la Stampa, 18 agosto 2015
Jeremy Corbyn fa paura e i labouristi si uniscono contro di lui. È in vantaggio nei sondaggi (53%) e gli iscritti alla sua lista aumentano di giorno in giorno. E mentre Boris Johnson se la ride («Non possiamo credere alla fortuna che abbiamo avuto. Siamo in una estasi nell’assistere alla comica disintegrazione del partito laburista»), Tony Blair per ora consiglia a chi lo sostiene con il cuore, di farsi un trapianto. Ma per batterlo serviranno argomenti più convincenti. Il risultato è previsto per il 12 settembre
Con grande e colpevole ritardo, il partito laburista britannico si sta rendendo conto dell’apocalisse che si profila al suo orizzonte. Se Jeremy Corbyn sarà eletto leader, come tutto lascia prevedere, finirà una storia centenaria e il Labour sarà ridotto a un piccolo partito di protesta, sicuramente fastidioso, ma del tutto irrilevante.
I conservatori ancora non vogliono credere alla fortuna che li aspetta. Boris Johnson, il sindaco conservatore di Londra, si domandava incredulo nel suo articolo settimanale sul «Telegraph» come sia stato possibile che il partito laburista stia per affidare la sua guida a un uomo che giustifica i terroristi nord irlandesi dell’Ira, critica in continuazione Israele, vuole abolire la monarchia e sollecita un disarmo unilaterale; un uomo fuori dalla realtà e dal senso comune.
Nei sondaggi è al 53%
Eppure, Corbyn è saldamente in testa nei sondaggi con il 53%, un vantaggio di ben 32 punti su Andy Burnham (21%), mentre Yvette Cooper (18%) e Liz Kendall (8%) sembrano non avere alcuna possibilità. Valutato finalmente il pericolo, la Kendall ha chiesto alla Cooper di ritirarsi insieme per concentrare i voti su Burnham, ma la Cooper ha detto no.
Lord Mandelson, uno degli artefici del New Labour di Tony Blair, ha proposto a tutti e tre i candidati di ritirarsi per bloccare l’elezione, che non potrebbe tenersi se ci fosse un solo concorrente. Ma nessuno lo ha ascoltato. Gordon Brown, l’ultimo premier laburista prima dell’era di David Cameron, ha dichiarato in un appassionato discorso che il Labour non può ridursi a un partito di protesta e che i suoi alleati non possono essere, come vorrebbe Corbyn, Hamas e Hezbollah, il Venezuela di Chavez e la Russia di Putin.
Corbyn è balzato in testa ai sondaggi grazie alla riforma del sistema elettorale del partito, che ora consente a ogni iscritto di votare e conta i singoli voti. Gli iscritti sono aumentati di decine di migliaia in poche settimane, facendo pensare che molti elettori laburisti, come Corbyn, siano scontenti della svolta moderata del partito impressa da Tony Blair e da Ed Miliband, e abbiano una grande nostalgia degli Anni 70, gli anni delle proteste e dello scontento che portarono al governo – per reazione e per paura – Margaret Thatcher e le sue politiche liberiste.
Un partito laburista troppo spostato a sinistra potrebbe garantire ai conservatori molti anni di dominio della scena politica, proprio come avvenne alla fine degli Anni 70 di cui Corbyn ha così tanta nostalgia.
Boris Johnson se la ride
Boris Johnson, con la consueta immaginazione, ha paragonato l’attuale, felice momento dei Tory alla scena finale del film «Lo squalo» di Steven Spielberg. Il capo della polizia Brody sta per sparare il colpo che farà esplodere la bombola d’ossigeno finita nelle fauci dello squalo: il terrore sul suo volto si trasforma in speranza, poi in incredulità, poi in gioia sfrenata. Proprio come lo sceriffo, ha scritto Johnson, «non possiamo credere alla fortuna che abbiamo avuto. Siamo in una estasi incredula nell’assistere alla comica disintegrazione del partito laburista».
Non sapendo più che fare, Andy Burnham ha chiesto a Miliband di intervenire in qualche modo, ma l’ex leader che ha perso malamente le elezioni può fare ben poco. Qualcosa però farà certamente Tony Blair. Per ora ha consigliato, a chi sostiene di volere votare Corbyn con il cuore, di farsi un trapianto. Dovrà trovare argomenti più solidi, perché il tempo passa e le urne sono già aperte. Il risultato è previsto per il 12 settembre, una data che rischia di diventare storica nella storia del Labour.