La Stampa, 21 agosto 2015
Il viagra rosa e il diseases mongering, ovvero convincere le persone che stanno bene di essere malate e quelle che lo sono poco di esserlo gravemente, così da arruolarle nelle file dei consumatori di medicine. E dato che la vita sessuale offre un campo sterminato a questo fenomeno, abbiamo ora una nuova malattia «Hypoactive Sexual Desire Disorder», (carenza di desiderio sessuale fra le donne) e le stime sul giro d’affari previsto sono due miliardi di dollari l’anno
Sarà una conquista di parità, per le donne, la via farmacologica al desiderio e l’avvento della pillola, inevitabilmente rosa? La comparsa sulla scena del Flibanserin, o «Viagra femminile» è un caso da manuale di quel fenomeno noto come «diseases mongering».
Il fenomeno consiste nel convincere le persone che stanno bene di essere malate e quelle che lo sono poco di esserlo gravemente, così da arruolarle nelle file dei consumatori di medicine. Sovvertendo la logica che vorrebbe che i farmaci rispondessero all’esigenza di curare le malattie, i colossi farmaceutici – col supporto di uffici di pubbliche relazioni, agenzie pubblicitarie, enti di ricerca – «creano» sindromi e malattie sempre nuove, come dimostra la medicalizzazione esasperata dei normali processi della vita e il continuo abbassamento, negli ultimi anni, delle soglie di normalità di vari parametri biologici – pressione arteriosa, colesterolo, glicemia – che ha avuto l’effetto di moltiplicare i «malati» bisognosi di trattamenti farmacologici.
La vita sessuale – e le aspettative che vi sono collegate – offrono, naturalmente, un campo sterminato al diseases mongering. L’idea che le donne potessero essere curate con una pillola per un basso desiderio sessuale è nata alla fine del secolo scorso. Nasceva la «female sexual dysfunction», disfunzione sessuale femminile, la cui incidenza, secondo le statistiche, era piuttosto elevata tra le donne e tale da richiedere una cura. Dalle ricerche, avviate all’indomani della comparsa su mercato del Viagra, l’industria si aspettava risultati capaci di ripetere lo stesso miracoloso raccolto che non ha precedenti nella storia dei farmaci. Ma la strada che ha portato all’approvazione della pillola del desiderio al femminile è stata più lunga, difficile e tortuosa del previsto: la sessualità delle donne è un mistero, una faccenda complicata, difficile da trattare con una pillola come il Viagra. Si può pensare che una pillola possa risolvere i tanti problemi sociali che influiscono, nei vari contesti, sulla sessualità delle donne?
Per due volte la Fda – accusata di pregiudizi sessisti e di scarsa attenzione per la salute sessuale delle donne – ha respinto le richieste. L’ultima decisione, a favore della Sprout Pharmaceuticals, è maturata in seguito a quella che appare come una pressione, abbastanza inusuale, di una lobby formata da gruppi femministi influenti, società mediche e aziende farmaceutiche. Cosa che induce, in alcuni osservatori ed esperti, qualche preoccupazione sul ruolo di «argine» della Fda, da cui ci si aspetta una valutazione «evidence-based» e attenta alla salute di uomini e donne. A parte le scarse informazioni sui potenziali effetti collaterali di Flibanserin (come vertigini, svenimenti, nausea) e l’interazione del farmaco con altre sostanze come altri farmaci di prescrizione, c’è da considerare il fatto che deve essere preso ogni giorno, potenzialmente per anni, al contrario del Viagra: una cosa che non sembra «pareggiare i conti», per riprendere la parola d’ordine di uno degli agguerriti gruppi femministi («Even the Score») che ha criticato più duramente i due rifiuti precedenti. Avanti con la semplificazione della sessualità femminile e con la ipermedicalizzazione del corpo delle donne. Abbiamo una nuova malattia «Hypoactive Sexual Desire Disorder», (carenza di desiderio sessuale fra le donne) e le stime sul giro d’affari previsto: due miliardi di dollari l’anno.