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 2015  agosto 17 Lunedì calendario

La nuova sfida di Salvini al governo Renzi: «Bloccare l’Italia per tre giorni a novembre: non lavoriamo e non consumiamo. Ognuno nella sua azienda, nel suo negozio si fermerà per dare il segno della rabbia». E sui migranti il leader leghista attacca di nuovo la Chiesa: «Il vescovo fa il vescovo, non rompe le palle ai sindaci e a chi amministra le città»

«Bloccheremo l’Italia». La promessa di Matteo Salvini è così impegnativa che rischia di trasformarsi in un boomerang, casomai del blocco non si accorgessero proprio tutti. Ma il segretario della Lega non si preoccupa: «È una scommessa. Si può vincere ma si può anche perdere». Il prepararsi a fermare il Paese, comunque, non lo distrae dalla polemica estiva con la gerarchia ecclesiastica. E sotto al passo del Tonale, cita Cavour per ribadire il principio di «libera Chiesa in libero Stato» per poi declinarlo a modo suo: «Il vescovo fa il vescovo, non rompe le palle ai sindaci e a chi amministra le città».
A Ferragosto il capo leghista, come da antica tradizione, è a Ponte di Legno, ritiro che fu già di Umberto Bossi. È lì che, intervistato da Paolo Del Debbio, incendia le polveri: «Tre giorni – tuona Salvini – per dare una spallata a questo governo di incapaci. Tre giorni in cui tutti coloro che ne hanno abbastanza di Renzi e Alfano si fermano e glielo dicono in faccia». E ancora: «Tre giorni in cui non lavoriamo, non paghiamo, non consumiamo, non facciamo niente. Ognuno nel suo negozio, nella sua azienda, tre giorni in cui la gente si ferma da Nord a Sud: o vanno a casa o vanno a casa. Se voi ci siete, io ci sono». Data prevista: dal 6 all’8 novembre.
Più tardi, il capo leghista circostanzia meglio le sue intenzioni. Che sono qualcosa di diverso e di più ampio rispetto all’aspettativa della vigilia: nei giorni scorsi in Lega circolava l’ipotesi di un invito del leader alle altre opposizioni per fare fronte comune: «Questa non vuole essere una manifestazione di partito. È una proposta che facciamo all’Italia e a tutte le forze di opposizione: fermarsi per tre giorni per poi tornare a votare e far ripartire l’economia».
Ma che significa «fermare l’Italia», sia pure per tre giorni? «Dobbiamo fare tutto il possibile per dare il segno di questa rabbia. Non preleviamo in banca, i sindaci possono organizzare lo stop di alcuni servizi, magari possiamo studiare come differire il pagamento di certe tasse, stiamo studiando tutte le ipotesi. Di certo, ci saranno iniziative nelle prefetture più alfaniane, quelle più attive nel distribuire immigrati». E prosegue, «noi ci rivolgiamo a tutte le categorie produttive. A ciascuna chiederemo di dare un segno tangibile. Commercianti e artigiani, tassisti e pescatori, partite Iva e dipendenti. E gli insegnanti, una categoria a cui la Lega non ha mai dato la giusta attenzione. Ma oggi, con la “buona scuola” di Renzi, sono inferociti».
L’idea nasce perché «da alcuni mesi l’esasperazione non trova sfogo. La gente mi dice: “Voi leghisti avete ragione, ma dirlo non basta più. Dovete fare qualcosa di forte, non possiamo arrivare al 2018 così». Una sorta di sciopero generale: «Io lo vedo più come una nuova maggioranza silenziosa. I cittadini che di solito non vanno in piazza si fermano per dire: adesso basta». Dal fronte governativo, la risposta arriva dal ministro all’Agricoltura Martina: «Bloccare l’Italia? Bel programma davvero. Salvini ci ha spiegato la differenza tra noi e lui: da questa parte chi lotta per fare ripartire il Paese, dalla sua quelli che vogliono bloccarlo..».
Ma il leader leghista, dopo il duro scontro con il presidente della Cei, Nunzio Galantino, resta sulle barricate anche nei confronti dei vescovi. «Alcuni prelati con le tasche piene dovrebbero candidarsi con Vendola. E i clandestini se li prendessero in seminario». L’invito a «non rompere le palle» riguarda i loro richiami all’accoglienza». Per Daniela Santanchè «Salvini ha ragione», ma in FI l’ex ministro Rotondi definisce le sue parole «inaccettabili. FI si dissoci o rischiamo una deriva senza ritorno». Polemico il Pd: «Salvini insulta perché è in difficoltà. Gli italiani sono grati per l’apporto che tanti vescovi, tramite le Caritas locali, danno alla società».
Ma il leader della Lega è al lavoro anche su un’altra pratica: trovare un candidato sindaco per Milano al centrodestra. Il suo è Paolo Del Debbio, vicino a FI: «Certo sarebbe il mio candidato ideale», ammette. Ma in questi giorni, in cui entrambi erano a Ponte di Legno, non ne hanno parlato: «Faccio il pesce in barile».