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 2015  agosto 19 Mercoledì calendario

Achille Levato, il bambino della «coppia dell’acido» è stato affidato al Comune. La madre, Martina, potrà vederlo per qualche decina di minuti al giorno ma non le sarà consentito di allattarlo. Il procedimento di adottabilità è aperto ma verrà definito soltanto al termine di un’istruttoria

Non hanno chiarito dove il bambino dovrà passare i prossimi giorni (almeno per oggi, resterà in ospedale). Hanno nominato come «tutore provvisorio» il Comune di Milano. E hanno stabilito che la madre, Martina Levato, potrà vedere il figlio in «una visita giornaliera di durata contenuta», ma non potrà allattarlo. Di fatto, i giudici del Tribunale per i minorenni hanno provato a raggiungere un complicatissimo equilibrio per cristallizzare le prime settimane di vita di Achille Levato, il bambino della «coppia dell’acido» (nato il 15 agosto). Passeranno giorni, o più probabilmente settimane, prima di una decisione definitiva. Il procedimento di adottabilità è aperto e verrà definito soltanto al termine di un’istruttoria. Il pubblico ministero Annamaria Fiorillo aveva invece chiesto che il bambino fosse dichiarato adottabile già da subito, in base alle pesantissime carte giudiziarie (sentenze e ordinanze d’arresto) che gravano sui due genitori.
I giudici hanno così preso tempo prima di dover affrontare il nodo centrale: per raggiungere l’obiettivo di tutelare il bambino, è giusto affidarlo a una famiglia estranea, tagliando qualsiasi legame con i genitori (tesi sostenuta dal pm Fiorillo)? O è più corretto trovare una soluzione intermedia, che tenga il piccolo comunque in contatto con la famiglia d’origine (magari attraverso l’affidamento ai nonni)?
Nel parlare di «totale ed irreversibile inadeguatezza del padre e della madre a svolgere funzioni genitoriali», il magistrato si riferiva alla condanna in primo grado per Martina e il padre del bambino, il suo complice/amante Alexander Boettcher: 14 anni per l’aggressione contro Pietro Barbini. E poi al nuovo processo che i due dovranno affrontare per aver sfregiato un altro ragazzo e aver provato ad aggredirne un terzo (sempre con l’acido). Al fatto, infine, che Martina stessa ha indicato il suo desiderio di essere madre come uno dei moventi della sua «purificazione»: deturpare tutti i ragazzi con i quali aveva avuto contatti occasionali mentre già era l’amante di Boettcher. Per mesi, hanno ricostruito gli investigatori della polizia, i due hanno dato la caccia agli ex di Martina. E allora, la domanda chiave resta: possono queste due persone crescere il figlio che Martina portava già dentro di sé il pomeriggio in cui lei scagliò l’acido contro Barbini, mentre Boettcher lo inseguiva impugnando un martello da cantiere?
Il senso comune vuole che le colpe dei padri (in questo caso dei genitori) non ricadano sui figli. Il dilemma sulla sorte di questo bambino, che oggi «compirà» quattro giorni di vita, è però già una drammatica condanna che i genitori gli stanno infliggendo, ultimo corollario della loro deriva criminale.
Proprio ieri Martina, assistita dal legale Laura Cossar, si è costituita nel procedimento di adottabilità. Dal suo punto di vista (e anche dal punto di vista strettamente giudiziario) è una «vittoria», se di vittoria si può parlare nello scenario di disastro che circonda quel bambino. Il futuro del piccolo è oggi imbrigliato in un’alternativa: crescere con una famiglia estranea, o vivere con entrambi i genitori per anni in carcere e con la certezza che a un certo punto della sua esistenza lui e l’ambiente sociale che si troverà a frequentare saprà che è il figlio della «coppia dell’acido».
Ieri sera Martina ha potuto vedere per la prima volta suo figlio, in ospedale. E potrà continuare a farlo. Il pm aveva chiesto che, nel caso in cui la decisione sull’adottabilità venisse «rimandata» (come è avvenuto), non ci fossero contatti tra madre e figlio.
Per ora, invece, quando Martina vedrà il bambino dovrà sempre essere presente qualcuno, medici o infermieri, dell’ospedale.