La Stampa, 20 agosto 2015
Beatrice Lorenzin racconta la sua doppia vita di ministro e madre di due piccoli gemelli: «Ho la tata, decido io le riunioni, ma per le mamme lavoratrici è dura. E’ un problema culturale inaccettabile, troppe donne hanno sensi di colpa a casa e in ufficio, invece la maternità è un plusvalore»
Al momento, gestire i gemelli è più faticoso che trattare al tavolo con le Regioni...», scherza Beatrice Lorenzin.
Ministro della Salute, ma soprattutto, in questa intervista, mamma di Francesco e Lavinia, desideratissimi gemelli venuti al mondo il 7 giugno, che in questo periodo sta accudendo al mare con l’aiuto di una baby sitter e della preziosa zia Carmela. «Questi due mesi e mezzo sono stati esaltanti. E, diciamolo, anche faticosi».
Poco sonno e molto stress?
«È una fatica fisica e psicologica. Sono due bambini: ci vuole un’attenzione non doppia, ma al cubo. Piangono insieme, hanno fame insieme: quando hai finito col secondo è già ora di ricominciare. Ma intendiamoci, non mi lamento: la felicità compensa di gran lunga la fatica».
Anche perché converrà che avere possibilità economiche aiuta nella gestione, no?
«Non c’è dubbio. Io posso permettermi la baby sitter e, pur lavorando, sono padrona del mio tempo: sono io che decido a che ora fare riunioni o come gestire il lavoro. Non mi sono presa un congedo di maternità perché, nel mio ruolo, sarebbe stato impossibile: ma so quanto sia necessario per una donna e per il bambino, che necessita di cure e attenzioni».
Si risolvesse tutto solo nei cinque mesi di maternità…
«Infatti immagino un pacchetto ore da gestire nell’arco della vita del bimbo, e già ora il ministro Poletti ha fatto notevoli passi avanti sui congedi. E poi vedo due aspetti importanti su cui lavorare: ancora oggi, per le donne con ruoli decisionali, in azienda come nella Pa, è come se essere incinta fosse una diminutio delle proprie capacità produttive, benché tutto dimostri il contrario. Questo pesa moltissimo sulle donne della mia generazione, che vivono sensi di colpa sia verso il lavoro che verso i figli: è un problema culturale inaccettabile».
Secondo aspetto?
«Le donne che stanno nel limbo dei contratti a termine e della precarietà, che vedono la maternità come un rischio per il proprio posto di lavoro».
Morale: tante vivono la maternità come un problema…
«E infatti col Jobs Act abbiamo fatto passi avanti. Ma dobbiamo pensare a interventi che consentano di incrementare la conciliazione famiglia-lavoro. Non è un problema solo delle donne: l’Italia ha un tasso di natalità sotto il livello di sostituzione, la maternità dovrebbe essere vista da tutti come un plusvalore da incentivare».
Lei come vive queste sue giornate da neomamma?
«Non c’è più una grande distinzione tra giorno e notte. Faccio sonnellini da astronauta, poi, quando finisco di allattare, lavoro. Da settembre, poi, sarò nuovamente fissa al ministero: finché allatto porterò i bambini con me, poi abbiamo anche un asilo nido. Aperto all’esterno, ci tengo a dirlo».
Ha ricevuto congratulazioni inattese per la loro nascita?
«Tante da gente comune, ancora adesso ogni volta che giro con la carrozzina: i miei figli sono più amati di me! Anche se c’è stato un episodio spiacevole».
Quale?
«Su Twitter, un gruppo fortunatamente piccolissimo ha scritto cose orribili, augurando loro persino la morte. Nascosto dall’anonimato, segno dei tempi della rete. Mia madre c’è rimasta malissimo».
Carinerie dai suoi colleghi ministri?
«La Madia è stata la mia consulente costante sulla maternità. E con Franceschini, che ha avuto un figlio pochi mesi fa, ci confrontavamo su esami ed ecografie».
Cosa le fa più paura se pensa al futuro dei suoi figli?
«La droga. Mi terrorizza da sempre, per molto tempo sono anche andata a fare sensibilizzazione nelle scuole».
Che impressione le ha fatto la vicenda del 16enne morto in discoteca di ecstasy?
«Sono cresciuta in un quartiere di periferia in cui la droga girava eccome: da quando è sparita l’eroina dalle strade, però, in molti hanno pensato di averla sconfitta. Invece no, bisogna riprendere a fare serie campagne antidroga, passare ai ragazzi il messaggio che stordirsi e ubriacarsi non è normale. Senza colpevolizzare le famiglie».
E cosa pensa invece del bimbo tolto alla «coppia dell’acido»?
«La scelta del Tribunale mi sembra equilibrata, nel dramma di una decisione difficilissima: stringe il cuore pensare a questo bambino che inizia la sua vita così».
Le piacerebbe che da grande i suoi figli facessero politica?
«Oh nooo... Fare politica è un onore, ma in famiglia ne basta uno».
Se Lavinia a 16 anni le dicesse che vuole fare la velina?
«Che le devo dire? Come i miei genitori mi hanno permesso di fare il mio percorso, anche loro dovranno fare il loro… L’importante è che siano persone serene e di valore».
Scuole pubbliche o private?
«Io ho frequentato scuole pubbliche. Tendenzialmente saranno pubbliche anche quelle dei miei figli, poi si vedrà. Di certo, cercheremo di fargli studiare inglese fin da piccoli».
Ha paura che si diffonda una teoria gender?
«Sono favorevole una cultura che riconosca l’altro, a tutto ciò che può evitare la violenza. Bisogna lavorare con buonsenso alla cultura del rispetto; quello che non va bene sono le radicalizzazioni incomprensibili».
Lei è cattolica?
«Sì, sono credente».
Battezzerà i bimbi?
«Sicuramente».
E pensa anche di sposarsi?
«Certo, io e Alessandro abbiamo tutta l’intenzione di farlo. Non appena riuscirò a liberarmi della poppata ogni due ore…».