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 2015  agosto 17 Lunedì calendario

Se il tennis si scopre cafone- Kyrgios che dà del cornuto al rivale. Fognini che se la prende con Nadal. Djokovic che si lamenta perché in tribuna si fuma marijuana: dentro e fuori il campo, uno sport senza più stile

Il tennis scopre la sua anima cafona. Volano parolacce, insinuazioni, qualche racchetta. Come un pischello che prende d’aceto (una volta si diceva «ci sei andato in puzza?»), Nick Kyrgios, l’australiano di origine greche, attacca Wawrinka parlando di corna direttamente in campo: «La tua ragazza ti tradisce col mio amico Kokkinakis». Una sentenza. Secondo Kyrgios Donna Vekic sarebbe finita nel letto del suo connazionale. Il fratello di Kyrgios si affretta a peggiorare la situazione: «A Donna piace il Kokk!». Su twitter un utente invita Kokkinakis a «far prendere aria alle sue mutande». Alte disquisizioni. Dopo 10 mila dollari di multa Kyrgios ha chiesto scusa. Intanto Wawrinka gira il mondo col sospetto che qualcosa nella sua vita privata non torni e che comunque ormai siano in troppi a ficcarci il naso (dopo le indiscrezioni della malalingua australiana).
Pettegolezzi e maleducazione. Lo stesso Kokkinakis, poche ore dopo, sempre a Montreal, viene quasi alle mani con l’americano Harrison che gli risponde per le rime prendendo a pretesto i suoi 37 tatuaggi e i 23 orecchini: «Sei solo un bambino, brutto c.....ne!». L’arbitro del match, lo svedese Lahani, forse uno dei migliori e più rispettati “chair umpire” del mondo, con voce visibilmente alterata, è costretto ad ammettere mentre i due stanno ancora litigando: «Non ho mai arbitrato un match di tale livello». Intendeva di così basso livello. È più di una sensazione: ormai c’è troppo rumore sui campi da tennis. Una volta facevano chiasso in pochi, il pubblico era perfetto. Solo Connors poteva permettersi di dire a McEnroe: «Moccioso, ho un figlio della tua età». Urla in campo, spalti agitati, musica a palla: si perde la bussola. Il “grunting” delle tenniste, ma ora anche dei tennisti, è il pretesto agonistico per alzare il volume di ogni altro elemento accessorio, impoverendo così stile e ambienti.
Quando in un pomeriggio di 25 anni fa a Wimbledon Peter Ustinov si alzò in piedi per celebrare una partita vinta da Monica Seles, audace sperimentatrice del “grunting”, non poté fare a meno di confessare a un amico: «Che brava, però me la farei sotto a essere l’ospite della stanza accanto a quella in cui Monica passerà la sua prima notte di nozze!». Ma erano casi isolati. Adesso il rumore (suono?) dei campi sta cambiando il tennis più della potenza e la velocità del gioco. Ìn una partita venne stabilito che Nadal grugniva da baritono, mentre Troicki si esibiva con frequenze da soprano: autori involontari di musica non richiesta e senza spartito. Gli atleti sono sempre più rumorosi, più isterici, sempre più nemici fra loro, sempre più stanchi. L’Azarenka è perennemente sguaiata con i raccattapalle, sei anni fa Serena avvertì la giudice di linea cino-americana dello Us Open: «Lo sai dove te la metto questa pallina?». Una minaccia bella e buona. Nalbandian prese a calci un giudice di linea in una finale del Queen’s. Rabbia che acceca? Tossine non smaltite?
Accanto ai “nuovi” colpevoli prosperano allenatori che parlano ad alta voce e a sproposito dai loro box (nel tennis maschile non è previsto il “coaching” ufficiale). Ad Amburgo Fognini se l’è presa con Toni Nadal, lo zio allenatore di Rafa: «Quello lì rompe sempre i c.....ni!». Poi a Rafa: «Ma che vuoi, pure tu, stai sempre a discutere mentre si gioca. Stai zitto una buona volta. E se devi parlare col tuo angolo fallo prima!». Per due volte sabato scorso, sia in singolare che in doppio con Tipsarevic, Djokovic si è accorto che qualcuno dietro di lui, tra le prime file, stava consumando marijuana: «Ehi, stai in campana», ha detto all’arbitro Bernardes, «che là in tribuna c’è qualcuno che si sta sballando! Non vorrei sbroccare pure io....». Tutti a ridere. Pubblico calcistico che si fa le canne, parla fra una prima e una seconda, ama disturbare. A Toronto contro la Halep, che ha cori e bandiere assicurati ovunque, la Errani ha perso la pazienza e ha cominciato a scimmiottare i tifosi della rumena imitando, grevemente, la loro “becera” baldanza. Il nuovo tennis, il tennis del silenzio perduto, ha un’anima “coatta”. Chissà, forse adesso per battere il tuo avversario è meglio se gli dai del cornuto.

Enrico Sisti


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A leggere con estiva disattenzione i blog pare si stiano moltiplicando i casi di maleducazione nel mondo del tennis che, come quello del golf, era ritenuto ancora un’attività complementare alle buone maniere, al rispetto degli avversari, del pubblico, e insomma della propria umanità. Dopo le affermazioni di Kyrgios, ribadite in modo ancor più maleducato dal suo fratellino Christos che ha usato il termine Kokk invece di cock – spero non conosciate il significato inglese – ecco Djokovic, sensibilissimo a sapori ed odori, tanto da scriverci sopra un libro, “Serve to win”, che afferma di aver creduto di trovarsi in un cespuglio di canne, durante la semifinale contro il francese Chardy, nel torneo di Montreal. Mi parrebbe il caso di ricordare quel che disse Fiorello, e cioè che, non fosse sommo tennista, il serbo potrebbe essere un grande attore. Lo confermo, e ammetto di seguire, fra tante vane, le conferenze stampa di Nole, sicuro di divertirmi per il suo sense of humour. Per quanto riguarda il profumo di marijuana, ricordo di essermi trovato a disagio, nella mia inesperienza specifica, la volta in cui a Dallas, allora sede di un semi-Master, mi trovai ad entrare in una stanza che l’ignaro direttore dell’Hotel aveva destinato a McEnroe. Il quale parla poi di coca nella sua biografia, “Non puoi dire sul serio”. Quanto alla coca, mentre ancora qualcuno, alla clinica Vuarnetto di Lugano, ricorda la villeggiatura di un grande campione italiano, non c’è più purtroppo il medico che ricoverò Bjorn Borg all’Ospedale Fatebenefratelli, a Milano, e che mi chiamò alle tre di notte perché, disse «Quel pazzo se ne vuole andare, in condizioni difficili, prima che qualche tuo collega dei tabloid si svegli». L’odore che il sensibilissimo olfatto di Djokovic ha percepito non veleggia dunque da ieri, nei dintorni dei court. Mentre, già che ci siamo, appare innocente l’ubriacatura subito durante l’intervallo, che si usava un tempo, tra il terzo set e il quinto set: un sorso di whisky, inghiottito contro le graminacee, che il povero Crawford, il campione australiano, inghiottì a New York contro Fred Perry nel 1933, precludendosi così il primo Grande Slam della Storia. Altri tempi, altri campioni.
Gianni Clerici