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 2015  agosto 24 Lunedì calendario

L’ossessione delle tarme. La tignola dei panni è la più insidiosa. Aprire gli involucri di plastica in cui sono conservati abiti, giacche, maglioni, calze e sciarpe di lana, a fine autunno, e trovarli bucati, è davvero una disdetta. Se ci sono farfalline che volano, il peggio è avvenuto. Troppo tardi

Quella delle tarme è senza dubbio un’ossessione. Siamo insidiati da questo parassita: tarme del cibo e dei vestiti. La tignola dei panni è la più insidiosa. Aprire gli involucri di plastica in cui sono conservati abiti, giacche, maglioni, calze e sciarpe di lana, a fine autunno, e trovarli bucati, è davvero una disdetta. L’ispezione del guardaroba e degli armadi è sempre gravida di delusioni. Se ci sono farfalline che volano, il peggio è avvenuto. Troppo tardi.
Le tignole svolazzanti – è un microlepidottero – non mangiano la lana o altro. L’hanno fatto in gioventù, cioè pochi mesi prima, quando erano ancora dei piccoli bruchi, come ricorda l’entomologo Karl von Frisch, premio Nobel, che si occupato di tarme. Questi bruchi si cibano di sostanze per noi indigeribili come lana, capelli, pellicce; possiedono infatti un enzima che permette di trasformarle in alimento. Esistono tre tipi di tignole: dei panni, delle pellicce e dei tappeti. Persino uno zoologo esperto in insetti fa fatica a distinguere tra loro le tre farfalline tanto sono simili.
La prima, quella dei vestiti, è senza dubbio la più diffusa; le altre due sono più rare, ma di tanto in tanto si trovano anche loro nelle nostre case, e allora sono dolori. Quando escono dall’uovo i bruchetti della tignola filano immediatamente un cunicolo di seta entro cui abitare; sono bravissimi a mimetizzarsi, perché rivestono questo specie di bozzolo con fili di tessuto o peli che hanno il medesimo colore della stoffa o della pelliccia in cui sono alloggiati. Chi li vede? Da lì dentro si sporgono appena, e cominciano a consumare il vestito, un filo alla volta. La forma regolare delle parti bucate dipende dal paziente movimento di divoramento attorno al bozzolo, e solo lì. Che fare? Esporre al sole e al calore estivo i vestiti: i bruchi fuggono. Ma occorre farlo fuori casa, perché altrimenti si è da capo.
Altra cosa: chiudere gli abiti dentro dei fogli di carta; i nostri nonni usavano carta da giornale. I bruchi non intaccano la carta, ma deve essere piegato a regola d’arte, senza buchi o aperture. Tra i prodotti chimici c’è la canfora e la naftalina. La seconda è tossica.
Ultima possibilità: la lotta ecologica. Il terebrante: un piccolo imenottero che scova i bruchi, li punge e vi depone un uovo che si trasforma in larva, la quale poi divora la tignola. Scrive von Frisch: l’ultima ora del bruco è suonata; fila il bozzolo che diventa la sua bara e la culla della pupa del terebrante. Amen.