il Fatto Quotidiano, 19 agosto 2015
Brugnaro, padre operaio, poeta e sindacalista, madre insegnante dedita al catechismo, ama la famiglia tradizionale (cinque figli) e le donne (due mogli. Ma «dopo la separazione, sei anni di monacato»). Ha un’agenzia interinale, una squadra di basket e controlla una ventina di imprese: vetrerie, manifattura, sport, edilizia ma e si dice ricco solo negli affetti. Come sindaco di Venezia ha difeso il passaggio delle grandi navi, il cubo di cemento chiamato Hotel Santa Chiara, bloccato la mostra fotografica di Gianni Berengo Gardin e i libri gender nelle scuole. Ha litigato con Celentano (per le grandi navi), con Elton John (per i diritti gay), con sindacati («Devono dimostrare di esistere»), giornalisti (impedendogli di avvicinarsi ai suoi uffici) e ambientalisti («Gente che vuole piantare le melanzane a Marghera»). Ritratto di un campagnolo diventato doge
"A quattro anni scavavo buche con i miei amichetti. E ho sempre comandato”. Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia, si presenta così. Nei due mesi a Ca’ Farsetti ha già litigato con tutti: con Celentano sulle grandi navi, con Elton John sui diritti gay. Con sindacati, giornalisti e ambientalisti. Lo stile è lo stesso di Brunetta, il regista della sua candidatura. Brugnaro però rifiuta le etichette: “Non sono né di destra né di sinistra”. Figlio di un operaio, poeta e sindacalista e di una insegnante dedita al catechismo, mamma l’ha influenzato di più, come testimoniano i libri gender messi all’indice appena diventato sindaco. Prega?, gli ha chiesto Gigi Marzullo. Tantissimo, ha risposto con gli occhi lucidi Brugnaro.
Ama la famiglia tradizionale, per questo ha cinque figli e due mogli. Ma, ci tiene a precisare, “dopo la separazione, sei anni di monacato”. Platonicamente, ma Brugnaro ama le donne. La sua campagna elettorale, costata tre volte tanto quella dello sfidante Casson, è stata tinta di fucsia “perché femminile”. Premesse rispettate: appena insediato ha voluto come presidente del consiglio comunale Ermelinda Damiano, 27 anni, un metro e 72, praticante avvocato e, soprattutto, ex ragazza immagine “nata coi tacchi” (è un’autodefinizione). Brugnaro “il campagnolo” è diventato doge. Ha difeso il passaggio delle grandi navi, bloccando la mostra fotografica di Gianni Berengo Gardin, con una singolare tautologia: “Le grandi navi sono navi e generano lavoro”. Ha postato l’immagine del murales omofobo contro Mika, ma “per solidarietà”. Ha difeso il cubo di cemento chiamato Hotel Santa Chiara spiegando: “A me piace”. Se l’è presa coi sindacalisti che gli fanno la guerra, soprattutto uno accusato di “mangiare la pizza in Consiglio”, liquidandoli con uno spericolato pirronismo: “Devono dimostrare di esistere”. Considera gli ecologisti gente che “vuole piantare le melanzane a Marghera”. Ha proibito ai giornalisti di avvicinarsi ai suoi uffici, imposto il suo visto su tutte le delibere degli assessori. È l’esempio vivente dell’adagio veneto faso tuto mì, faccio tutto io. Come quando agli allenamenti della sua squadra di basket, la Reyer, si fiondava in campo per interrompere l’allenatore: “Questo schema non l’ho capito. Ripetilo”.
Ma Brugnaro è anche un imprenditore con un sacco di affari in Laguna. La sua “Umana” è stata la prima agenzia interinale italiana. Oggi controlla una ventina di imprese: vetrerie, manifattura, sport, edilizia. Già, l’edilizia. Venezia è la “sua” città. Sua, con contratto. Vedi l’Isola di Poveglia, affidatagli per un secolo al prezzo irrisorio di 513mila euro (a contendergli la gara d’appalto c’era solo un comitato cittadino). C’è chi scommette voglia costruirci alloggi turistici, lui nega. C’è il precedente della Scuola grande della Misericordia, il complesso cinquecentesco ottenuto in concessione nel 2008 in cambio di una ristrutturazione milionaria. I lavori sono però partiti dopo sei anni e si sono conclusi, guarda caso, in piena campagna elettorale. Nel frattempo lo spazio è stato utilizzato per concerti, sfilate e matrimoni. Tutte a pagamento, iper-lusso e off-limits. Il giro d’affari totale delle sue aziende è stimato in 300 milioni di euro. Ancora Marzullo: Lei è ricco? “Sì, negli affetti”.