La Stampa, 17 agosto 2015
Il caso dei coniugi uccisi nella loro pizzeria di Brescia era una questione di concorrenza sgradita. Per l’omicidio di Francesco Seramondi e Giovanna Ferrari ieri sono stati fermati due giovani, un indiano e un pakistano, titolari di un locale per asporto. Trovata l’arma del duplice delitto: è un fucile a canne mozze
Era tutta questione di concorrenza sgradita. Per questo Francesco Seramondi e Giovanna Ferrari sarebbero stati uccisi a bruciapelo, con quattro colpi di fucile, dentro la loro pizzeria-pasticceria a Brescia. Forse i loro due locali davano fastidio a chi voleva dominare la piazza. O forse ci sono screzi e altri conti, nuovi e antichi, dietro l’accaduto. Ma la notizia più importante è già arrivata: nel primo pomeriggio di ieri sono stati arrestati i due presunti autori della brutale esecuzione di martedì mattina. Si tratta di due giovani (un indiano e un pakistano) che la squadra mobile della Questura di Brescia – dopo giorni di indagini frenetiche – ha individuato e fermato a Casazza, in provincia di Bergamo. Avrebbero anche loro una pizzeria per asporto. E sempre ieri è stata trovata anche l’arma del delitto: un fucile a canne mozze, compatibile con la dinamica e con le ferite. I due sono stati interrogati a lungo, in Questura, dalla pm responsabile del caso Valeria Bolici. Ma ancora molto dovranno spiegare, su chi li ha mandati e sulle ragioni di quell’agguato.
Operazione lampo
Il fermo dei killer è arrivato poche ore dopo gli affollati funerali delle vittime, a Nuvolento. Frank e Vanna, come tutti li conoscevano, erano un’istituzione in città, grazie alle due pasticcerie dove sfornavano brioche e pizzette senza sosta. La più nota era proprio quella dove sono stati uccisi, nel quartiere della Mandolossa, estrema (e complicata) periferia bresciana. Era un forno aperto tutta la notte, dalle sei di sera alle dieci di mattina. E proprio alle dieci di martedì, all’ora di chiusura, i due killer sono entrati in azione. Sono arrivati in motorino, hanno sparato quattro volte – una per uccidere la moglie, tre per il marito – e sono ripartiti.
Di loro erano rimaste solo le immagini di due telecamere di sorveglianza, immagini sbiadite ma su cui la scientifica ha lavorato a lungo. Forse fino a renderle più chiare e decisive. L’arresto è stato confermato in serata dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, che si è congratulato con gli investigatori: «Abbiamo fermato i due esecutori materiali del duplice delitto della pizzeria Frank. Il presidio dello Stato funziona, è attivo ed efficace».
Ipotesi e coincidenze
Da subito gli investigatori della Mobile di Brescia avevano scelto di concentrarsi sugli affari e sui rapporti economici dei coniugi uccisi e dei loro familiari. Fin da martedì e più volte, in Questura sono stati sentiti Marco e Claudio Seramondi, rispettivamente figlio e fratello di Frank. Erano loro, ufficialmente, i titolari delle due pizzerie-pasticcerie. In questi giorni si è parlato di debiti, di usura, di estorsioni. Anche dell’eventualità che i Seramondi non fossero più i reali proprietari dell’attività e facessero da prestanome per altri. Tutte ipotesi che solo i prossimi giorni chiariranno.
Di certo c’è che a Brescia la comunità pakistana è ben radicata da tempo, e attiva nel settore del dolce e salato. Proprio così, “Dolce & Salato”, si chiamava l’attività dei Seramondi a inizio anni Duemila, prima di diventare semplicemente “Da Frank”. La coincidenza oggi è sinistra. Tra il 2002 e il 2003 un ex socio di origine pakistana ma nato in Italia, Hussain Mubashar, rilevò due dei locali bresciani di proprietà di Seramondi. E li riaprì sotto il nome “Dolce Salato e kebab”. Uno dei due negozi si trova in via Valsaviore 48, esattamente di fronte alla pasticceria dove i coniugi bresciani sono stati uccisi. Ma c’è dell’altro. Nell’agosto 2013, quella stessa pizzeria subì una rapina e due incendi. A due anni di distanza, il cerchio si è chiuso con il sangue e un’esecuzione in stile mafioso. Forse coincidenze, forse no.