La Stampa, 17 agosto 2015
Il salto nel futuro di Gianmarco Tamberi, il ragazzo con la barba a metà: «Ecco la mia atletica stile Nba. Per liberare questo sport da scandali e noia ci vuole più show e meno dopati. Il record mondiale è di Sotomayor, uno dopato due volte. Per me vale il 2,43 di Barshim»
L’uomo con la barba a metà va alla caccia del risultato perfetto. Gianmarco Tamberi si è preso il record italiano a quota 2,37, la terza misura saltata all’aperto quest’anno. Per restare tra i grandi ai Mondiali l’azzurro parte da uno stacco speciale, studiato dal padre allenatore: «Da due anni lavoriamo su questa rincorsa, serve continuità e negli ultimi mesi l’abbiamo trovata».
Come ci si allena con il proprio padre?
«Da quattro mesi vivo per conto mio e così è molto più semplice. Al campo mai avuto problemi con lui, ma avere un guardiano in casa che ti controlla dieta e ore di sonno significava non staccare mai. Ora c’è la distanza che serve».
Anche suo padre faceva salto in alto e anche lui era noto per essere estroso? Ha ereditato o imitato?
«Non l’ho mai visto da atleta e avevo poco da copiare, è tutto Dna pazzerello»
Ci racconti la prima barba a metà.
«Luglio 2011, Europei juniores: rientravo dopo uno stop per un problema al ginocchio e mi sono migliorato di 10 cm».
Poi però si è fatto i capelli azzurri e verdi, quando è tornato alla barba a metà?
«In finale l’ho tenuta sempre. Per quattro anni non mi ha filato nessuno, ora è virale».
Non ha paura di restare incastrato nel personaggio?
«Ci sto comodo, mi piace coinvolgere la gente, sentire il pubblico. Mi esalto e vedo che funziona. L’atletica dovrebbe perdere un po’ di sacralità e aprirsi allo spettacolo».
E come si fa?
«I tedeschi hanno fatto i campionati nazionali di salto in lungo in piazza. Un successo. Tolti i grandi eventi come Mondiali o Olimpiadi bisognerebbe provare a uscire dallo stadio, spezzare il programma. Per un comune mortale è impossibile seguire salti, corse, lanci tutti insieme. Così resta uno sport per iniziati».
Ai puristi verrà la pelle d’oca.
«Lo so, lo so. Mi sa che sono troppo avanti, però io credo nell’atletica show: meno liturgia e più interesse a costo di gareggiare negli ipermercati. Serve divertimento, stile Nba».
Nel basket per chi tifa?
«Houston Rockets. Giocatore preferito McGrady, ma non c’è più. Tra gli attuali, James Harden, guarda caso quello con il barbone. Tutto intero però».
Nel calcio invece per chi tifa?
«Zero. Quel mondo mi dà la nausea: i calciatori ormai sono attori. Girano troppi soldi, non c’è più nulla di vero».
Mentre nell’atletica ha dei punti di riferimento?
«No. La pratico, non la seguo. Forse al momento la trovo un po’ noiosa. Il modello sportivo è Valentino Rossi».
Il 28 agosto inizia la gara di Pechino, come se la aspetta?
«Barshim ci arriverà in grande condizione, lui è un talento della natura. Poi il cinese Zhang, gioca in casa e sarà motivato e nel terzetto dei favoriti ci metto pure l’americano Kynard».
Poi ci sono Tamberi e Fassinotti. Non siete mai stati amici, come mai ora però la rivalità vi spinge a migliorare?
«Merito dell’annata speciale di entrambi. Di solito andiamo a stagioni alterne, stavolta siamo al meglio in contemporanea».
Cosa pensa delle inchieste sul doping e delle accuse alla Federazione internazionale?
«Se è vero che alla Iaaf hanno lasciato correre è un porcaio. Io cerco di non pensarci poi si scopre che nella mia disciplina hanno trovato positivo pure un greco che salta meno di me. Vale tutto».
E come si reagisce?
«Nel salto in alto la testa fa l’80 per cento. Chi si dopa ha già perso il controllo. Io lavoro su grinta e determinazione, per superare l’asticella servono più della chimica».
Caso Schwazer: pensa meriti una seconda possibilità?
«Io i dopati non li voglio più vedere, inquinano l’atletica. Pensare che il record dell’alto è di uno squalificato due volte».
Quindi non riconosce il 2,45 di Sotomayor?
«C’è e ne prendo atto ma per me vale il 2,43 di Barshim, quello è un alieno che arriva direttamente dal pianeta salto in alto».