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 2015  agosto 21 Venerdì calendario

Le due velocità dell’Italia su rotaia: rapidissima dove corrono i Frecciarossa e Italo, a passo di lumaca sui treni dei pendolari e sugli intercity, vittime collaterali dei tagli degli investimenti statali e dei trasferimenti alle Regioni. Aumentano gli utenti di Italo e Frecciarossa, nel frattempo Rfi ha tagliato la rete ordinaria di 1.189Km e lo Stato riduce i fondi al trasporto locale di 1,4 miliardi. Regioni e Ferrovie alzano le tariffe e promettono investimenti. Ma il presente resta quello di un servizio di scarsa qualità

L’Italia su rotaie viaggia a due velocità: rapidissima – e non potrebbe essere altrimenti – dove corrono i Frecciarossa e Italo. A passo di lumaca (spesso all’indietro come i gamberi) sui treni dei pendolari e sugli intercity, vittime collaterali – come molti servizi pubblici – dei tagli degli investimenti statali e dei trasferimenti alle Regioni. I numeri, in questo caso, sono pietre: la cavalcata dell’alta velocità non ha freni. Nel 2007 tra Roma e Milano viaggiavano 17 Eurostar al giorno. Ora sono oltre 80. Questi “servizi a mercato”, come li chiamano alle Fs – coccolati, promossi e sostenuti da adeguati investimenti per garantire un servizio al top e sopravvivere alla concorrenza – sono diventati il vero tesoretto dei conti del gruppo, visto che solo nel 2014 hanno garantito 113 milioni di ricavi in più con una crescita dell’8% dei passeggeri. Gli altri treni vivono invece in una realtà diversa, confinati in una sorta di serie B delle strade ferrate: dal 2009 ad oggi le linee ad alta velocità si sono allungate di 740 km. mentre i tecnici di Rfi hanno deciso di chiudere ben 1.189 chilometri della vecchia rete, calcola il rapporto Pendolaria di Legambiente. L’offerta di Intercity a lunga percorrenza – i convogli che dagli anni ’60 in poi hanno scritto la storia del boom italiano – è calata del 22% tra il 2010 e il 2013 con un altro -1,3% nel 2014.
Per chi vive la Cayenna quotidiana dei pendolari, va se possibile ancora peggio: le risorse statali a loro disposizione sono diminuite dal 2009 al 2014 di un quarto – complici soprattutto i drammatici tagli decisi dal Governo Berlusconi – crollando da 6,2 miliardi a 4,8. Risultato: i servizi, inevitabilmente, peggiorano. Anche perché le Regioni, che non nuotano nell’oro, non sono in grado di tappare il buco dei tagli dello Stato. E i clienti, disperati, gettano la spugna: il numero di italiani che usa il treno per andare a lavorare è diminuito nel 2014 di 90mila unità al giorno, scendendo da 2,86 a 2,77 milioni di persone.
Nessuno, in realtà, si stupisce. Le Ferrovie – in un paese costruito sull’auto – sono da sempre la Cenerentola dei nostri trasporti. Il 66% dei finanziamenti del piano infrastrutture 2002-2014 sono finiti in un modo o nell’altro sulle strade, per costruire viadotti, aggiungere corsie alle autostrade o stendere asfalto drenante antipioggia. Ben 6,9 sono andati all’alta velocità, 12,7 (il 12% del totale) al treni dei comuni mortali. Tanti o pochi? La risposta, cruda, la dà la realtà quotidiana di chi ci viaggia sopra. Certo, le tariffe per i pendolari in Italia sono tra le più basse (spessi di gran lunga) d’Europa. L’età media dei 3.290 convogli in viaggio è però di 18,6 anni e in alcune aree le cose vanno ancora peggio: in Abruzzo l’84% dei mezzi ha più di vent’anni, in Puglia il 66%. Non solo. Anche a velocità – uno degli indicatori di qualità del servizio – non brilliamo: la media lungo lo stivale è di 35,9 chilometri all’ora, contro il 46 della Francia, il 48 della Germania e al 51 della Spagna. Secondo uno studio Ansaldo-Breda e Legambiente basterebbero 4-5 miliardi per comprare 1.293 treni locali per ribaltare la situazione e metterci al passo dell’Europa. Ma per ora bisogna accontentarsi della buona volontà e delle promesse delle Fs che nel loro piano al 2017 – al netto dei 50 Frecciarossa mille ordinati per 1,6 miliardi – prevedono di mettere in circolazione 200 nuovi treni regionali e di rinnovarne 235. Gli investimenti, anche sul fronte del trasporto locale, fanno la differenza. Provare per credere: la Provincia di Bolzano è uno degli enti locali che più ha puntato sui servizi su rotaia, impegnando anche nel 2014 il 2,07% del suo bilancio per scommettere sulle ferrovie. E i conti tornano: dal 2001 allo scorso anno i passeggeri sono cresciuti da 11mila a 29mila. Lombardia, Friuli, Trento, Emilia Romagna e Toscana sono le altre regioni virtuose che stanziano più dello 0,5% del bilancio per i treni. Mentre in maglia nera ci sono Piemonte (nel 2014 ha investito 6,5 milioni per Pendolaria, lo 0,05% dei suoi soldi) e la Sicilia con 2,3 milioni. Cifra che spiega da sola come mai nell’isola ci siano 1.247 chilometri su 1.420 della rete a binario unico.
I governatori, ovviamente, tendono a puntare il dito contro lo Stato che tagliando i trasferimenti non li mette in condizione di scommettere sul treno. Un modo per supplire alla carenza di fondi, ovviamente, c’è. Ed è quello di alzare le tariffe per recuperare le risorse. L’hanno fatto in molti: tra il 2010 e il 2014 il Piemonte le ha aumentate del 47%, la Liguria del 41%, la Campania del 23,7%. Peccato che i ritocchi non siano serviti ad ampliare l’offerta, anzi: Torino l’ha tagliata del 7,5%, la Liguria del 9,8%, la Campania del 19%. E i viaggi dei pendolari in quest’ultima regione, per dire, sono crollati dai 429mila persone al giorno del 2009 ai 271mila del 2013. Mentre in Lombardia, Toscana e Puglia, dove si è speso di più, i numeri hanno tutti davanti il segno più.
Il futuro, come sempre accade in Italia fino a che non diventa passato, è rosa. Qualche appalto ferroviario (ultimo in ordine di tempo quello da 1,3 miliardi per il Brennero) è stato sbloccato. Le Fs, garantiscono i nuovi vertici (come facevano i vecchi, va detto), hanno garantito un cambio di rotta rispetto all’era non troppo lontana in cui l’alta velocità faceva la parte del leone, assorbendo il 65% delle risorse disponibili. Oggi come oggi si guadagna più tempo a minor costi puntando sulla velocizzazione di Frecciabianca e Frecciargento. C’è un piano da 1,8 miliardi per ridurre a un’ora e cinque minuti la Venezia- Trieste (per tagliarne altri 10 con l’alta velocità ne servirebbero 7,5). Si può migliorare di molto il servizio sull’Adriatica risparmiando 30 minuti sulla Bologna-Bari. Ci sono i progetti per rafforzare la Brescia- Padova-Brennero, Torino-Lione, il terzo valico Milano- Genova, la Napoli-Bari e la Palermo-Catania-Messina.
Sulla carta gli impegni sono ingenti: il piano di investimenti Fs 2014/2017 prevede 24 mi-liardi di spesa di cui solo 8,5 in autofinanziamento – cioè con i soldi generati dal business – mentre per il resto, more solito, paga Pantalone, cioè ci pensano gli stanziamenti pubblici. Ci sarà spazio anche per i pendolari? Per ora, visti i chiari di luna, sì, ma in Germania. Dei 5 milioni di ricavi in più nel fatturato delle Ferrovie alla voce trasporto locale nel 2014, ben 4 arrivano dalla Germania dove gli uomini di Michele Mario Elia, in un contesto di mercato, sono riusciti a fare molto meglio che nel povero Belpaese.