Corriere della Sera, 25 agosto 2015
Joe Biden e la tentazione di correre per la Casa Bianca nel nome del figlio (e contro Hillary). Il vicepresidente americano da settimane è indeciso, tasta il terreno a sinistra, valuta gli umori della base democratica, soprattutto dopo le difficoltà della Clinton sul caso delle mail
Tasta il terreno a sinistra, valuta gli umori della base democratica, Joe Biden soppesa con attenzione anche i sondaggi, non tanto quelli che lo riguardano direttamente, quanto quelli che danno in calo le possibilità di Hillary Clinton di vincere la corsa alla Casa Bianca se dovesse deflagrare il caso delle email. Anche se il vicepresidente americano ha annunciato che rivelerà solo il mese prossimo se scenderà in campo, molti danno per certo che alle primarie democratiche ci sarà anche lui, e non come una riserva a corto di fiato entrata all’ultimo momento.
Biden si è ritirato nella sua casa di Wilmington (Delaware) proprio per riflettere, aveva detto lui stesso, sull’opportunità di un impegno in prima persona. Decisivo tessitore di relazioni per conto della Casa Bianca, fedelissimo di Barak Obama che lo considera come un fratello, solo da poco il senatore è tornato in piena attività dopo che si era allontanato per seguire la malattia del figlio Beau, scomparso a maggio per un tumore chiedendogli sul letto di morte di candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti. Se Biden lo farà non sarà solo per rispettare la volontà del figlio sfortunato, ma anche perché la situazione minaccia di diventare preoccupante in campo democratico.
Le quotazioni di Hillary Clinton scendono sempre più dopo che il dipartimento della Giustizia e l’Fbi hanno avviato un’indagine sul suo uso, quando era segretario di Stato, di un server privato per la posta elettronica al posto di quello dell’ufficio. La ex first lady ha consegnato la copia della memoria del computer per dimostrare di non aver mai ricevuto o trasmesso documenti che riportavano formalmente la dicitura «riservato». Gli investigatori hanno però trovato traccia di oltre 300 mail contenenti informazioni sensibili, e se questo dovesse concretizzarsi in un’accusa formale di detenzione di documenti riservati o top secret, punita con il carcere negli Usa, per lei la corsa alla Casa Bianca si farebbe tutta in salita. Al quel punto Biden dovrebbe prendere il suo posto come front-runner mettendo in piedi in tempi record la macchina elettorale, cercando i fondi per farla camminare e fronteggiando la stessa Hillary Clinton senza poter contare sull’appoggio diretto del presidente Obama che, dicono gli osservatori, non potrebbe schierarsi pubblicamente con nessuno dei due. Con il segretario di Stato John Kerry impegnato nelle questioni internazionali, il 72enne senatore Biden appare l’unico in grado in questo momento di venire in soccorso dei democratici in caso di necessità estrema. Per questo motivo sabato scorso è partito all’improvviso dalla sua abitazione di Wilmington per raggiungere la residenza ufficiale di Elizabeth Warren a Washington. Warren, influente leader liberale, ha più volte dichiarato che non parteciperà come candidato alle primarie e, allo stesso tempo, non ha espresso il suo appoggio a favore di alcuno dei pretendenti. Secondo il Wall Street Journal, con lei Biden avrebbe valutato quali possibilità ci sono ancora per una campagna elettorale competitiva.
Nel frattempo il vicepresidente, che ha partecipato alle primarie già nel 1988 e nel 2008, si è scelto come portavoce Kate Bedingfield, ed anche se i componenti dello staff della Casa Bianca non possono partecipare ad attività prettamente politiche, non si può non ricordare come la stessa Bedingfield venga dall’industria cinematografica e sia stata portavoce del democratico John Edward candidato alla vicepresidenza alle primarie delle elezioni 2008.
Ieri Obama e Biden si sono visti a tavola per la prima volta dopo due settimane di vacanza. La questione «primarie» non può che essere stata il piatto forte del pranzo.