Il Messaggero, 13 agosto 2015
L’invasione degli ultrapesci: dal siluro del Po capace di mangiare un’anatra intera, al pesce palla velenoso per l’uomo trovato nel Mediterraneo. Che si attacchino alle chiglie delle navi come la pericolosa medusa maculata australiana o che siano importati per l’acquacoltura come il gambero giapponese e la vongola filippina, queste specie hanno soppiantato le varietà locali e portano malattie. Così, a volte, le leggende metropolitane si avverano
Sulle rive del Po, tra la Lombardia e l’Emilia, girano delle storie inquietanti. Raccontano di cani, gatti o galline inghiottiti interi da bestioni emersi dalle acque limacciose del fiume, o di vacche attaccate mentre si abbeveravano alla riva. Una parte di questi racconti può essere attribuita a un consumo eccessivo di lambrusco o bonarda. Altri però sono veri.
Il siluro, un pesce d’acqua dolce che supera i due quintali di peso, vive nei fiumi e nei laghi dell’Europa orientale, dal Danubio agli Urali. Qualche decennio fa, per la gioia dei pescatori, è stato introdotto nel Po, ed è diventato il principale predatore del fiume.
«Nel suo stomaco ho visto nutrie o anatre intere», racconta Francesco Nonnis Marzano, biologo dell’Università di Parma. Nel febbraio di quest’anno, due pescatori della provincia di Mantova, i gemelli Dario e Dino Ferrari, hanno catturato nelle acque del Po un esemplare lungo 2,67 metri, e che pesava 127 chili.
Il siluro, una specie di gigantesco pesce gatto, è stato introdotto illegalmente anche nel Tevere e nell’Arno. Nel Po è solo una delle 43 specie aliene censite. Tra i pesci autoctoni del più lungo fiume italiano, solo il cavedano se la passa bene, mentre la tinca, il luccio e l’anguilla sono a un passo dall’estinzione.
LO SPAZIO VITALENel Lago Trasimeno, romantico specchio d’acqua tra le dolci colline dell’Umbria, il mostruoso siluro non c’è. Ma pesci alieni come il pesce gatto americano, il pesce rosso, il triotto e il gambero rosso della Louisiana hanno occupato lo spazio vitale dei pesci locali, creando problemi ai pescatori, professionisti e dilettanti. Nel Delta del Po è comparsa la tilapia, un pesce dei laghi africani e asiatici dalle carni saporite. E che duemila anni fa, sul Lago di Tiberiade, è stata al centro del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Se i pesci alieni dei nostri fiumi sono stati introdotti sconsideratamente dall’uomo, quelli che affollano il Mediterraneo sono arrivati per vie diverse. Il pesce palla, una specie tipica del Mar Rosso, è stato pescato per la prima volta a Sciacca, in Sicilia, nel 2004. Poi sono arrivati il pesce coniglio, il barracuda del Mar Rosso, la cernia del Malabar e decine di altre specie, alcune delle quali dalle carni velenose per l’uomo.
IL PASSAGGIOSecondo il Centro Comune di Ricerca (CCR) dell’Unione Europea, le specie esotiche che sono comparse recentemente nel Mediterraneo sono 986. Alcune sono arrivate dallo Stretto di Gibilterra, la maggioranza (circa 400) attraverso il Canale di Suez, che mette in comunicazione il nostro mare con le acque molto più calde del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano.
Lungo le coste del Medio Oriente, dalla Turchia all’Egitto, il 40 per cento dei pesci è ormai di origine aliena. In Israele la aggressiva medusa Rhopilema nomadica, originaria dell’Oceano Indiano, ha reso impossibile la balneazione in lunghi tratti della costa. Un’altra specie che causa incontri dolorosi, la Medusa maculata australiana, è comparsa nel 2009 a Tavolara, in Sardegna.
Altre specie aliene hanno compiuto il viaggio attaccandosi alle chiglie delle navi, o nell’acqua dei serbatoi di zavorra. Altre ancora, come il gambero giapponese e la vongola filippina sono state importate per l’acquacoltura, e hanno soppiantato le varietà locali.
«Nel Mediterraneo vivono oltre 17.000 specie, per il 20 per cento endemiche. L’arrivo di pesci, alghe e crostacei alieni può causare gravi danni alle reti alimentari e agli ecosistemi, e portare delle malattie” spiega Stelios Katsanevakis, ricercatore dell’Università dell’Egeo e del CCR.
I CANALI«La composizione delle comunità marine, che in passato era determinata dal clima, dall’ambiente e dalle barriere oceanografiche, ora dipende sempre più dalle attività umane. Il trasporto, l’acquacoltura e l’apertura di canali di navigazione stanno diventando i principali fattori di distribuzione delle specie», prosegue il ricercatore greco.
Qualche decennio fa, la prima specie aliena a diffondersi nei nostri mari è stata la Caulerpa taxipholia. Un’alga infestante, color verde chiaro, di origine tropicale, che ha colonizzato i fondali del Mediterraneo (e in particolare del Mar Ligure e del Mar Jonio) rubando spazio alle specie autoctone.
Per i bagnanti, con l’eccezione delle super-meduse, l’invasione delle specie aliene può essere uno spettacolo. Avvistare il pesce trombetta, il pesce palla, le cernie tropicali e i barracuda nelle acque del Circeo o del Gargano non espone a pericoli, e dà la sensazione di essersi tuffati a Sharm el Sheikh o a Hurghada.
LE VASCHEPolpi, cernie, scorfani, meduse, barracuda, murene, pesci pappagallo e siluri possono comunque essere osservati da vicino anche al Bioparco di Roma. Dal 2014, nella ex-Sala degli Elefanti, delle vasche ospitano decine di specie che hanno colonizzato i nostri mari e fiumi. È uno spettacolo, certo. Ma che ha un prezzo molto elevato per l’ambiente.