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 2015  agosto 24 Lunedì calendario

In Sicilia è scoppiata la battaglia per l’oro dei mosaici della Cappella Palatina. La Regione rivendica la proprietà dei decori come beni amovibili, ma Curia e Stato insorgono

Al grido “i mosaici sono miei“in Sicilia è in corso una battaglia senza esclusione di colpi. In ballo c’è la gestione di un gioiello dell’arte arabo-normanna appena inserito nel patrimonio Unesco. La Cappella Palatina di Palermo con i suoi splendidi mosaici realizzati da artisti di scuola bizantina per volere del normanno re Ruggero II alle soglie dell’anno 1150. Ma di chi sono oggi le tessere dorate incastonate tra le mura della Cappella? «Sono nostre», dicono dall’Assemblea regionale e dalla Regione. «No, sono nostre», rispondono dalla Curia e dal Fondo edifici di culto del ministero degli Interni. Al centro dello scontro un cavillo: possono essere considerati i mosaici quasi millenari della Cappella come beni amovibili?
Sembra una domanda paradossale, ma invece è il cuore del braccio di ferro sull’asse Roma- Palermo. In palio un bene visitato ogni anno da 370mila persone e che insieme a Palazzo dei Normanni, dove si trova la Cappella, registra incassi per due milioni di euro. La vicenda è intricata e pur affondando le sue origini nell’Autonomia siciliana – da allora la Cappella è gestita dall’Assemblea regionale (Ars) – ha una svolta nel 2010. Quando lo Stato cede formalmente alla Regione una serie di beni, dalla Valle dei Templi alla Cappella Palatina con annesso Palazzo dei Normanni che ospita proprio l’Ars.
Nell’accordo si stabilisce che il Palazzo passi alla Sicilia, ma i “beni mobili“all’interno della Cappella, cioè i tesori, i paramenti e gli oggetti di culto rimangono in capo alla Curia e al Fec. «Già allora da Roma e dalla Curia avevano provato a includere per iscritto tra i beni mobili anche le tessere dei mosaici, ma abbiamo evitato di inserire questa ipotesi nell’accordo parlando solo di “beni e tesori della Cappella”», ricorda l’ex assessore del governo Lombardo, Gaetano Armao. Nel frattempo, comunque, si era firmato nel 2005 un accordo con la Curia, col quale l’Ars s’impegnava a versare alla parrocchia della Cappella 120mila euro all’anno. Tutto bene? Manco per sogno. Secondo la Curia questa cifra è troppo bassa a fronte degli incassi registrati dalla Fondazione Federico II, ente dell’Ars che gestisce materialmente il sito. Così il cardinale di Palermo in persona, Paolo Romeo, si è presentato al ministero chiedendo di rivedere gli accordi. Il responsabile del Fec, il prefetto Mario Morcone, ha quindi convocato diversi incontri a Roma chiedendo di rivedere i patti. E con il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, che ha rivendicato i fondi già versati alla parrochia, è andato allo scontro: «Trovo meschine queste rivendicazioni», ha risposto piccato il prefetto. «La Cappella è un bene di culto che deve far parte del Fondo – ha aggiunto – Fino a oggi è stato un tesoretto per l’Ars, che l’ha sfruttata commercialmente per risanare i bilanci. Tanto che ha previsto un biglietto unico per la visita della Chiesa, al Palazzo e per le mostre, come quella di Botero. Sapendo bene che la gente va lì soprattutto per la Cappella. Questa storia deve finire. Se la mettono sul piano economico, dico che noi potremmo anche renderla fruibile ai turisti gratuitamente. Forse è questo quello che fa paura all’Ars e alla Regione. Spero si arrivi a un accordo».
Nella Cappella le visite vengono interrotte in caso di messe, battesimi e matrimoni. Ma come potrebbero la Curia e il Fec entrare nella gestione della Cappella? «In base all’accordo con lo Stato l’unico modo che avrebbero sarebbe quello di considerare amovibili le tessere dei mosaici – dice il presidente della Fondazione Federico II Francesco Forgione, ex deputato e presidente della commissione nazionale Antimafia – ma non è una follia definire le tessere come beni amovibili? Quella di Morcone è un’ingerenza. La verità è che la Curia chiede un ristoro di almeno 300mila euro. Il problema è tutto qui».
Forgione precisa che a fronte degli incassi vi sono notevoli spese per il personale e la manutenzione della Cappella: «La Curia e il Fec non hanno mai speso un euro per questo bene, noi siamo il fiore all’occhiello nella gestione dei monumenti siciliani: solo alla Cappella i visitatori trovano guide in sette lingue e anche in arabo, proprio nel rispetto del principio della multiculturalità che ha ispirato re Ruggero». Sulle tessere dorate la battaglia è solo all’inizio.