105, mica pochi eh?»

Canto il mio amore in sordina perché / cara temo di farmi sentire da te / ma da quest’oggi ho deciso di cambiare / provando ad urlare con voce da rock / mi faccio sei uova alla coque / e come una belva del ring / ti sforno quintali di swing / sperando di darti lo shock...
Quando Lelio Luttazzi si esibisce in Canto anche se sono stonato nel leggendario varietà televisivo Studio Uno è un sabato sera del 1961. Tra il pubblico in sala siede Christian De Sica che accompagna il padre Vittorio, ospite d’onore della puntata: ha soltanto 10 anni, ma si può mai programmare l’incontro con la canzone della vita?
«Di quella sera – racconta Christian – ricordo tutto: per mano a mio padre attraverso i camerini, l’odore di cipria, le gemelle Kessler. Ma a catturarmi è stato Luttazzi, disinvolto, in smoking, con quel pezzo pieno di ritmo e ironia: mi sono detto che anch’io un giorno sarei salito sul palcoscenico con la stessa canzone. Così Canto anche se sono stonato è anche diventata la colonna sonora della mia vita: l’ho canticchiata a scuola per un otto in latino, dopo un bel regalo di compleanno e, a seguire, in tutti i momenti felici».
Dal punto di vista professionale i top di felicità non sono stati immediati. «Ho avuto qualche particina nei lavori di mio padre, Rossellini, Samperi, Avati, Festa Campanile, ma ho pure fatto gavetta in Venezuela, all’inizio anche come cameriere. Poi un passaggio al Festival di Sanremo e soprattutto il varietà con Antonello Falqui, un maestro che m’ha definitivamente indirizzato verso il genere brillante-comico».
Il bisogno di lavorare, visto che il grande Vittorio (giocatore incallito e perdente) aveva lasciato molti film-capolavoro ma zero quattrini, lo ha educato più al realismo che al neorealismo. «Non basta essere figlio di De Sica per saper fare Ladri di biciclette. Se avessi seguito quel filone sarei stato un fallito». E non sarebbe nemmeno mai arrivato il momento di canticchiare la canzone della vita.
«Invece dall’82 dopo Sapore di mare con i Vanzina, film che m’ha dato il successo, me la sono cantata e ricantata più volte. Da lì la mia è diventata un’altra storia: non a caso Vacanze ai Caraibi di Neri Parenti che uscirà prima di Natale sarà il mio film numero 105, mica pochi eh?».
Così nella sfera professionale, ma in quella personale? La migliore occasione di sussurrare Canto anche se sono stonato resta, quasi 40 anni fa, il giorno del matrimonio con Silvia Verdone, poi mamma di Brando e Mariù.
«Ero in classe con suo fratello Carlo al Collegio Nazareno, frequentavo casa loro, lei era una ragazzina, aveva 7 anni meno di me, ma a un certo punto l’ho corteggiata e non ci siamo più lasciati. Il segreto? Rispetto, complicità, senso dell’umorismo».
Il sogno del Christian bambino a Studio Uno si realizzerà finalmente nel 2007-2008 con lo spettacolo teatrale Parlami di me firmato da Enrico Vaime: smoking, palcoscenico, riflettori e naturalmente Canto anche se sono stonato addirittura di fronte al suo idolo Luttazzi, scomparso un paio d’anni dopo.
«Lelio venne al teatro Sistina con sua moglie Rossana e mi riempì di complimenti: gli ho sempre voluto bene e devo anche a lui la passione per Cole Porter e una certa musica. Ma al di là dei sentimenti è stato un artista completo, elegante intrattenitore e uno dei pochi musicisti italiani capaci di fare swing americano con testi italiani, cosa non facile. Comunque nel 2006 gli avevo già dedicato un tributo con il cd Per amore : assieme a Mina, Morandi e altri abbiamo cantato le sue più belle canzoni».
Ma c’è ancora spazio e ci sono ancora talenti per quelle luci, quelle musiche e quel tipo di varietà eleganti?
«Se pensiamo alla meravigliosa televisione tipo Studio Uno non dobbiamo illuderci: orchestra, attori, balletto, ospiti di quel calibro oggi avrebbero costi purtroppo insostenibili. Peccato perché i talenti non mancano e, giusto per citarne uno, Fiorello non ha nulla da invidiare a Walter Chiari».
Per quanto riguarda la possibilità futura di accompagnare ancora Canto anche se sono stonato a un momento professionale felice, Christian pone una priorità.
«Portare sullo schermo la storia de La porta del cielo, un film di mio padre girato nella Roma occupata dai nazisti. Papà mascherò da finte comparse 300 fra ebrei, comunisti e altri ricercati all’interno della basilica di San Paolo. E salvò loro la vita».