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 2015  agosto 19 Mercoledì calendario

Mita Medici e Franco Califano: «Io avevo appena 17 anni, lui era già un giovane uomo. Me ne parlava continuamente il nostro amico comune Gianni Minà: io me lo immaginavo proprio come un vero Califfo in stile Ali Babà. Uno grosso, grasso, con il turbante in testa, le piume, gli anelli, i bracciali. E invece... Era bellissimo. Era gentile, dolce, pieno di accortezze, iniziò a corteggiarmi, mi conquistò e andammo a vivere insieme. Alla fine lo lascia perché mi menti su una cosa banale»

La loro è stata una storia importante. Così Mita Medici vuole ricordare Franco Califano, al quale dedica un omaggio, tra musica e parole, al prossimo Todi Festival. Mita Medici canta Franco Califano, ideato e diretto da Silvano Spada, sarà in scena al Teatro Comunale il 24 e 25 agosto. «Sì, una storia importante – ribadisce l’ex ragazza del Piper —. Io avevo appena 17 anni, lui era già un giovane uomo. Me ne parlava continuamente il nostro amico comune Gianni Minà: io me lo immaginavo proprio come un vero Califfo in stile Ali Babà. Uno grosso, grasso, con il turbante in testa, le piume, gli anelli, i bracciali. E invece...».
Invece Califano era nel pieno del suo fulgore. «Era bellissimo – ricorda Mita – di grande fascino. Quella sera cominciammo a parlare e per me, che ero poco più di una ragazzina e che quelli della sua età li consideravo dei “matusa”, mi sembrava quasi strano ritrovarmi affascinata. Era gentile, dolce, pieno di accortezze, iniziò a corteggiarmi, mi conquistò e andammo a vivere insieme».
La loro casa era una sorta di comune. «A quell’epoca, parlo della fine degli Anni 60, si respirava aria di ribellione, di libertà. La nostra casa era davvero una comune, perché nella stessa palazzina vivevano tanti altri artisti, tra i quali Renzo Arbore. La sera ci riunivamo a casa degli uni o degli altri, si faceva musica, si cucinava, si cantava. Ne ho un ricordo straordinario, era un tempo di grande creatività».
Poi la storia importante finì. «Lo lasciai perché mi aveva detto una bugia – ricorda Medici —. Mi aveva detto che era in un posto, invece era in un altro». Questione di donne? «Non ricordo, forse sì, o forse era solo il fatto che mi aveva detto una cosa per un’altra e allora pensai: se mi mente su una questione così banale, quante altre volte mi avrà mentito e mi mentirà? Detto fatto, me ne andai. Ma la nostra relazione continuò a durare nell’amicizia e nell’affetto che ci ha legato fin quasi alla fine».
Anche durante le vicende giudiziarie che lo travolsero. «Gli sono sempre stata vicina: mentre era in carcere ci scrivevamo lettere». E che cosa pensò di quello che era accaduto al Califfo? «Io non l’ho mai visto assumere droga, non ne sapevo niente e lui quando vivevamo ancora insieme, rispettando la mia estraneità alla questione, non mi ha mai coinvolto. Sembrerà strano ma Franco, al di là della sua immagine, era un uomo timido, fragile. Purtroppo, proprio per via dei suoi guai giudiziari, se ne è costruita un’altra totalmente diversa che, nell’animo di un artista quale era, è rimasta incancellabile».
L’immagine di un artista cui Spada vuole restituire, a due anni dalla sua scomparsa, una sorta di riconoscimento. «Era un poeta alla ricerca di un contatto quasi filosofico con le persone e le cose – dice il direttore del Todi Festival —. Ed è forse per questo che l’Università di New York gli ha attribuito la laurea honoris causa proprio in Filosofia. Era un poeta con una sensibilità sofferta, profonda. Un poeta contro le guerre e con un tenero sguardo ai giovani».
Califano diceva: «Non ho religione, non ho famiglia, e a volte non ho pensieri». Qual è il Califano che Mita Medici vuole descrivere e riportare al pubblico? «Quello che prendeva a calci la vita e dalla vita ne riceveva altrettanti. Quello che mi sorrideva e mi rassicurava quando andavo a trovarlo dietro le sbarre. Ma anche quello appassionato ed erotico dei pensieri più intimi e segreti». Nello spettacolo, Medici canta e recita una dozzina di canzoni, non solo quelle più conosciute, quelle del Califano macho che domina le donne. «Ma quello più delicato, quello che ho conosciuto io: Franco me lo ripeteva spesso, diceva che ero riuscita a tirare fuori il meglio di lui».