La Stampa, 13 agosto 2015
La grande caccia allo sponsor. Sette club su 20 in Serie A hanno la maglia vuota: il nostro Campionato è in coda all’Europa. Solo la Juventus nella top 10. L’appeal del calcio italiano resta basso
C’è un calcio italiano che gioca all’attacco e un altro che fa fatica a correre in contropiede. Accade, così, che i numeri dell’estate diano fiato a quanti raccontano di un campionato più ricco perché i club (i grandi) hanno deciso di investire senza freno a mano tirato: di quasi 250 milioni di euro è, per ora, la somma versate dalle nostre società al capitolo degli acquisti dall’estero, mai tanto alta dal 2008 ad oggi. Ma, sullo sfondo di cifre da capogiro, o quasi, c’è un pianeta, quello degli sponsor, che gira con meno velocità.
L’eccezione delle tre big
Come mai un terzo della serie A non ha un marchio commerciale sulla propria maglia? Roma, Lazio, Genoa, Sampdoria, Fiorentina, Palermo e Bologna sono senza sponsor principale, ma anche le squadre che ce l’hanno non hanno la forza di portare il nostro pallone in scia delle realtà europee più prestigiose. La Juve è l’unica società che fa parte della classifica più nobile del continente, al nono posto di una graduatoria che misura il valore della maglia, frutto della somma fra sponsor commerciale e tecnico. In vetta c’è il Manchester United (ha da poco firmato un accordo con Adidas dal peso di 940 milioni di euro per i prossimi dieci anni, mentre dal partner commerciale ne incasserà altri 70 a stagione), poi il Chelsea, il Real Madrid, il Barcellona, il Liverpool, il Bayern Monaco, l’Arsenal, il Paris Saint Germain e, dopo la Juve, il Manchester City. Verdetto? All’Italia – con Milan e Inter subito dietro – rimane una piccola fetta, piccolissima, di un universo che aumenta il nostro distacco della concorrenza.
Attesa dell’offerta giusta
L’affondo sul mercato non è lo stesso sul campo commerciale. I dati lo dicono, ma per avere un quadro di insieme più approfondito occorre andare oltre alle semplici cifre. Avere lo sponsor sulla maglia, ormai, è diventato un veicolo sociale di dimensione inimmaginabile. Per questo, non di rado si assiste a «rifiuti» da parte di club nei confronti dell’offerta (e non solo economica) non esatta: preservare, per qualche tempo, il proprio spazio sulla divisa ufficiale è anche una strategia, in attesa di proposte migliori o irrinunciabili. Non tutte le società ragionano così, ma molte lo fanno e, per scelta, rimangono in cerca di uno sponsor commerciale che soddisfi la proprietà. È il caso di Roma, Lazio e Fiorentina, ad esempio. Tornando, invece, all’analisi dei numeri, l’Italia si è rimessa in moto, ma ad una velocità ridotta rispetto ad Inghilterra, Germania, Spagna ed anche Francia: nella classifica aggiornata ad oggi degli incassi dal solo nome commerciale, la serie A insegue la Ligue 1 francese con un distacco di quasi venti milioni.
Premier lontanissima
Cifre e classifiche. Grafici e conti. La Premier è lontana perché lontano è il loro modo di vivere il calcio: là gli sponsor sono la logica conseguenza di un mondo fatto di strutture nuove e commercializzazione planetaria. Lontana è anche la Bundesliga, un allungo nato, soprattutto, negli ultimi dieci anni, dal dopo Mondiale 2006. Distanti appaiono anche la Liga spagnola e, come detto, la realtà francese: quest’ultima correrà a mille all’ora adesso che sta per brindare all’edizione degli Europei del prossimo giugno. Qualcosa in Italia si è mosso: c’è da scommettere che un mercato stile vecchi tempi farà drizzare le antenne anche alle aziende più importanti oltreconfine. Intanto, accontentiamoci dei primi, significativi, segnali di rinnovamento culturale. Poco, ma meglio del niente delle ultime stagioni.