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 2015  agosto 21 Venerdì calendario

Razzista, filonazista, carnefice e criminale. Ecco chi era Christian, il fratello di Simenon. Dopo la guerra venne addirittura condannato a morte, ma lui se ne era già scappato sotto falso nome con la Legione straniera. Morì in Indocina, combattendo per la Francia, nell’autunno 1947. Patrick Roegiers pubblica per Grasset il noir che Georges non ha mai voluto scrivere

Del presunto collaborazionismo di Georges Simenon (che in realtà fu ambigua indifferenza, più o meno colpevole, nei confronti dell’occupante nazista), si è già parlato, malgrado rappresenti ancora un mezzo tabù negli ambienti letterari parigini. E nonostante il malcelato imbarazzo del diretto interessato, finché fu ancora in vita. Ma il fratello minore dello scrittore belga, Christian, era rimasto finora sullo sfondo. Eppure, su di lui non ci sono dubbi : fu un collaborazionista militante, legato a doppio filo a Bruxelles al partito cattolico di estrema destra, il terribile Rex. Christian era razzista, filonazista. Fu un vero e proprio criminale. Dopo la guerra venne addirittura condannato a morte, ma lui se ne era già scappato sotto falso nome con la Legione straniera. Morì in Indocina, combattendo per la Francia, nell’autunno 1947. 

Memoria negata
È il noir che Georges si rifiutò sempre di scrivere. Neanche una parola su Christian nel suo pur voluminoso Memorie intime. A fine mese, invece, l’editore francese Grasset pubblicherà L’autre Simenon, un libro di Patrick Roegiers, altro scrittore belga trapiantato a Parigi, lui dal principio degli Anni Ottanta. Che ha deciso di affrontare il tema spinoso, la vita dimenticata di quel Christian. E ha scritto «L’altro Simenon» proprio sotto forma di un romanzo, anche se quello che racconta è praticamente tutto vero. Cominciamo dagli inizi: nella Liegi natale, Christian era il preferito di mamma Henriette, che non amava Georges, né i suoi libri (avrebbe tanto voluto che facesse il pasticciere). Da piccolo Christian era buono, gracile, allievo delle suore dell’istituto Notre-Dame, chierichetto assiduo. Da grande aderì al rexismo, fondato negli Anni Trenta da Léon Degrelle «per rendere tutta la sua purezza alla razza vallona». Christian Simenon balzò subito in prima linea, a partire dal 1940, l’anno dell’occupazione tedesca del Belgio. A fianco dei nazisti.

Collaborazionista e un criminale di quelli autentici: all’alba del 18 agosto fu lui in persona a scaricare il proprio revolver su un prete di Charleroi, Pierre Harmignie, che partecipò attivamente alla Resistenza. E che andava addirittura a rubare cibo per nutrire i bambini ebrei che nascondeva in canonica. Don Pierre fu l’ultimo a essere ucciso nel massacro di Courcelles: prima caddero altri 26 civili, uno dietro l’altro, tutti vittime del commando rexista guidato da Simenon. Era la loro risposta all’omicidio di Oswald Englebin, borgomastro di Charleroi, fedele a Degrelle, ucciso con la moglie e il figlio. Dopo la guerra, tra il maggio e l’agosto 1946 si svolse un processo relativo alla strage di Courcelles. E Christian venne condannato a morte. Ma lui ormai era già fuggito.

Legione straniera
Sotto falso nome (si faceva chiamare Christian Renaud) si era arruolato nella Legione straniera. Sembra che sia stato proprio Georges a spingerlo su quella strada, in segreto. Nella notte fra il 31 ottobre e il primo novembre 1947 morì combattendo. Aveva appena 41 anni. Henriette fu stravolta dalla notizia. La donna («morbosamente emotiva ma insensibile alle emozioni altrui», come disse un giorno Simenon) se la prese con il solito Georges, quasi fosse colpa sua di quella fine tragica e imprevista, perché lo aveva consigliato di diventare legionario (e sottrarsi a una condanna a morte...). Lo scrittore fece di tutto perché quella storia fosse dimenticata. E in parte ci riuscì anche, sebbene a Bruxelles tutti si ricordassero del «fratello cattivo».


Il cadavere nell’armadio
Roegiers, nel suo libro, tratta anche della vita di Georges negli anni della Seconda guerra mondiale, in parallelo a quella di Christian. Proprio grazie alla serie dell’ispettore Maigret, Simenon era già uno scrittore noto e ricco. Anzi, fu proprio in reazione alla fama del fratello che Christian si imbarcò in un collaborazionismo puro e duro, quasi eroico ai suoi occhi, a caccia di una ragione come altre per ritrovarsi sul palcoscenico della storia. Georges, invece, in quegli anni, restò relativamente discreto. Viveva nella sua tenuta in Vandea, nella Francia occupata. Collaborò, a dire il vero, con giornali pronazisti, come altri. Cedette i diritti esclusivi su Maigret alla tedesca Continental. Rifiutò di assistere rifugiati ebrei. Per il resto, scorrazzava su una coupé Delage e cavalcava purosangue nel vasto parco della sua villa. Vari anni prima, nel 1934, nel suo romanzo «Le sorelle Lacroix», aveva scritto che «ogni famiglia ha un cadavere nell’armadio». Se lo ritroverà pure lui.