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 2015  agosto 13 Giovedì calendario

La trasformazione della Exor. Nonostante i 7,34 miliardi di euro impegnati in acquisizioni e i circa 3,75 miliardi raccolti con le cessioni, risulta incompiuta. All’appello mancano ancora due operazioni chiave: lo scorporo della Ferrari (che le consentirà di diventare azionista diretto della Rossa) e una nuova maxi alleanza per Fca. Tutto questo potrebbe cambiare parzialmente il peso degli asset nel portafoglio della finanziaria nel rispetto dei tre pilastri strategici: industria, servizi finanziari e altri investimenti

Il portafoglio di Exor è il frutto di una rivoluzione che ha reso la holding ricca come mai in passato: il nav, tolti gli ultimi acquisti è balzato dai 3,7 miliardi del 2009 ai 13 miliardi attuali. La rivoluzione, però, è ancora in atto. È retta da tre pilastri chiave (industria, servizi finanziari e altre partecipazioni) e guidata dalla strategia immaginata da John Elkann e supportata da Sergio Marchionne, consigliere della finanziaria e sostenitore del nuovo corso fatto di equilibrio e sguardo globale. Due aggettivi chiari con i quali John Elkann si è imposto di garantire da un lato la giusta ripartizione dei denari tra i business cruciali e dall’altro di assicurare la corretta esposizione sui mercati ritenuti fondamentali.
La holding, nata sei anni fa a valle del complesso riassetto della allora catena di controllo che, partendo dalla cassaforte della famiglia Agnelli e passando per Ifi-Ifil, teneva le redini della vecchia Fiat, è il risultato di un lungo lavoro di semplificazione che, oltre a garantire una struttura societaria più snella, ha ridisegnato profilo e perimetro degli investimenti. Un portafoglio la cui forma, a tutt’oggi, dopo ben 7,34 miliardi di euro impegnati in acquisizioni e circa 3,75 miliardi raccolti con le cessioni, risulta incompiuta. E questo perché all’appello mancano ancora due operazioni chiave prima di poter decretare conclusa la trasformazione degli interessi strategici degli Agnelli: lo scorporo della Ferrari, che consentirà ad Exor di diventare azionista diretto della Rossa, e, partner permettendo, una nuova maxi alleanza per Fca. Tutto questo potrebbe cambiare parzialmente il peso degli asset nel portafoglio della finanziaria preservando, però, la stessa logica che ha guidato le ultime mosse, equilibrio e sguardo globale, e nel rispetto dei tre pilastri cruciali: industria, servizi finanziari e altri investimenti. Pilastri ben diversi da quelli che hanno contribuito al net asset value della holding quando è nata. Basti pensare che nel 2009 l’industria valeva il 47%, il business services il 24%, i servizi finanziari l’11%, i servizi immobiliari il 10% e un 8% era rappresentato da altri investimenti. Un quadro ben diverso da quello che si può raffigurare oggi. Certo l’industria continua ad essere un tassello chiave, tanto più se si considera l’abbinata Fca e Cnh (insieme continuano a valere quasi il 50%), ma l’ascesa in PartnerRe, ha portato i servizi finanziari a diventare il primo investimento singolo in valore assoluto della holding (circa il 34%) mentre il resto, tolto circa un 1,5% di cassa che rimarrà dopo l’acquisizione dell’Economist, varrà attorno al 15%. E buona parte di questi asset parla una lingua ben diversa dalla tradizione della holding Agnelli. PartnerRe è americana con sede alle Bermuda, Fca e Cnh sono destinati a diventare attori sempre più internazionali. E anche il nuovo investimento nell’editoria, così come l’immobiliare (Almacantar), hanno il baricentro spostato nel Nord Europa. A questo punto si è giunti dopo una lunga fila di dismissioni e alcune acquisizioni rilevanti. La prima cessione importante, specchio peraltro di quello che poi è stato un cambiamento radicale di strategia, è stata la vendita del pacchetto detenuto in Intesa Sanpaolo. La quota, che dava peraltro diritto a un consigliere nel board della banca, è stata valorizzata tra il 2009 e il 2010 per un incasso complessivo di 323 milioni. A stretto giro, con un’operazione mordi e fuggi, è stata venduta anche la quota detenuta in Btg Pactual per circa 22 milioni. Poi è toccato ad Alpitour, che ha valso un incasso di 225 milioni. Quindi Exor ha giocato, lasciando sul campo buona parte delle forze, la partita Sequana che dopo numerose svalutazioni ha fruttato ricavi per 28 milioni. Ma è tra il 2014 e il 2015 che la finanziaria ha dato un colpo d’acceleratore al cambio di marcia vendendo prima Sgs (2 miliardi) e poi Cushman & Wakefield (1,16 miliardi al cambio di ieri). Denari che sono serviti per finanziare i nuovi investimenti. Buona parte saranno impiegati per assicurarsi il controllo di PartnerRe (6,17 miliardi di euro ai cambi di ieri) ma, grazie all’altra cassa già disponibile e all’effetto leva, hanno anche permesso di tenere salda la presa su Fca, la holding ha sottoscritto 600 milioni del bond convertibile emesso dal gruppo l’autunno scorso, di acquistare il 43,4% dell’Economist e prima ancora di entrare in Almacantar (172 milioni).Tutto questo oggi ha un gross asset value di oltre 18,2 miliardi di euro, un’anima internazionale e un profilo ben delineato. La rivoluzione è a buon punto i frutti si vedranno poi.