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 2015  agosto 18 Martedì calendario

«L’inferno non è la mia Amazon». Jeff Bezos replica al reportage del New York Times che descrive la sua azienda come un luogo di lavoro al limite del disumano, con turni di 16 ore, mail notturne, crisi di pianto e controlli in bagno: «Se siete a conoscenza di storie come quelle riferite dal Times, voglio che lo riportiate ai responsabili del personale. Potete inoltre scrivere direttamente a me a jeff@amazon.com». E poi si affretta a prendere i primi provvedimenti per allontanare ogni sospetto con l’«Empathy Track» e il «Next Day Purging», due sistemi per denunciare comportamenti poco riguardosi da parte dei colleghi

Jeff Bezos non ci sta, e replica alle accuse rivolte dal «New York Times» alla società da lui fondata spiegando che quel luogo di lavoro al limite del disumano, «non è la Amazon che io conosco».
«E quei manager descritti dal quotidiano della City come spietati e cinici profeti di profitto – prosegue il Ceo di Amazon – non sono i professionisti premurosi e responsabili con cui lavoro ogni giorno». Non è tutto, perché Bezos sottolinea «chiunque lavora in un’azienda come quella che viene raccontata dal New York Times, sarebbe un pazzo a rimanerci: io stesso me ne andrei subito».
Il comparto tecnologico è oggi in forte espansione e le società di Silicon Valley fanno di tutto per attrarre o trattenere talenti, proponendo e promuovendo una cultura aziendale positiva. Bezos precisa che il racconto del «New York Times» presenta «aneddoti» che descrivono pratiche «scioccanti», come persone «trattate senza empatia durante tragedie familiari o problemi di salute».
L’invito a denunciare
«Non credo che nessuna azienda che adotti sistemi come quelli descritti dal Times possa sopravvivere in un mercato occupazionale fortemente competitivo come quello tecnologico», chiosa il guru di Amazon. Il quale si spinge oltre e incoraggia ogni dipendente della sua società a denunciare e a lui comportamenti inappropriati da parte dei manager, o incidenti che avvengono a qualsiasi titolo nella sua azienda. «Se siete a conoscenza di storie come quelle riferite dal Times, voglio che lo riportiate ai responsabili del personale – avverte -. Potete inoltre scrivere direttamente a me a jeff@amazon.com».
Nonostante la difesa di Bezos e di altri dirigenti e manager di Amazon, il racconto che viene fatto sul quotidiano della City, getta ombre sulle pratiche all’interno della società. «Giorni prima delle riunioni, i dipendenti ricevono una documentazione di 50 pagine, e vengono interrogati a caso sui migliaia di numeri che vi sono contenuti – racconta al New York Times un ex-dipendente – se non sei sicuro sulla risposta molti manager le liquidano come stupide». «Quando non sei in grado di dare tutto, lavorando anche 80 ore alla settimana, sei considerato un elemento debole», continua l’ex dipendente.
In un altro caso, una lavoratrice che aveva abortito spontaneamente è stata fatta partire per un viaggio di lavoro il giorno successivo. Pratiche che si ispirano a una specie di codice composto da «14 principi di leadership», attraverso i quali Bezos spingerebbe i suoi a fare il massimo, e a superare i loro limiti. Ed ecco allora che Bezos si affretta a prendere i primi provvedimenti concreti in materia per allontanare ogni sospetto. Attraverso un nuovo sistema di supervisione del personale chiamato «Empathy Track», si potranno denunciare comportamenti poco riguardosi dal punto di vista umano da parte di colleghi. Il sistema consentirà di giudicare i propri partner lavorativi sulla base di una scala di valori che va da cento (il più riguardoso) a zero (diavolo puro). Un altro sistema chiamato «Next Day Purging», consente di epurare chiunque venga individuato e giudicato «privo di empatia», entro 24 ore da un ordine esecutivo firmato da Bezos in persona.