Corriere della Sera, 20 agosto 2015
Schäuble, il falco solidale. Poco più di un mese fa invocava la Grexit, ieri chiedeva al Bundestag di votare «sì» al terzo pacchetto di aiuti: «Non ci sono garanzie di successo ma sarebbe irresponsabile non cogliere l’occasione. Per Atene può essere un nuovo inizio». Ritratto di un ministro inflessibile e di un uomo ottimista
«Il Parlamento greco ha già fatto molto. Non ci sono garanzie di successo ma sarebbe irresponsabile non cogliere l’occasione. Per Atene può essere un nuovo inizio. Votate sì».
Parola di Wolfgang Schäuble. Solo poche settimane fa invocava l’uscita temporanea della Grecia dall’euro. Se gli avessero detto che presto sarebbe diventato il primo sponsor del campione dell’estrema sinistra Tsipras, il falco di Berlino avrebbe lanciato una di quelle occhiate perplesse e feroci un tempo riservate al prode Varoufakis. Metamorfosi di Schäuble, l’uomo che visse «Due vite» (una sua biografia s’intitola così).
Pensiero e coraggio, l’eroe tedesco deve avere entrambi e quel fondo romantico, al ministro appassionato di lirica, non è mai mancato. Ieri è stato Schäuble ad affrontare i ribelli in Parlamento facendo scudo alla Merkel che seguiva il dibattito defilata. Mossa tecnica – vista la competenza ministeriale sul piano – e politica – per non far passare il messaggio di una delegittimazione della cancelliera. Tra i due non c’è passione ma profondo rispetto. Lei gli ha impedito di diventare leader, lui non le ha mai voltato le spalle. La lealtà è un suo grande pregio.
Nella trattativa greca Schäuble aveva difeso fino all’ultimo l’ipotesi di un prestito-ponte per consentire ad Atene di rispettare le scadenze incombenti, a partire da quella di oggi per il rimborso di oltre tre miliardi alla Bce. Niente fretta: con il tempo guadagnato si sarebbe definito un accordo più completo. L’idea non piaceva a Tsipras né alla Ue, che in uno dei momenti più difficili della storia europea cercava un messaggio forte di fiducia. Così la settimana cruciale si era aperta con frenetici giri di telefonate tra Berlino, Parigi, Atene e Bruxelles.
Il cambio di tono è apparso chiaro alla viglia dell’Eurogruppo che il 14 agosto ha dato il via libera politico al terzo salvataggio. A poche ore dalla riunione dei ministri finanziari dell’Eurozona il fronte degli scettici confidava nelle obiezioni contenute nel «documento tedesco» in circolazione tra le capitali. In sostanza osservazioni e richieste di chiarimento su punti non proprio marginali come ruolo del Fondo monetario e sostenibilità del debito greco, che saranno i nodi da sciogliere nelle prossime settimane. Schäuble, però, si diceva «ottimista».
Alla fine il testo che riaggancia saldamente la Grecia all’Eurozona è passato e gran parte del merito va allo stesso uomo che nel celebre discorso del 1994 aveva delineato con Karl Lamers i contorni di un’Europa a più velocità secondo il principio delle geometrie variabili: gruppi di Stati finanziariamente e politicamente omogenei, approfondimento graduale dell’integrazione.
In quella logica all’inizio anche l’Italia sarebbe rimasta fuori dal cerchio magico della moneta unica, al quale si ammettevano solo Germania, Francia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo.
L’inflessibile Schäuble, il primo responsabile delle Finanze tedesche ad aver chiuso un bilancio in pari dal 1969, non è certo immune alle contraddizioni. Nel 2000 ammise di aver intascato per la Cdu 100 mila marchi da un lobbista trafficante d’armi. Un mese dopo lasciò la guida del partito. Di lì a cinque anni affiancava Angela Merkel nella campagna elettorale che le avrebbe aperto le porte della cancelleria.
Nel discorso di ieri ha parlato di «Europa forte» e «solidarietà». Qui nessuna contraddizione, sono questi da sempre gli ideali guida dell’«avvocato» della riunificazione. Su incarico di Helmut Kohl fu lui, esperto di diritto, a preparare nel 1990 il contratto che rimetteva insieme Repubblica federale ed ex Repubblica democratica.
Nella visione di Schäuble l’Europa forte della quale non ha mai esitato a denunciare i deficit democratici è la sola ancora per una Germania unita, in pace, mai più sola al comando secondo uno schema mentale automatico per i tedeschi della sua generazione (è nato nel 1942).
Che si tratti di Atene o Berlino, la parziale rinuncia alla sovranità nazionale è un passo verso il sogno che coltiva da quando, nella Germania post-bellica occupata, la sua famiglia dava alloggio a un militare di Parigi, come in un rovescio della trama di Suite francese di Irène Némirovsky. La nota di fondo non è mai cambiata.