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 2015  agosto 13 Giovedì calendario

Fra Tsipras e la Merkel vi sarebbe stata una telefonata drammatica, con tanto di urla, specialmente da parte del premier greco

Fra Tsipras e la Merkel vi sarebbe stata una telefonata drammatica, con tanto di urla, specialmente da parte del premier greco. Così almeno riferisce la Bild, quotidiano molto merkeliano, al quale in questo caso si può credere. Le grida di Tsipras sarebbero dovute al fatto che la Merkel fa melina sull’accordo, resiste, parla di un prestito-ponte che permetta ai creditori di esaminare meglio ogni singolo punto dell’intesa...

Mi pareva che sulla Grecia fossimo arrivati al dunque e che i patemi fossero finiti.
I patemi non sono affatto finiti anche se il testo dell’accordo, parecchie decine di pagine, è in rete e oggi il Parlamento lo vota, abbastanza a scatola chiusa dato che i deputati non avranno di sicuro il tempo di leggere e farsi spiegare tutto. Se sarà effettivamente approvato entro la mezzanotte, il testo dell’accordo riceverà un ulteriore assenso dall’Eurogruppo, convocato per domani, e subito dopo affronterà la prova più difficile: il voto dei parlamenti finlandese, olandese e soprattutto tedesco. Al Bundestag il falco Schäuble, ministro delle Finanze e avversario della Merkel, controlla un consistente gruppo di deputati. I suoi dubbi sull’intesa in arrivo restani tanti. La tesi che sarebbe meglio un’uscita, magari temporanea, di Atene continua ad avere successo. Merkel si copre, rispetto a questa notevole fronda, facendo anche lei la dubbiosa.  

In che consiste l’accordo?
L’Europa verserà alla Grecia 86 miliardi, in tempo per il rimborso alla Bce di 3,5 miliardi del 20 agosto che, se mancato, porterebbe Atene al fallimento. L’Fmi non sarà della partita, perché giudica il debito greco insostenibile, «e non prestiamo soldi a chi ha già un debito insostenibile». Gli americani, oltre tutto, pensano che 86 miliardi siano pochi, ce ne vorrebbero secondo loro almeno 90. In cambio, Atene deve attuare 35 riforme, aumenti delle tasse e dei contributi per la sanità, abolizione delle baby-pensioni e delle pensioni anticipate, assunzioni al fisco, provvedimenti per aumentare la concorrenza, privatizzazioni a tutto spiano, il porto, l’energia elettrica, gli aeroporti, taglio delle agevolazioni Iva per le isole e per gli agricoltori, eccetera. Il precedente memorandum pretendeva un avanzo primario del 4,5%, adesso i creditori hanno concesso un meno 0,25 per quest’anno (il Pil si prevede in caduta del 2,1-2,5%), un +0,5 per il 2016, un +1% per il ’17, e un +3,5 solo nel 2018. L’avanzo primario è il saldo tra entrate e uscite.  

Che dubbi ci sono su questo pacchetto?
Il primo dubbio riguarda la situazione politica greca. Il pacchetto passerà oggi in Parlamento con l’appoggio delle tre opposizioni (Nea Demokratia, To Potami e Pasok) e il voto contrario di una quarantina di parlamentari di Syriza. Si prevede che a settembre Tsipras convochi un congresso del partito, formalizzi le differenze di vedute con la sua ala sinistra, si dimetta e porti il paese al voto, con i suoi avversari interni che intanto avranno fondato un altro partito e candidato a premier, magari, Varoufakis. I sondaggi dànno Tsipras ancora al 40%, col che prenderebbe la maggioranza assoluta alla Camera, ma ai creditori le elezioni non piacciono, i creditori giudicano le elezioni, comunque, un’incognita. Poi c’è il problema banche.  

Avevo capito che una parte degli aiuti e anche dei proventi delle privatizzazioni servirà a ricostituire il capitale delle banche.
Ci vogliono almeno 25 miliardi, che nella dimensione greca sono un numero enorme. Dalla riapertura delle Borse dell’altro giorno, le quattro principali banche greche - National Bank of Greece, Piraeus Bank, Alpha Bank, Eurobank - hanno perso il 60% del loro valore. Da novembre a oggi i loro depositi sono stati svuotati di un terzo (50 miliardi). Il 40% dei crediti è giudicato sofferente. Sono istituti  cioè che oggi si potrebbero comprare con quattro soldi, e nonostante questo non si fa avanti nessuno. L’idea dei creditori è di far intervenire il fondo salvataggi europeo non con un prestito, ma con un acquisto di azioni, qualcosa cioè come un aumento di capitale riservato. Se questa sarà la strada, però, bisognerà che partecipino al salvataggio, rimettendoci del loro, anche gli azionisti e i titolari dei conti correnti, almeno per la parte eccedente i centomila euro che verrebbe azzerata. Questo prescrive la legge europea.  

È la soluzione Cipro.
A godere di conti correnti superiori ai centomila euro sono però soprattutto le imprese. Tagliargli i soldi con un colpo secco significa impedirgli per esempio di saldare i fornitori. Dicono gli analisti che si scatenerebbe una reazione a catena. Il rischio del default evitato in estate ricomparirebbe d’inverno. Schäuble si tiene pronto.