21 aprile 1861
Aspre critiche di Cialdini a Garibaldi
«Generale, fui vostro amico, quando l’esserlo era biasimato. Ma voi non siete il Garibaldi che amai. Non sono più vostro amico, passo nelle fila degli avversari vostri». Così il generale Enrico Cialdini scrive domenica 21 aprile 1861 a Giuseppe Garibaldi. «Schiettamente - dice - applaudii i trionfi vostri». Ma lo sprezzante tono di Garibaldi alla Camera lo ha disgustato: «Voi osate mettervi al livello del Re, parlandone coll’affettata familiarità d’un camerata. Voi intendete collocarvi al disopra degli usi, presentandovi alla Camera in un costume stranissimo (il poncho), al disopra del governo, dicendone traditori i ministri perché a voi non devoti; al disopra del Parlamento, colmando di vituperi i deputati che non pensano a modo vostro». «Ebbene - prosegue Cialdini - vi sono uomini non disposti a sopportare tutto ciò e io sono con loro. Nemico di ogni tirannia, nera o rossa che sia, combatterò anche la vostra. Mi sono noti gli ordini dati da voi per riceverci negli Abruzzi a fucilate. [...] Generale, voi compieste una grande e meravigliosa impresa. Avete ragione di menarne vanto, ma avete torto di esagerarne i veri risultati. Voi eravate sul Volturno in pessime condizioni, quando arrivammo. Capua, Gaeta, Messina e Civitella, non caddero per opera vostra, e 56 mila borbonici furono battuti da noi, non da voi» (Maurizio Lupo, La Stampa 21/4/2011)