Il Messaggero, 25 agosto 2015
Un mistero chiamato García Lorca. Mentre da 80 anni si cerca la tomba del poeta, due libri usciti in Spagna riaprono il giallo sull’esumazione della salma e sul luogo nel quale sarebbe sepolta. Nei volumi curati da Marta Osorio, un carteggio rivela il trasferimentodel corpo dal burrone nel quale fu gettato dai franchisti. E si ipotizza che oggi sia in possesso della famiglia a Madrid
Potrebbe essere già stato esumato Federico García Lorca a metà degli anni ‘50? Da quasi otto decadi il poeta universale del Romancero Gitano, giustiziato con i suoi compagni di morte il 18 agosto del 1936, agli inizi della Guerra Civile spagnola, è il “desaparecido” eccellente della repressione franchista. Sebbene sia solo uno fra gli oltre 100mila repubblicani vittime della dittatura interrati nelle fosse comuni, condannati al “patto del olvido”, dell’oblio, nella Transizione alla democrazia, ai quali è ancora negata giustizia e riparazione, nonostante la legge di memoria storica approvata ormai da quasi due lustri.
Nei paraggi fra Viznar e Alfacar, vicino Granada, dove per anni si è creduto che il poeta e drammaturgo fosse stato sepolto, c’è la chiave di un mistero che perdura, dopo che le esumazioni e i sondaggi archeologici compiuti nel 2009 e nel 2013, gli ultimi a fine 2014, sono terminati in un nulla di fatto. E ora un nuovo giallo si aggiunge al mistero, dopo la pubblicazione in Spagna del libro El enigma de una muerte. Cronica comentada de la correspondencia entre Augustin Peñon y Emilia Llanos, della giornalista e scrittrice Marta Osorio. Il volume recupera il carteggio fra due personaggi centrali nella ricerca della verità sulla sorte di Lorca: Emilia Llanos Medina, l’unica amicizia amorosa dell’autore di Poeta a New York e sua confidente, donna colta e indipendente della buona borghesia di Granada, dove è morta nel 1967; e Augustin Peñon, figlio di esiliati spagnoli in America che, dopo un viaggio nella città dell’Alhambra nel 1955, decise di investigare in loco la morte di Lorca, per oltre un anno, in quella che fino a oggi resta l’inchiesta sul terreno più documentata.
TERRORE
In una Granada ancora immersa nel terrore della dittatura e in cui era ancora vietato pronunciare il nome del poeta, fucilato perché “comunista e omosessuale”, Peñon riuscì a conquistare la fiducia di Emilia Llanos, raccogliendo i ricordi delle serate condivise con Federico – fino all’arresto – e altri amici, fra i quali il compositore Manuel de Falla. Il frutto di quelle ricerche è contenuto nel suo libro postumo, Miedo, olvido y fantasia: Augustin Peñon, cronica de su investigacion sobre Federico García Lorca, curato dalla stessa Osorio nel 2001, del quale il libro da poco edito è il compendio. C’è una lettera, in particolare, che getta nuovi dubbi sulla possibilità di localizzare la tomba dell’autore de El Publico: l’eventualità che la sua salma sia stata trasferita dal luogo dell’esecuzione segnalato dai testimoni già nella metà del secolo scorso.
LA FOSSA
Peñon, che aveva battuto palmo a palmo la zona fra Alfacar e Viznar e il burrone dove i franchisti giustiziarono centinaia di persone, aveva individuato la fossa sotto un ulivo, a pochi metri dalla strada e vicino alla Fuente Grande del parco attualmente intitolato a García Lorca. Pensava addirittura di acquistare il terreno, prima di essere costretto dalla pressione del regime a rientrare a New York, per il timore che gli fosse confiscata la valigia con l’abbondante documentazione raccolta, poi finita nelle mani di Marta Osorio. In una missiva datata 12 marzo 1957, Emilia Llanos lo informa, con la cautela dovuta al rischio che la missiva possa essere intercettata dalle autorità franchiste, che «El Alegria, il proprietario della terra dove tu sei stato ad Alfcar, vuole vendere il terreno dell’ulivo».
Ma, in una successiva, del 25 maggio, lo avverte che «dobbiamo lasciare perdere per ora la questione degli ulivi, non è opportuna». Fino al 7 luglio, quando una nuova lettera apre interrogativi inquietanti: «Non ci interessa più comprare i terreni dell’olivo. Quello che c’era non c’è più. Capisci? Si suppone che già da molto tempo sia a Madrid con la famiglia. Me l’ha raccontato una persona al corrente. Che impressione ti fa questa notizia? Personalmente mi ha inquietato molto. Dov’è adesso?». Nella risposta alla Llano, Augustin Peñon riconosce: «Mi ha interessato moltissimo la tua notizia sul cambio di localizzazione del nostro amico. La persona che te l’ha detto è di tua assoluta fiducia? Lo sa da fonti sicure? Hai discusso con lei del luogo che noi abbiamo scoperto e, se è così, l’ha riconosciuto come l’autentico?».
DUBBI
Per rispondere ai dubbi dell’investigatore, Emilia Llanos – alla quale la famiglia di Lorca era ricorsa all’epoca dell’arresto, perché intercedesse tramite Manuel de Falla con le autorità militari per ottenerne la liberazione – assicurava: «Quello che ti ho raccontato del nostro amico sembra certo, la stessa attitudine della famiglia è strana, non posso dirti per lettera chi me l’ha rivelato, un’alta persona. Sì, il luogo era fra gli ulivi, poi gli hanno cambiato posto». La famiglia del poeta, rientrata in Spagna negli anni ’50 dopo un lungo esilio all’estero, ha sempre negato fermamente di aver esumato i resti di Federico, per dargli sepoltura nella proprietà domestica. E non esistono prove di questa ipotesi, pure ventilata da ricostruzioni di storici e ricorrente nei racconti orali a Granata.
La stessa autrice del libro, in dichiarazioni a El Pais ha ammesso che «le lettere aggiungono incertezza» e non esclude che il corpo di Lorca sia stato trasferito dai franchisti, per evitare che il luogo della sepoltura divenisse meta di pellegrinaggio, o dai familiari stessi del poeta. «Non si è fatto nulla né nessuno sa nulla», denuncia.
Con il rammarico perché non è mai stato avviato un programma serio di ricerche, a partire dalla documentazione di prima mano raccolta da Penón. Ed è di qualche giorno fa la notizia che l’Associazione per il recupero della memoria storica (ARMH) ha presentato una denuncia per la “scomparsa” di García Lorca al giudice argentino Maria Servini, che dal 2000 indaga a Buenos Aires sui crimini franchisti, dopo aver ricevuto un rapporto anonimo del comando superiore di polizia di Granada, datato 1965. Secondo il presidente della ARMH, Emilio Silva, la documentazione «avalla la responsabilità dello Stato nell’omicidio del poeta».