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 2015  agosto 19 Mercoledì calendario

Ecco chi è Eike Schmidt, l’uomo che pensa a come portare nel futuro il passato. Il neo direttore degli Uffizi, già a capo del Minneapolis Institute of Arts, ha intenzione di migliorare il flusso dei turisti e l’esperienza del visitatore, di affittare il polo per eventi privati ma soprattutto non ha paura dei sindacati

«Da studente a Firenze andavo spesso a visitare gli Uffizi, mai avrei pensato di trovarmi a dirigerli». Eike Schmidt, tedesco originario di Friburgo, laurea nella storica università di Heidelberg, è il nuovo direttore del polo fiorentino: «Un museo unico, uno dei cinque più importanti al mondo» dice con orgoglio velato di meraviglia al telefono dal Minnesota, dove è (ancora per poco) a capo del dipartimento di scultura del Minneapolis Institute of Arts.
Il capoluogo fiorentino lo conosce bene: ci ha vissuto dal 1994 al 2001, quando era borsista e poi ricercatore al Deutsches Kunstshistorisches Institut. «Conosco (e ammiro molto) anche Antonio Natali, l’attuale direttore degli Uffizi: a noi giovani ha insegnato tantissimo su arte rinascimentale e museologia». Ora deve prenderne il posto: «È l’unica cosa che mi preoccupa: essere all’altezza di chi mi ha preceduto».
Schmidt però guarda soprattutto all’esperienza americana: «Anche alla possibilità quindi di affittare a privati alcune sale del museo, o concederle per eventi agli sponsor che finanziano un restauro. Si può fare anche agli Uffizi». Nel 2012 la concessione della terrazza e del corridoio vasariano per una sfilata provocò innumerevoli polemiche. «Ma succedeva anche nel Settecento o Ottocento, quando Firenze era una capitale, per le visite di Stato: è una pratica che ha radici storiche – replica Schmidt —. E comunque serviranno dei criteri: non darei mai ai privati spazi come la sala della Tribuna».
Intanto i primi interventi saranno nel segno della continuità: «Va portato a termine il progetto dei “Nuovi Uffizi”, cominciato anni fa», cioè l’ampliamento e l’ammodernamento del museo. «L’edificio così com’è non è adatto per il turismo di massa», spiega Schmidt.
Tra le questioni in sospeso c’è anche la loggia di Isozaki: la costruzione che dovrebbe ampliare l’uscita dei «Nuovi Uffizi». Il progetto, vinto dall’architetto giapponese 17 anni fa, ha fatto molto discutere («troppo moderno») e per questo non è mai stato realizzato. Eppure è un passaggio fondamentale per rendere più scorrevole l’enorme flusso di turisti nel museo. Si farà o non si farà?
«Mi hanno appena chiamato, non posso avere subito la risposta a ogni domanda: sarebbe scorretto – svicola Schmidt —. Devo studiare con precisione carte, situazioni e opinioni, non deciderò da solo». Anche se qualche idea già ce l’ha: «Uno dei problemi è che il turismo di massa è concentrato sugli Uffizi, mentre spesso ci sono sale vuote a Palazzo Pitti e al Giardino di Boboli, che fanno parte dello stesso polo museale. L’afflusso va riequilibrato».
Del modello americano (oltre che a Minneapolis ha lavorato nella National Gallery of Art di Washington, dal 2001 al 2006, e poi per due anni al Paul Getty Museum di Los Angeles) intende inoltre replicare l’attenzione alla sostenibilità finanziaria e agli strumenti tecnologici: «Qui a Minneapolis in ogni sala abbiamo i tablet dove si possono approfondire le conoscenze sulle opere esposte – racconta —. E ormai sono quasi superati: oggi si possono guardare i video e le informazioni sul cellulare. Questo potrebbe aiutare i turisti a scorrere nelle sale che normalmente sono congestionate. La cosa fondamentale è migliorare l’esperienza del visitatore».
Uno dei compiti più difficili sarà convincere della necessità di innovare anche i sindacati, capaci di scioperare nell’affollato weekend di Pasqua. Schmidt non si spaventa: «Anche in Minnesota ci sono sindacati molto forti, sono abituato: si tratta solo di lavorare insieme per trovare le soluzioni migliori».